In pochi istanti la Corte di Cassazione ha posto un nuovo sigillo sulla misura di semilibertà concessa ad Alberto Stasi, mentre la procura pavese continua a scandagliare, tra difficoltà tecniche e ipotesi vacillanti, ogni frammento genetico rimasto nell’abitazione di Chiara Poggi a Garlasco.
La decisione della Cassazione sul regime di semilibertà
La Prima Sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso promosso dalla Procura generale di Milano contro l’ordinanza emanata il 9 aprile 2025 dal Tribunale di sorveglianza, confermando dunque il regime di semilibertà a Stasi. Il verdetto, maturato al termine di una camera di consiglio particolarmente attesa, cristallizza l’assetto esecutivo della condanna definitiva inflitta per l’omicidio della ventiseienne Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli. I giudici supremi non hanno ravvisato vizi né illogicità nel provvedimento di sorveglianza, ritenendo adeguati sia i presupposti di legge sia le garanzie comportamentali richieste al condannato.
Il pronunciamento arriva in un momento in cui l’attenzione pubblica sul caso è tornata alta grazie alla nuova inchiesta della Procura di Pavia: si indaga sull’eventuale concorso di terze persone nel delitto ed è stato iscritto nel registro degli indagati Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. La conferma della semilibertà, se da un lato non incide sul merito delle nuove indagini, dall’altro riafferma il principio per cui le misure alternative non vengono sospese in assenza di atti giudiziari di accertata rilevanza.
Le nuove indagini e l’enigma della “traccia 10”
Nel corso dell’incidente probatorio emergono dettagli che, almeno per ora, ridimensionano attese investigative e suggestioni mediatiche. Sono circa sessanta le impronte repertate nella villetta, ma la celebre “traccia 10” – individuata nel 2007 dal Ris di Parma sul lato interno della porta d’ingresso – continua a sfuggire a ogni attribuzione certa: né Sempio né Stasi vi risultano compatibili. La quantità di materiale biologico è talmente esigua da rendere, secondo i periti, quasi impraticabile l’estrazione di un profilo genetico idoneo all’identificazione di un soggetto terzo. L’ipotesi secondo cui l’assassino potesse aver depositato l’impronta mentre fuggiva con le mani intrise di sangue viene ulteriormente indebolita dall’assenza di emoglobina rilevata dal test Obti, che la difesa Stasi ha comunque chiesto di ripetere.
Il mancato successo dell’analisi genetica su questa impronta compromette, almeno provvisoriamente, la teoria che la scena del crimine potesse essere stata teatro dell’azione di più persone. Gli avvocati di Stasi confidavano di individuare, attraverso la “traccia 10”, un soggetto diverso dai due finora al centro dell’inchiesta, così da suffragare la tesi difensiva di un secondo Dna maschile rinvenuto sotto le unghie di Chiara Poggi. L’esito negativo obbliga ora le parti a concentrare l’attenzione su diversi reperti, tra cui i campioni prelevati da oggetti domestici rimasti per anni sotto sequestro.
Gli accertamenti sul materiale genetico nella villetta di via Pascoli
Particolare rilievo assumono le analisi eseguite sui rifiuti conservati all’interno dell’abitazione. I consulenti nominati dal giudice hanno rilevato la presenza del Dna di Stasi su una cannuccia di Estathè rinvenuta nel sacchetto della spazzatura, mentre il profilo genetico della vittima appare nitidamente sul sacchetto dei cereali depositato nel salottino, sui due vasetti di Fruttolo e sul sacco dei rifiuti stessi. Il dato, se confermato nelle repliche già disposte, indebolisce la congettura – ventilata dalla Procura di Pavia – che la giovane potesse aver condiviso la colazione con il proprio assassino poco prima dell’aggressione.
Sarà la riunione fissata per venerdì 4 luglio a mettere a confronto periti e consulenti di parte su questi risultati. All’appuntamento parteciperanno gli esperti incaricati dai familiari di Chiara Poggi e quelli scelti da Sempio e Stasi. La verifica incrociata dovrà stabilire se i profili Dna isolati siano tecnicamente replicabili e, soprattutto, se possano assumere valore indiziante in un’eventuale nuova contestazione di concorso nell’omicidio.
I prossimi passi dell’incidente probatorio
Nella stessa cornice processuale verranno rivalutati i tamponi effettuati sul corpo della vittima, campioni che all’epoca non restituirono alcuna traccia utile. Contestualmente si analizzerà un frammento del tappetino del bagno sul quale l’assassino lasciò impronte di suole insanguinate con disegno “a pallini”, ricondotto da una perizia a un modello Frau numero 42, taglia calzata da Alberto Stasi. Il raffronto tra la morfologia delle impronte e la calzatura potrà fornire indicazioni ulteriori, benché la difesa continui a richiamare la genericità statistica del dato.
In un’udienza successiva si affronterà il nodo cruciale degli elettroferogrammi relativi ai due profili maschili rinvenuti sotto i frammenti ungueali di Chiara Poggi. Uno è già stato attribuito ad Andrea Sempio; l’altro, secondo una perizia del genetista Francesco De Stefano eseguita nel giudizio d’appello bis a carico di Stasi, risultò non attribuibile. Tale conclusione contribuì, otto anni fa, all’archiviazione di Sempio. Oggi la Procura di Pavia intende riesaminare quei profili con metodiche più avanzate, nel tentativo di chiarire se davvero vi fossero più soggetti sulla scena del delitto o se, alla fine, l’unico colpevole resti quello già condannato in via definitiva.