Il nuovo centro di detenzione soprannominato «Alcatraz degli Alligatori» apre oggi nel cuore delle paludi della Florida, alla presenza del presidente Donald Trump. La decisione di collocare fino a tremila migranti in un’area remota delle Everglades innesca un acceso dibattito, sospeso tra rigore sui confini e profonde preoccupazioni umanitarie e ambientali.
Le contestazioni umanitarie e ambientali
Le reazioni più veementi provengono dalle fila democratiche della Florida. Il senatore statale Shevrin Jones ha definito il progetto «un esperimento disumano», rilevando come i migranti verranno confinati in tende prive di ombreggiatura adeguata, circondate da acque stagnanti e da un clima estivo che spesso supera i quaranta gradi. Secondo l’esponente democratico, nulla garantisce un approvvigionamento idrico costante né una evacuazione tempestiva in caso di uragani, fenomeni che nella regione si moltiplicano in autunno. Il rischio, sostengono gli oppositori, è trasformare la prigionia amministrativa in una prova di sopravvivenza.
La direttrice di Friends of the Everglades, Eve Samples, ha puntato l’indice contro l’impatto su un ecosistema che i contribuenti federali e statali tentano di risanare da decenni. Il perimetro del centro, spiegano i biologi, ricade per il novantasei per cento su aree di zona umida e lambisce il Big Cypress National Preserve, habitat della pantera della Florida e di altre specie protette. L’infrastruttura rischia di compromettere progetti di ripristino da miliardi di dollari, erodendo fiducia e risorse pubbliche dedicate alla conservazione.
L’ubicazione strategica nel cuore delle Everglades
La scelta del sito non è frutto del caso. L’area individuata dagli ingegneri dello Stato è una pista d’atterraggio dismessa, isolata da chilometri di mangrovie, corsi d’acqua torbidi e una fitta popolazione di alligatori e serpenti. Le barriere naturali riducono al minimo la necessità di recinzioni complesse, trasformando la palude stessa in un elemento di custodia. I funzionari sottolineano che la distanza dalle arterie di trasporto rende logisticamente ardua qualsiasi fuga, ma gli specialisti di protezione civile replicano che la stessa distanza potrebbe ritardare i soccorsi in caso di emergenza climatica.
Oltre alla fauna potenzialmente letale, il territorio resta tra i più esposti della Florida meridionale agli uragani di categoria elevata e alle inondazioni improvvise. Gli stessi gruppi ambientalisti evidenziano che una mareggiata relativamente modesta basterebbe a sommergere il complesso. Nonostante ciò, i promotori sostengono che la posizione all’interno di un’area federale minimizzi ostacoli regolatori e acceleri le autorizzazioni d’uso. Il paradosso, sottolineano gli esperti esterni, è che il sito potrebbe divenire inagibile proprio nel momento in cui la popolazione detenuta necessiterebbe di protezione maggiore.
Il calcolo politico dei repubblicani della Florida
Il governatore Ron DeSantis e il procuratore generale James Uthmeier rivendicano apertamente la paternità dell’iniziativa, presentandola come complemento indispensabile alla linea di Donald Trump sull’immigrazione. Il presidente, giunto nelle Everglades con la segretaria alla Sicurezza Interna Kristi Noem, ha lodato «la rapidità e l’efficienza» con cui la Florida avrebbe risposto all’esigenza di posti letto, annunciando un prossimo rimborso federale per parte dei costi sostenuti. L’inaugurazione diventa quindi palcoscenico elettorale, utile a dimostrare ai sostenitori la volontà di passare dalle parole ai fatti.
A fare eco al governatore è il leader del partito repubblicano statale, Bill Helmich, che sui social ha ironizzato sul pericolo uragani: se i migranti «si auto-deportano», nessuno resterà intrappolato. Il messaggio riassume la dottrina del deterrente: condizioni ostili dovrebbero spingere i nuovi arrivati a rinunciare spontaneamente alla permanenza. Gli esponenti democratici reagiscono definendo la strategia «una forma di crudeltà pianificata», mentre i leader nativi americani rammentano che le paludi hanno già visto in passato comunità costrette a spostamenti forzati. La dialettica, intanto, alimenta la polarizzazione fra le due Americhe.
Caratteristiche costruttive del complesso detentivo
In soli sette giorni, grazie ai poteri d’emergenza attivati da DeSantis, squadre di operai hanno eretto una vasta tendopoli capace di accogliere fino a tremila persone. Le tensostrutture occupano interamente la pista d’atterraggio dismessa individuata come base, mentre sistemi elettrici mobili garantiscono l’illuminazione notturna. La rapidità realizzativa viene celebrata dai sostenitori come prova di efficienza; ciononostante, tecnici indipendenti si domandano come si garantiranno servizi essenziali, approvvigionamento idrico sicuro e smaltimento dei rifiuti in un contesto così estremo.
Secondo la segretaria Kristi Noem, il Dipartimento della Sicurezza Interna «sta lavorando a tutta velocità per espandere strutture e posti letto al fine di attuare deportazioni di massa». Il governo federale rimborserà alla Florida una quota delle spese sostenute per il campo. Resta tuttavia irrisolta la questione della durata della permanenza: i critici avvertono che, in assenza di un piano dettagliato, la detenzione potrebbe protrarsi oltre le intenzioni ufficiali, esponendo il Paese a contestazioni legali e internazionali, soprattutto nei consessi multilaterali dedicati ai diritti umani.