All’incrocio fra la scena teatrale e lo schermo di uno smartphone, Gennaro Madera impiega voce e corpo per trasformare i suoi versi in esperienza condivisa; una pratica che supera i confini disciplinari e riconsegna la poesia al pubblico, ovunque esso si trovi.
Una voce poetica che sfida definizioni convenzionali
Il percorso di Gennaro Madera, classe 1998, si sottrae a qualsiasi etichetta prestabilita. Nato a Cariati e oggi di base a Ferrara, l’autore intreccia elementi di teatro, parola scritta e presenza fisica per far emergere testi che riflettono la quotidianità. In questa prospettiva, la performance diventa strumento d’indagine: il linguaggio corporeo enfatizza pause, respirazioni e timbri, mentre i versi, svincolati dalle pagine, riconquistano la loro dimensione orale. Tale approccio, volutamente indisciplinato, ricorda che la poesia non è un genere da conservare sotto vetro, ma un organismo vivo capace di reagire al tempo presente.
Il poeta calabrese denuncia con lucidità due derive opposte che, a suo dire, rendono la poesia potenzialmente irrilevante. Da un lato esiste una scrittura accademica, spesso ermetica, che elude l’esperienza soggettiva per rifugiarsi in astrazioni complesse; dall’altro lato prolifera una sostanziale semplificazione che svuota le parole del loro peso semantico. Tra questi poli estremi, Madera colloca la propria sperimentazione, intenzionato a restituire profondità senza sacrificare comprensibilità, affinché l’ascolto e il confronto tornino a essere cardini della cultura contemporanea.
Il ruolo dei social network nella diffusione culturale
Pur consapevole della brevità tipica dei contenuti digitali, Madera ritiene imprescindibile l’uso dei social come spazio complementare al palcoscenico. Visibilità, indipendenza ed eccezionalità costituiscono, secondo lui, le tre ragioni principali per abitarli. Senza competenze digitali, spiega, una larga parte dell’arte resterebbe nascosta; con un pubblico diretto, l’artista può sottrarsi alle mediazioni di editori e gallerie; in un flusso di notizie rapidissimo, solo azioni sorprendenti attraggono attenzione. Coltivare la propria voce online diventa quindi un atto di autodeterminazione professionale.
La dimensione virtuale, tuttavia, non sostituisce la relazione dal vivo ma la amplifica. Attraverso il feed, l’autore verifica reazioni immediate, raccoglie domande, avvia conversazioni che poi approfondisce negli eventi fisici. Questa circolarità gli permette di mantenere una coerenza linguistica e, allo stesso tempo, di sperimentare formati nuovi, restando fedele all’intento di “abitare il contemporaneo” con tutti gli strumenti disponibili. La connessione diretta fra artista e pubblico, resa possibile dai social, trasforma lo spettatore passivo in interlocutore attivo, rafforzando così la funzione civile della poesia.
Dallo smartphone al palcoscenico: percorsi e sperimentazioni
Il debutto di Madera nella scena performativa coincide con l’ingresso nei poetry slam, competizioni in cui i poeti si sfidano davanti a una giuria popolare che valuta da uno a dieci. In contesti informali come bar o circoli culturali, la poesia rompe il silenzio rituale delle letture tradizionali per diventare gara di prontezza, ritmo e coinvolgimento emotivo. Madera ne apprezza soprattutto la “chiamata all’attenzione” che obbliga il pubblico a prendersi la responsabilità dell’ascolto e del giudizio. Con il tempo egli non solo partecipa, ma organizza tali eventi, contribuendo alla diffusione del genere.
La poesia performativa, come la definisce l’autore, unisce il potere suggestivo della parola alla forza espressiva del gesto. Sul palco, la postura, lo sguardo, la modulazione della voce diventano parte integrante del testo, offrendo una prospettiva che nei libri resta in potenza. Sebbene il teatro non riconosca ancora ufficialmente questa forma, Madera insiste nel portarla in spazi canonici e non, convinto che il corpo sia un’estensione inevitabile del verso, capace di trasformare argomenti quotidiani in esperienze condivise.
‘La Genovese’: uno spettacolo che cuoce a fuoco lento
Fra le sue creazioni sceniche spicca ‘La Genovese’, realizzata insieme a Davide Avolio. L’idea nasce durante un pasto condiviso davanti al celebre ragù campano che richiede dalle sei alle dieci ore di cottura. Il risultato è un’opera che riflette sul tema dell’attesa e sul modo in cui i legami umani maturano nel tempo: relazioni amorose, familiari, radici territoriali. Come il sugo che sobbolle lentamente, i versi dello spettacolo invitano lo spettatore a lasciare sedimentare emozioni e pensieri.
Portata in tournée in tutta Italia, la performance dimostra come la poesia possa riappropriarsi dei tempi lunghi del teatro pur mantenendo l’urgenza comunicativa del presente. Ogni replica diventa occasione di dialogo con platee differenti, dalle grandi città ai centri minori, confermando l’obiettivo di Madera di creare un ponte tra pubblici potenzialmente lontani. La cucina, metafora dell’opera, diviene così laboratorio di convivenza, dove la lentezza non è perditempo ma gesto di cura.
Radici calabresi e impegno nel territorio
Nonostante la dimensione nazionale delle sue attività, Madera mantiene un legame costante con la sua terra d’origine. Insieme a familiari e amici ha fondato ‘Poemare’, associazione che mira a portare eventi culturali in un comune di circa settemila abitanti, spesso trascurato dai circuiti ufficiali. Open mic, poetry slam, presentazioni di libri e spazi per giovani cantautori animano stagionalmente piazze, cantine e circoli della Calabria, della Romagna e di altre regioni. L’ambizione è creare opportunità dove le infrastrutture culturali scarseggiano, dimostrando che la periferia può farsi centro di produzione artistica.
Il progetto ha dato vita anche al Poemare Festival, tenutosi per due anni consecutivi e pronto a rinnovarsi con appuntamenti a Rossano nell’estate ventura. Queste iniziative consolidano una rete di autori e creator, come Riccardo Pedicone, Stefano Curreli, Giulio Zambon, che condividono la volontà di muoversi fluidamente tra spazio digitale e fisico. Tale comunità rappresenta la prova che l’energia creativa dei giovani poeti può diventare volano di sviluppo locale, senza rinunciare a una prospettiva nazionale.
Sostenibilità economica di una carriera artistica emergente
Il cammino professionale di Madera, come per molti coetanei, si interseca con ostacoli economici non trascurabili. L’autore riconosce la scarsità di sostegni strutturali da parte di programmi europei o statali e la necessità di ricorrere a entrate diversificate: laboratori, spettacoli, organizzazione di eventi e altre attività di intrattenimento culturale. Senza il sostegno iniziale della famiglia, ammette, sarebbe stato arduo colmare i vuoti lasciati dall’assenza di meccanismi di finanziamento adeguati per la poesia performativa.
Oggi Madera riesce a mantenersi attraverso un mosaico di incarichi che, presi singolarmente, non sarebbero sufficienti. Egli rivendica tuttavia la propria indipendenza artistica, preferendo l’autogestione alla mediazione di realtà editoriali o commerciali che potrebbero snaturare il suo linguaggio. L’equilibrio fra autosufficienza economica e coerenza creativa rimane fragile, ma rappresenta al contempo la cifra distintiva di una generazione che reinventa le regole del lavoro culturale.
Uno stile in continua evoluzione
Le tematiche che attraversano l’opera di Gennaro Madera oscillano dalle radici alla giovinezza, fino ai dilemmi del mondo contemporaneo. Il filo rosso è la volontà di rimanere accessibile senza rinunciare alla complessità. Ogni testo, che si tratti di una raccolta scritta o di una performance, mira a innescare dialogo, stimolare domande, riflettere sull’interazione tra individuo e comunità. Questa costante tensione verso l’altro, più che una scelta stilistica, si configura come esigenza etica.
Parallelamente, la sua pratica si arricchisce di nuovi strumenti espressivi: collaborazioni multimediali, letture condivise, ricerche vocali. Il punto fermo resta la ricerca di un pubblico con cui instaurare scambio reale, abolendo la distanza fra chi parla e chi ascolta. In definitiva, la poesia secondo Madera non è mero esercizio estetico, ma tentativo ostinato di creare spazi di relazione, siano essi fisici o digitali, dove la parola possa agire come forza trasformativa.