Apple studia soluzioni inedite per potenziare Siri con l’intelligenza artificiale generativa e, per la prima volta, non esclude di affidarsi a partner esterni, valutando attentamente i loro modelli linguistici più avanzati.
Riorganizzazione interna e nuova guida al progetto
Il percorso verso un’assistente vocale realmente potenziata da AI generativa ha imposto a Cupertino una profonda revisione delle proprie strutture di ricerca e sviluppo. Dopo mesi di risultati ritenuti insoddisfacenti, il vertice ha scelto di ridisegnare la catena di comando, collocando Mike Rockwell, già artefice della piattaforma Vision Pro, alla guida del team dedicato a Siri. La decisione è maturata quando lo stesso Tim Cook ha manifestato dubbi sulla direzione impressa in precedenza da John Giannandrea, ritenendo necessario un cambio di passo che garantisse maggiore rapidità e coerenza agli sforzi di ricerca. In questo contesto, l’obiettivo prioritario resta la creazione di un modello proprietario in grado di competere con le soluzioni già adottate dalla concorrenza, pur senza scartare l’ipotesi di ricorrere a tecnologie di terze parti.
L’insediamento di Rockwell ha comportato anche una revisione dei calendari di rilascio: il debutto di un nuovo “LLM Siri”, inizialmente programmato per la primavera, è stato rinviato a data da destinarsi. Le ragioni sono molteplici: occorre combinare l’elevato standard qualitativo su cui Apple fonda la propria reputazione con la complessità computazionale dei modelli di linguaggio di nuova generazione, il tutto assicurando la tutela della privacy con soluzioni di cloud privato. L’azienda non sembra disposta a cedere su nessuno di questi punti nevralgici, nemmeno a costo di un significativo slittamento della tabella di marcia.
Confronto tra i modelli linguistici: analisi e prime sperimentazioni
Parallelamente alla ristrutturazione interna, il gruppo guidato da Rockwell ha avviato una serie di test comparativi su diversi modelli di linguaggio. Nei laboratori di Cupertino sono stati messi alla prova l’ormai celebre ChatGPT di OpenAI e il più recente Claude sviluppato da Anthropic. Le sperimentazioni, condotte interamente su infrastrutture cloud private di Apple, si sono concentrate su richieste semplici e scenari di utilizzo quotidiano, proprio per misurare l’effettiva adattabilità al contesto dell’assistente vocale. I risultati hanno evidenziato differenze significative in termini di precisione, velocità di risposta e gestione della conversazione.
Oltre alle soluzioni di OpenAI e Anthropic, i tecnici hanno considerato anche Gemini, l’evoluzione dei modelli linguistici di Google già distribuita su diversi dispositivi Android e sulla linea Pixel. Tuttavia, stando alle analisi interne trapelate, sarebbe stato proprio Claude a mostrare le performance complessive più convincenti. Questo dato, non ancora sufficiente a sancire decisioni definitive, si inserisce in un contesto strategico delicato: Cupertino intende capire se un’eventuale integrazione esterna possa coniugarsi con i requisiti di sicurezza e riservatezza che da sempre contraddistinguono il marchio.
Cautela strategica e standard di qualità
L’orientamento prudente di Apple è emerso con chiarezza durante il keynote della WWDC, occasione nella quale la nuova Siri alimentata da AI non è stata mostrata. Interrogato sulla ragione di tale assenza, Greg Joswiak, responsabile marketing a livello globale, ha riconosciuto che la tecnologia in fase di sviluppo «non ha ancora raggiunto i nostri standard di qualità». La dichiarazione, seppur stringata, conferma la volontà dell’azienda di evitare lanci affrettati che potrebbero compromettere l’esperienza d’uso cui il pubblico di iPhone e iPad è abituato.
Il tema degli standard resta centrale: per Cupertino, implementare un LLM di terze parti implicherebbe cedere parte del controllo sull’architettura di sistema, una scelta che storicamente l’azienda ha sempre evitato. Di conseguenza, la decisione finale sarà subordinata alla capacità del partner prescelto di rispettare rigorose linee guida in materia di protezione dei dati, integrità del software e interoperabilità con l’ecosistema proprietario. In questa cornice, il fattore tempo assume un peso essenziale, poiché il mercato dell’AI generativa evolve con una rapidità che non concede pause.
La competizione e le possibili mosse future
Il campo dell’intelligenza artificiale conversazionale si fa ogni giorno più competitivo. Google ha già siglato accordi con Samsung e Motorola per inserire i propri modelli AI nei rispettivi dispositivi, consolidando una presenza capillare nel segmento mobile. Ciò ha creato pressioni aggiuntive su Apple, che registra un ritardo visibile nella corsa alla generative AI. Cupertino, nel frattempo, avrebbe persino valutato l’acquisizione di Perplexity, una delle startup più dinamiche del panorama, come opzione per accelerare lo sviluppo di competenze interne e colmare il gap nei confronti dei principali rivali.
La cautela finora mostrata non deve essere confusa con immobilismo: il colosso californiano appare determinato a recuperare terreno, esplorando ogni percorso ritenuto compatibile con i propri principi fondanti. Integrare un modello esterno in Siri, pur essendo ipotesi ancora in fase embrionale, testimonia l’apertura a scelte un tempo impensabili per un’azienda tradizionalmente orientata alla piena integrazione verticale. Con l’evoluzione costante degli LLM e la domanda degli utenti verso interazioni sempre più naturali, la direzione è tracciata: Apple intende colmare il divario, anche chiedendo, se necessario, il contributo dei propri avversari.