Tra i mille volti dell’animazione giapponese, ce n’è uno che continua a ipnotizzare spettatori di ogni età: l’eroe che osserva il mondo con un solo occhio. Un recente sondaggio ha chiesto ai fan di scegliere la loro icona preferita e il risultato è un viaggio appassionante tra pirati ribelli, spadaccini silenziosi e ninja imprevedibili.
L’occhio che sfida il destino
In un medium dove il colore, la parola e il movimento dominano la scena, la mancanza di un occhio diventa un segno di riconoscimento indelebile. Non è solo un vezzo estetico: è un marchio di indipendenza, un invito a leggere tra le pieghe delle cicatrici. Capitan Harlock, Roronoa Zoro e gli altri protagonisti di questa classifica bilanciano la visione ridotta con un carisma fuori dal comune, e gli spettatori, quasi ipnotizzati, si ritrovano a domandarsi: che cosa vede davvero chi guarda con un solo occhio? Forse, proprio in quella mancanza, si nasconde l’audacia necessaria per scardinare l’ovvio e spingersi oltre i confini della normalità. L’indagine condotta da quasi trecento appassionati ha trasformato questa curiosità in numeri solidi, assegnando voti che rivelano gusti e tendenze di un pubblico sempre più attento ai dettagli di caratterizzazione.
Ciò che colpisce di questi personaggi è la capacità di rendere la menomazione un simbolo di potere e libertà. La benda, il coprifronte, la cicatrice diventano il manifesto di una vita vissuta in prima linea, fra duelli, scelte estreme e idealismi incrollabili. Chi perde un occhio, spesso, acquisisce una visione differente, talvolta più profonda. Gli autori lo sanno bene e giocano su questa simbologia per farci entrare nei conflitti interiori dei loro eroi. Il risultato? Un seguito di fedelissimi che non si limita a tifare: ne abbraccia la filosofia, facendone un modello di resilienza e anticonformismo.
Il trionfo di Capitan Harlock
Con cinquanta voti, il pirata delle stelle creato da Leiji Matsumoto conquista la vetta della graduatoria. Parliamo di un personaggio nato nel 1978 con “Space Pirate Captain Harlock”, ma capace di mantenere intatta la propria aura fino a oggi. Harlock naviga un’umanità appagata, quasi assopita, scegliendo invece la rotta dell’insurrezione. Il suo occhio coperto da una benda nera racconta più di mille parole: è il silenzioso atto d’accusa verso un sistema che ha rinunciato ai sogni. Non sorprende, quindi, che i votanti lo vedano come il simbolo assoluto di indipendenza, romanticismo e coraggio.
Il fascino di Harlock risiede anche nella tensione costante fra eroe e fuorilegge. Da un lato, la nobiltà d’animo; dall’altro, la ribellione senza compromessi. Quell’unico occhio scintillante scruta l’orizzonte cosmico con la fermezza di chi non teme il giudizio altrui. In un panorama di governanti corrotti e civiltà decadenti, egli diventa il baluardo di un’etica pura, sebbene severa. Chi ama l’animazione lo sa: non esiste iconografia più potente della sagoma di un pirata solitario, avvolto in un mantello rosso, che punta la prua verso l’infinito. E proprio quell’occhio, unico testimone delle sue battaglie, rende la sua leggenda ancora più viva.
Zoro, Kakashi e gli altri eroi a un passo dal vertice
A insidiare la supremazia di Harlock c’è Roronoa Zoro, lo spadaccino dal triplo stile di “One Piece”, che raccoglie trentanove voti. La sua benda temporanea, frutto di sacrifici e allenamenti estenuanti, non frena la determinazione di diventare il miglior spadaccino al mondo. Ogni taglio inferto dalle sue katane sembra riflettere la precisione di uno sguardo che, pur dimezzato, non perde mai il bersaglio. La sua silenziosa lealtà a Monkey D. Luffy e la capacità di mettere a tacere ogni rimorso parlano direttamente al cuore dei fan, che premiano la coerenza incrollabile del personaggio.
Sul terzo gradino troviamo invece Kakashi Hatake con trentatré preferenze. Il maestro di “Naruto” ha fatto dello Sharingan nascosto la propria cifra stilistica. Protetto dal coprifronte, quell’occhio ereditato in circostanze drammatiche è un costante promemoria del valore dell’amicizia e del peso delle promesse. Le sue lezioni – “Chi infrange le regole è un rifiuto, ma chi abbandona i compagni è peggio” – suonano ancora come un gong nella mente dei lettori, anzi, degli spettatori ormai cresciuti. Più che un sensei, Kakashi è il custode di un’etica fatta di sacrificio e responsabilità condivise.
Quando la benda diventa leggenda: dalla spada di Gintama alle notti di Tokyo Ghoul
Subito dopo il podio, con ventisette voti, si piazza Shinsuke Takasugi, l’antagonista tormentato di “Gintama”. La sua fascia sull’occhio simboleggia un passato di ferite che non si rimarginano e un presente divorato dal desiderio di vendetta. Al quinto posto c’è Date Masamune di “Sengoku Basara” (ventidue voti), un condottiero che impugna sei spade come fossero un’estensione del proprio corpo. Possiamo immaginare la scena: il guerriero tuona sul campo di battaglia, l’unico occhio visibile brilla di quieta furia e l’eco delle sue lame risuona nelle valli. Un’immagine che basta a spiegare perché continui a incantare il pubblico.
La seconda metà della top ten si apre con Ken Kaneki di “Tokyo Ghoul” (venti voti), metà umano e metà mostro, prigioniero di una doppia identità che lo consuma. Il suo occhio ghoul rosso cremisi è un grido di dolore e di potere insieme. A seguire troviamo Kenpachi Zaraki di “Bleach” (quattordici voti), capitano assetato di duelli, e Andrew Waltfeld di “Gundam SEED” (dodici voti), stratega dall’eleganza ambigua. Chiudono la classifica, con nove voti ciascuno, l’irrefrenabile Guts di “Berserk” e la determinata Yagyū Kyubei di “Gintama”. In ognuno, l’occhio coperto non è solo mancanza: è una lente che mostra al pubblico una realtà ribaltata, fatta di scelte drastiche e destini incrociati.
Dalla cicatrice alla visione interiore: il motivo di un fascino intramontabile
Che cosa rende così irresistibile l’archetipo del personaggio monocolo? Probabilmente, la promessa di uno sguardo che va oltre l’apparenza. Il pubblico percepisce immediatamente la fragilità sottesa alla menomazione, ma al tempo stesso si lascia sedurre dalla potenza del riscatto. Un occhio in meno, una prospettiva in più: è questa la formula che spinge autori e spettatori a incontrarsi in un terreno dove la debolezza diventa virtù e la sofferenza si trasforma in fiamma creativa. L’eroe, o l’antieroe, si carica sulle spalle la responsabilità di guardare più lontano proprio perché ha un campo visivo ridotto. Il paradosso incuriosisce, emoziona e convince.
Non stupisce, dunque, che la figura del monocolo attraversi decenni e generi restando sempre attuale. Dai drammi storici alle epopee fantascientifiche, il motivo della benda resiste perché si rinnova: ora simbolo di battaglie perse, ora promessa di rinascita. Capitan Harlock ci insegna a non piegarci alla mediocrità; Zoro ci ricorda che la disciplina è libertà; Kakashi dimostra che la fedeltà ai propri compagni conta più di ogni dogma. In fondo, chi di noi non ha mai desiderato coprire una parte di sé, per poi scoprire di vedere meglio? È la magia dell’animazione nipponica: trasformare un dettaglio fisico in un portale narrativo che continua a far battere il cuore degli spettatori, ieri come oggi.