Roma non dimenticherà in fretta le immagini di quell’erba alta che nascondeva due corpi senza nome. Sabato scorso, all’ora in cui il parco di Villa Doria Pamphili di solito pullula di runner e famiglie, una donna di 29 anni e la sua bambina di pochi mesi – entrambe statunitensi – sono state trovate nude, la madre chiusa in un sacco dell’immondizia, la piccola abbandonata poco distante. L’allarme è partito da un passante, un brivido ha attraversato tutta la città e le testate hanno iniziato a rincorrersi, ma indizi veri ce n’erano pochi.
A distanza di sei giorni, oggi 13 giugno, qualcosa è cambiato: la polizia greca ha bloccato sull’isola di Skiathos un 46enne californiano, Rexal Ford, indicato dagli inquirenti romani come il principale indiziato. È stato un arresto lampo, frutto di un mandato di cattura europeo e di un inseguimento a cavallo fra due Paesi: una partita giocata sul filo dei tabulati telefonici, delle telecamere di sorveglianza, delle soffiate arrivate alla trasmissione Chi l’ha visto?. Noi vogliamo ricostruire, pezzo per pezzo, questa catena di eventi per aiutarvi a capire cosa è certo e cosa invece resta un buco nero.
Chi è l’uomo finito in manette
Le autorità italiane lo descrivono come un senzatetto dai tratti latini, un passato di piccoli reati negli Stati Uniti e un presente fatto di espedienti nei pressi del Vaticano. Il suo nome, Rexal Ford, è spuntato nella banca dati della polizia dopo che un testimone aveva segnalato una lite violenta fra una coppia e una neonata: quell’uomo, quell’urlo, quei tatuaggi. Oggi sappiamo che è cittadino statunitense, ha 46 anni e sulle spalle varie denunce per furto e aggressione, almeno secondo le fonti di polizia d’Oltreoceano.
Per mesi avrebbe vissuto di stenti a Roma con compagna e figlia, dormendo fra i rovi di Villa Pamphili o trovando rifugio nei servizi della Caritas. Una carta d’identità mostrata a una mensa per poveri e un video che lo ritrae con la bimba in braccio – bavaglino rosa, lo stesso recuperato poi in un cestino – hanno consentito agli investigatori di dare finalmente un volto alla sagoma vista nelle immagini di sorveglianza.
La cattura a Skiathos: inseguimento fra cielo e mare
Mercoledì scorso Ford ha preso un volo Ryanair da Fiumicino alla Grecia, convinto forse che gli scogli e le spiagge dell’Egeo fossero un buon posto per sparire. Non ha pensato, però, che il suo cellulare fosse ancora acceso. Quel segnale ha “agganciato” le celle di Skiathos, regalando a Sco, Europol e polizia ellenica la rotta definitiva. Oggi, poco prima di mezzogiorno, gli agenti lo hanno bloccato in un ostello vicino al porto: non ha opposto resistenza, dicono le fonti greche.
Il mandato d’arresto europeo firmato dal gip di Roma parla, per ora, di omicidio volontario pluriaggravato ai danni della neonata. L’estradizione potrebbe richiedere venti‑venticinque giorni, prassi normale secondo il regolamento UE: intanto Ford resterà in custodia ad Atene, in attesa dell’udienza di convalida. Ci chiediamo: proverà a spiegare qualcosa o resterà in silenzio?
Le vittime: identità, abitudini, fragilità
La madre aveva 29 anni, la figlia aveva otto mesi scarsi. Erano arrivate a Roma in primavera, forse già con pochi soldi, forse inseguendo un’illusione di riscatto. Testimoni le ricordano mentre mangiavano al mercato San Silverio, parlavano inglese, sfoggiavano un tatuaggio di scheletro su tavola da surf – dettaglio che ha fatto il giro dei social nel tentativo di trovare un nome al volto. Vivevano di elemosina e dormivano all’aperto, un quotidiano di stenti che nessuno ha fermato in tempo.
Gli investigatori sostengono che madre e figlia fossero già senza vita da ore quando il parco ha restituito i corpi. L’autopsia preliminare ipotizza lo strangolamento per la bimba, mentre le cause della morte della donna restano incerte: niente stupefacenti, nessun segno di arma da taglio, solo ecchimosi compatibili con un’aggressione violenta. Un dettaglio agghiacciante? Il sacco nero usato per occultare la madre era stato maneggiato con i guanti, ma su di esso è rimasta un’impronta parziale attribuita – dicono gli inquirenti – proprio a Ford.
Indagini incrociate: Italia - Grecia - USA
A dare la sterzata decisiva è stata una telefonata a Chi l’ha visto? ricevuta poche ore dopo la diffusione pubblica dei tatuaggi della vittima: un telespettatore ha collegato quei disegni alla coppia che litigava spesso vicino a Villa Pamphili. Da lì, analisi di tabulati, confronto incrociato di passaporti, ore di filmati stradali, supporto dell’FBI per i precedenti penali e infine, la richiesta d’arresto urgente alle autorità greche. È la cronaca di un’inchiesta che, parole del procuratore Francesco Lo Voi, “era partita senza nulla in mano”.
Sul tavolo restano anche le prove digitali: geolocalizzazioni, immagini CCTV in cui Ford compare con la piccola viva, oltre alla ricostruzione dei suoi spostamenti fra il Vaticano, il parco e l’aeroporto. Elementi che, messi assieme, hanno convinto gli inquirenti a parlare di “indizi robusti”. Noi vi invitiamo a riflettere: quanto pesa, nel nostro presente iperconnesso, il telefono che ci portiamo dietro? In questo caso è stato la chiave per fermare una fuga.
Il movente che manca e le prossime tappe
C’è ancora un vuoto enorme: perché uccidere una bambina e forse, la compagna? Gli inquirenti passano al setaccio chat, diari, testimonianze in California per capire se la coppia si trascinasse vecchi conflitti o problemi psichiatrici di lui. Le autorità statunitensi hanno confermato la collaborazione, ma per ora le carte parlano solo di furti e piccole aggressioni, nulla che faccia intravedere un’escalation verso il delitto.
La cronologia giudiziaria è già scritta: interrogatorio di garanzia ad Atene, trasferimento a Rebibbia o Regina Coeli, incidente probatorio sugli indizi, eventuale richiesta di perizia psichiatra. E noi? Continueremo a raccontarvi ogni passaggio, senza sconti, ponendovi domande e ascoltando le vostre. Perché un’inchiesta non è soltanto la somma di verbali e prove: è anche la coscienza di una comunità che pretende risposta quando la violenza spezza le vite più fragili.