Il presunto stupro di un diciottenne detenuto a Marassi, avvenuto fra il 2 e il 3 giugno, ha innescato la rivolta che due giorni dopo ha messo a ferro e fuoco la casa circondariale genovese. Secondo gli inquirenti il ragazzo sarebbe stato sequestrato per quasi quarantotto ore da quattro compagni di cella, picchiato e costretto a subire abusi sessuali, senza che nessuno controllasse la sezione. Ora è ricoverato all’ospedale San Martino con una prognosi di 25 giorni.
Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap), su mandato del ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha avviato verifiche interne e inviato ispettori a Genova. L’indagine amministrativa procede in parallelo a quella penale coordinata dalla Procura, che ipotizza il reato di tortura oltre alla violenza sessuale aggravata. La linea del dicastero è accertare perché per due giorni nessuna guardia sia entrata nella cella e se vi siano responsabilità della direzione o di agenti in servizio.
L’aggressione in cella
Il giovane ‒ in custodia cautelare per una rapina di poche centinaia di euro ‒ era stato assegnato alla sezione penale con detenuti adulti, due italiani e due stranieri. Le testimonianze raccolte parlano di pestaggi, sevizie e perfino tatuaggi forzati sul volto della vittima come marchio di sottomissione. Quando la notizia si è diffusa, circa un centinaio di reclusi hanno devastato corridoi e salito sul tetto per protesta; la sommossa è stata domata dopo ore di tensione e quattro agenti feriti.
A raccontare la scena è anche l’insegnante Simonetta Colello, che quel pomeriggio stava tenendo un corso in istituto: «Non ho mai visto nulla di simile in diciotto anni di scuola in carcere», ha detto. Lei e gli operatori sanitari sono rimasti chiusi in un’aula mentre i detenuti spezzavano vetri e lanciavano oggetti. La rivolta ha costretto carabinieri e reparti antisommossa a blindare il quartiere di Marassi fino a tarda sera.
La risposta istituzionale
Il ministro Nordio ha chiesto un rapporto dettagliato su turni, videosorveglianza e catena di comando nelle ore dell’abuso. In caso di omissioni di controllo, potrebbero scattare procedimenti disciplinari immediati. L’amministrazione valuta inoltre il trasferimento del direttore e del comandante di reparto. L’obiettivo dichiarato è «fare luce su ogni negligenza» e prevenire nuovi episodi in strutture già sotto stress.
Sul fronte penale, la Procura di Genova ha disposto esami medici e psicologici sulla vittima, mentre i quattro presunti aggressori sono stati posti in isolamento cautelare. Gli investigatori stanno verificando se l’episodio sia collegato a dinamiche di potere interne alla sezione. In caso di conferma, le accuse potrebbero estendersi all’associazione a delinquere finalizzata alla tortura, fattispecie inserita nell’ordinamento nel 2017.
Marassi e il peso del sovraffollamento
Marassi ospita circa 700 detenuti contro una capienza regolamentare di poco superiore ai 500 posti – un tasso di affollamento che sfora il 130%. Le celle da quattro diventano spesso da sei, i cortili sono sovraffollati e il personale è sottodimensionato del 16%, dati che rendono quasi impossibile vigilare h24 su ciascun reparto.
Il sovraffollamento non è un’anomalia isolata: in Italia, al 31 marzo 2024, i detenuti erano 61.049 a fronte di 51.178 posti regolamentari, con un tasso medio nazionale del 119,3 %. È l’ennesimo campanello d’allarme dopo la chiusura, nel 2016, della procedura europea “Torreggiani” per trattamento inumano. L’aumento mensile di oltre trecento presenze rischia di riportare il Paese ai numeri record del 2013.
Indignazione e richieste di riforma
«Il carcere è imploso», denuncia Sergio D’Elia di Nessuno Tocchi Caino, ricordando che «almeno un detenuto su tre dovrebbe stare in percorsi di cura, non dietro le sbarre». La Camera penale ligure parla di «sistema al collasso» e chiede interventi su organici e strutture, non nuovi reati: proprio il giorno della rivolta il Parlamento approvava il decreto Sicurezza che introduce il delitto di rivolta carceraria.
Anche i sindacati di polizia penitenziaria rivendicano più risorse: in tutta Italia, nel 2024, si sono registrati 90 suicidi fra i ristretti e 7 fra gli agenti, segno di un clima insostenibile. Le sigle UILPA e Sappe chiedono un piano straordinario di assunzioni e la separazione dei detenuti in base all’età e al profilo di pericolosità, per evitare che i più giovani finiscano preda dei gruppi dominanti in cella.
Il contesto nazionale delle carceri
Secondo l’ultimo rapporto Antigone, oltre la metà dei reclusi sconta pene inferiori a tre anni, soglie che consentirebbero misure alternative. L’associazione rileva che servirebbe un nuovo carcere ogni due mesi per tenere il passo dell’attuale crescita della popolazione detenuta: un paradosso economico e sociale.
Intanto la vittima di Marassi attende di essere trasferita in una struttura protetta, mentre l’inchiesta interna dovrà stabilire se carenze strutturali e sottovalutazioni abbiano reso possibile ciò che il garante ligure dei detenuti definisce «una pagina intollerabile di disumanità». L’esito delle verifiche ministeriali sarà un banco di prova per un sistema penitenziario che, ancora una volta, mostra crepe troppo profonde per restare ignote a porte chiuse.
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