Giovanni Brusca ha ottenuto la libertà, ma per Luciano Traina – ispettore in pensione e conosciuto per il suo ruolo nell’arresto del boss – questa decisione rappresenta una vera e propria ferita insopportabile. Traina, fratello dell’agente della scorta di Paolo Borsellino, rinomato per il tragico evento di via D’Amelio, ha espresso il proprio dolore con voce vibrante di amarezza. In un lungo sospiro, l’ex ispettore ha dichiarato: “Giuridicamente non si può dire molto, ma umanamente questa cosa fa schifo, per noi è stata una pugnalata al cuore”.
Una ferita che non guarisce
Traina ha ricordato il maggio del 1996, quando partecipò al blitz che portò all’arresto del temuto boss di San Giuseppe Jato, soprannominato “scannacristiani” per la sua spietatezza. Oggi, dopo quattro anni di libertà vigilata, la decisione giudiziaria appare come un’ulteriore prova del fallimento di un sistema che ancora, dopo oltre tre decenni, non sa rivelare tutta la verità sui delitti degli anni ’90.
L’ex ispettore ha riflettuto sul fatto che, se da un lato la legge sui collaboratori di giustizia fu introdotta con grande determinazione dal magistrato Giovanni Falcone, dall’altro essa può essere modificata. “Non conosciamo i mandanti, la mente che c’era dietro quegli eccidi. E temo che non sapremo mai la verità”, ha commentato con amarezza, sottolineando quanto il ricordo di quegli eventi tragici rimanga vivo e irrisolto.
Il ricordo di un incontro drammatico
Nel ricordare il blitz a Agrigento, Traina ha rievocato con lucidità il momento in cui incontrò personalmente il boss. Durante l’irruzione nel villino in contrada Cannatello, l’ex ispettore ha descritto il volto di Brusca: “Gli occhi di una persona senza un briciolo di umanità”. Fu lui il primo a vederlo, scavalcando una finestra al pianoterra e trovandolo, in pochi istanti, in cucina, piede nudo e in abiti informali, sorpreso e ben diverso dall’immagine imponente che aveva immaginato.
La delusione e il disgusto di Traina nei confronti dell’ex criminale sono palpabili, soprattutto quando si parla del presunto pentimento di Brusca, che ha autorizzato omicidi di massa. “Come può un uomo che ha ucciso più di 150 persone pentirsi veramente? Mi sembra ci sia qualcosa dietro, un tornaconto personale”, ha dichiarato, evidenziando come, per lui, le rivelazioni fatte in passato non abbiano portato alla luce alcuna novità rilevante per gli investigatori.
La ricerca inesorabile della verità
Nonostante i 33 anni trascorsi, la ricerca della verità resta un obiettivo irrisolto. Per Traina, le commemorazioni e le promesse di chiarimenti si sono rivelate mere parole, incapaci di spiegare le dinamiche che hanno portato alla perdita del fratello e di tanti altri, come i giudici Falcone e Borsellino. “Ciò che mi interessa davvero è sapere perché mio fratello è morto e perché sono stati uccisi i suoi colleghi, non le strette di mano e le parole di circostanza”, ha affermato, con la ferma speranza che un giorno possa emergere la verità.
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