In meno di 24 ore il Senato ha trasformato in legge il disegno di legge sui reati contro gli animali, salutato come «una svolta fondamentale di civiltà» dall’eurodeputato di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini. Il provvedimento alza drasticamente le pene: fino a quattro anni di carcere e 60 mila euro di multa per chi uccide un animale con sevizie, fino a due anni per i maltrattamenti, più sanzioni pecuniarie aumentate di un terzo se i fatti avvengono davanti a minori o sono diffusi online.
Approvato alla Camera lo scorso novembre, il testo – prima firma della deputata Michela Vittoria Brambilla – è passato in seconda lettura con voto per alzata di mano e senza modifiche, diventando immediatamente operativo. Oltre alla maggioranza, hanno votato a favore anche diversi gruppi di opposizione, mentre alcune forze minori si sono astenute chiedendo tutele più ampie. L’iter lampo, favorito dalla convergenza trasversale, chiude un percorso legislativo aperto oltre vent’anni fa dalla legge 189/2004 sui maltrattamenti.
Cosa cambia nel Codice penale
Il nuovo Titolo IX-bis del Codice penale non tutela più «il sentimento dell’uomo verso gli animali» ma gli animali in sé, come esseri senzienti. Oltre alle pene detentive e pecuniarie rafforzate, l’uccisione e il maltrattamento entrano tra i reati che possono far scattare misure antimafia come la sorveglianza speciale e la confisca dei beni. Chi organizza o favorisce combattimenti clandestini rischia ora fino a quattro anni di reclusione e 160 mila euro di multa; spettatori e scommettitori fino a due anni.
Il divieto nazionale di tenere cani alla catena diventa legge; obbligatoria la confisca immediata degli animali vittime di maltrattamento, con affido definitivo alle associazioni. Il provvedimento introduce anche la responsabilità amministrativa degli enti: aziende coinvolte in reati contro gli animali potranno pagare fino a 500 quote di sanzione e subire interdizioni fino a due anni. Inoltre, le aggravanti legate alla diffusione online dei reati mirano a colpire i video di violenze che spesso circolano sui social.
Reazioni politiche e sociali
Fratelli d’Italia rivendica il risultato come «rivoluzione normativa e culturale». «Finalmente gli animali non sono più oggetti di affezione, ma soggetti di diritto», ha detto la senatrice Cinzia Pellegrino in aula; soddisfazione analoga è arrivata da Lega e Forza Italia. Le associazioni animaliste, da Animal Equality a WWF e Legambiente, parlano di «passo avanti storico», sottolineando l’importanza della confisca obbligatoria e del divieto di catena.
Non mancano però le voci critiche. La senatrice Julia Unterberger (Svp) definisce la norma «un’occasione mancata» perché non riconosce agli animali lo status di esseri senzienti nel Codice civile e lascia fuori allevamenti, circhi e caccia. Legambiente e WWF avvertono che il governo sta preparando un disegno di legge sulla caccia che «rischia di neutralizzare i progressi appena compiuti», mentre il Fatto Quotidiano punta il dito contro la «contraddizione» di un esecutivo che, da un lato, inasprisce le pene e, dall’altro, alleggerisce i vincoli venatori.
Un percorso che parte dalla Costituzione
La riforma si inserisce nel solco dell’articolo 9 della Costituzione, modificato nel 2022 per obbligare lo Stato a tutelare ambiente, biodiversità e animali. Da allora il Parlamento ha discusso decine di proposte: dal nuovo titolo del Codice penale dedicato ai delitti ambientali, fino ai disegni di legge Brambilla e Potenti confluiti nel testo unico approvato. Il voto quasi unanime in Senato, con citazioni di Gandhi e persino del barboncino Dudù, fotografa un consenso politico ormai radicato su un tema che fino a pochi anni fa restava ai margini.
Al contempo, la legge risponde alla direttiva europea 2024/1203, che chiede agli Stati membri pene efficaci per crimini contro fauna selvatica ed ecosistemi. Le ONG insistono affinché il governo recepisca integralmente la direttiva, includendo il bracconaggio tra i delitti contro gli animali e portando a tre anni la pena minima per traffico di specie protette. «La riforma va completata al più presto», sollecitano Legambiente e WWF.
Prospettive e nodi aperti
Implementare la norma sarà ora compito di magistratura e forze dell’ordine, che dovranno aggiornare banche dati, protocolli di sequestro e percorsi trattamentali per chi maltratta animali. Sul tavolo c’è anche la necessità di coordinare le procure e chiarire l’applicabilità delle nuove aggravanti ai reati commessi nel web. Le associazioni chiedono inoltre finanziamenti per i rifugi che accoglieranno gli animali confiscati e percorsi di formazione per operatori sanitari e veterinari.
Resta aperto il capitolo fauna selvatica: le stesse organizzazioni che esultano per l’inasprimento delle pene temono un arretramento se il nuovo ddl caccia dovesse ampliare le deroghe venatorie. Il governo difende la distinzione tra animali d’affezione e fauna, ma i critici ricordano che la Corte di Giustizia UE ha già stabilito che la libertà religiosa e le tradizioni non possono giustificare sofferenze ingiustificate. Il confronto si preannuncia lungo e sarà il vero banco di prova per capire se la rivoluzione annunciata resterà tale.