Due mani intrise di sangue si arrestano sulla soglia delle scale della cantina, mentre il corpo di Chiara Poggi viene violentemente lanciato, senza che l’assassino metta piede sui gradini dove la giovane ventiseienne viene ritrovata priva di vita. La scena del crimine, ambientata nella villetta di via Pascoli a Garlasco, racconta in maniera nitida gli eventi del 13 agosto 2007, in un susseguirsi di fatti che hanno portato alla condanna a 16 anni di reclusione per l’ex fidanzato Alberto Stasi. Oggi l’indagine si concentra sulla possibile implicazione del nuovo indagato, Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, nella drammatica vicenda.
La dinamica dell’omicidio
L’assassino ha lasciato il suo segno distintivo all’interno dell’abitazione, mostrando l’impronta delle scarpe a pallini, identificate come marca Frau numero 42, secondo l’ultima perizia. Il killer ha agito con una precisione impressionante, sistemandosi e ripulendosi come se conoscesse a fondo ogni angolo della casa. La vittima, nella qualità di ventiseienne, ha accolto il visitatore senza alcuna reazione, senza urlare o opporsi, quasi inerme di fronte all’aggressione. Questa totale fiducia ha facilitato l’azione crudele dell’assassino, che ha potuto compiere il massacro senza alcuna manifestazione di pietà.
Secondo la ricostruzione, Chiara Poggi viene colpita a pochi passi dall’ingresso; in un primo momento il trauma induce un improvviso e violento movimento del capo e delle mani che si contraggono, trascinando il sangue sul pavimento. Successivamente, il corpo viene nuovamente investito e, brutalmente sollevato con entrambe le mani, viene scagliato verso le scale che conducono alla cantina. Il fatto accade senza che il killer calpesti uno solo dei gradini: la suola insanguinata si ferma proprio sull’uscio, in corrispondenza del passaggio dove il pavimento in cotto lascia spazio ai gradini in marmo.
Tracce e indizi sulla scena
Sul percorso, l’assassino percorre con un passo deciso dalla zona del bagno fino alla cucina e oltre, uscendo infine dalla casa. Le scale ripide, costituite da 13 gradini e caratterizzate da una curva ben definita, diventano il luogo dove il corpo di Chiara Poggi viene abbandonato: la testa, posizionata sul nono gradino, è rivolta verso il basso e un lato del volto risulta ben visibile. Sulla maglia rosa del pigiama, proprio all’altezza della spalla sinistra, sono riscontrabili quattro impronte dei polpastrelli insanguinati dell’assassino, mentre sul lato anteriore si osserva un frammento di impronta palmare. Queste tracce, non interamente analizzate in quanto il corpo è stato girato prima dell’arrivo al medico legale, forniscono indizi cruciali su come il delitto sia stato perpetrato.
Le immagini fornite dalla ricostruzione della scena evidenziano come il corpo sia stato afferrato con forza per essere “scaraventato” lungo la scalinata. La perizia, condotta dalla Corte, ipotizza che il killer, dopo aver macchiato le mani, si sia diretto verso il bagno per lavarsene, lasciando dietro di sé ulteriori impronte sui dispositivi igienici. Sul dispenser portasapone, ad esempio, si riscontrano due impronte, riconducibili a Alberto Stasi, mentre sul tappetino rimane l’impronta distintiva di una scarpa “a pallini”, di misura 42, contrapposta al numero 44 che calza Andrea Sempio.
Indagine e errori investigativi
L’inchiesta prosegue con la ricerca di ulteriori conferme scientifiche, come il match tra il DNA di Andrea Sempio e il materiale prelevato dalle unghie della vittima. Nel corso delle indagini, è stata rinvenuta una singola impronta della mano destra sulla parete delle scale, un dettaglio che appare in contrasto con il percorso segnato dall’assassino, il quale, infatti, non avrebbe calpestato i gradini.
Le autorità hanno concluso che un ragazzo, descritto come studente modello e coinvolto in una passione discutibile per la pornografia, ha compiuto l’omicidio di Chiara Poggi senza mostrare alcuna traccia di rimorso. La vittima, infatti, rappresentava per lui una presenza “pericolosa e scomoda”, al punto da essere eliminata con precisione spietata. Dopo aver compiuto l’azione, l’assassino è riuscito a riprendere il controllo della situazione, occupandosi delle normali attività domestiche: ha acceso il computer, visionato immagini e video, e perfino proseguito con la redazione della tesi, come se nulla fosse accaduto.
Secondo le motivazioni emesse nel 2014, l’atteggiamento freddo e calcolato del killer ha alimentato ulteriori dubbi che, inizialmente, hanno sviatato le indagini, inducendo gli inquirenti a ipotizzare un incidente domestico. Solo col tempo, grazie anche a errori procedurali e a ritardi nella raccolta degli indizi, è emersa la verità su quel tragico evento avvenuto in una casa apparentemente tranquilla. L’intera dinamica rimane segnata dalla freddezza e dalla disinvoltura con cui l’assassino ha gestito ogni fase, facendo pesare il dolore per Chiara Poggi su una scena del crimine meticolosamente studiata.