La recente pronuncia della Consulta ha acceso le discussioni in ambito giuridico e sociale, suscitando reazioni forti e contrastanti. Secondo Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, Natalità e Pari Opportunità, rimuovere dalla vita dei bambini la figura paterna non rappresenta un progresso nei diritti, ma rappresenta la sottrazione di un diritto fondamentale per il minore. La sentenza incostituzionale che ha messo in discussione il divieto per la madre intenzionale – ovvero quella non biologica – di riconoscere il figlio nato in Italia grazie alla procreazione medicalmente assistita all’estero ha, in pratica, aperto la strada al riconoscimento dei diritti genitoriali per entrambe le madri nelle coppie lesbiche.
Riflessioni istituzionali e giurisprudenziali
Nella lettura delle decisioni della Corte Costituzionale, la ministra ha puntualizzato più aspetti fondamentali. In primo luogo, ha chiarito che nessuna azione di questo governo o di questa legislatura è in discussione, eppure la Consulta non richiede modifiche legislative, né riguardo alla legge 40 né su altri specifici articoli dell’ordinamento. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’inadeguatezza dell’utilizzo dell’utero in affitto, evidenziando differenze nell’attribuzione dello status genitoriale tra coppie di uomini e coppie di donne, in base alle differenze biologiche ormai messe in discussione dalle posizioni ideologiche attuali.
Il diritto all’identità del minore
Nonostante queste riflessioni, la stessa sentenza sulle “due mamme” ha evidenziato che il benessere del bambino giace nel garantire la presenza di due figure protettive, lasciando da parte i criteri legati unicamente al legame biologico. La scelta di escludere la figura paterna rappresenta una decisione che va analizzata nel contesto del miglior interesse del minore. Nel nostro ordinamento, i diritti dei bambini sono salvaguardati: anche nelle coppie dello stesso sesso, è sempre possibile ricorrere all’adozione in particolari casi, assicurando così il rapporto e la responsabilità di entrambi i genitori, anche sotto l’aspetto patrimoniale.
Critiche e timori dell’opinione pubblica
Le interpretazioni più critiche hanno sottolineato come questa decisione possa cancellare simbolicamente il ruolo del padre. L’avvocato Simone Pillon, ex vicepresidente della commissione parlamentare infanzia e attuale presidente dell’associazione San Tommaso Moro, ha definito “gravissima” la scelta della Consulta, sostenendo che rimuovere l’idea di una figura paterna equivale a negare il diritto naturale dei bambini a nascere da mamma e papà. Pillon ha evidenziato come l’introduzione di costrutti ideologici rischi di compromettere non solo l’equilibrio del diritto, ma anche il benessere dei minori, esortando a una riflessione più attenta alla discrezionalità del legislatore.
Proposte e reazioni in Parlamento
Da parte di altri esponenti, la sentenza ha avuto risvolti positivi e ha stimolato interventi propositivi. Riccardo Magi, segretario di Europa, ha richiamato l’importanza di tutelare i diritti fondamentali dei bambini, ricordando la sua proposta di legge depositata tre anni fa, mirata a garantire che lo status giuridico di figli da coppie dello stesso sesso sia riconosciuto sin dalla nascita. Magi ha affermato che impedire il riconoscimento completo dei diritti genitoriali equivale a una lesione degli interessi del minore, sottolineando come le recenti decisioni abbiano confermato la necessità di proteggere ciò che è più prezioso nella società: i diritti dei bambini.
La reazione delle amministrazioni locali
Il dibattito si estende anche a livello comunale. Il sindaco di Padova, Sergio Giordani, ha espresso la sua soddisfazione per la decisione della Consulta, evidenziando come questa vittoria rappresenti un passo fondamentale per la tutela dei diritti dei minori. Giordani ha ricordato il suo impegno, iniziato nel 2017, nel garantire la registrazione dei certificati anagrafici per i bambini con due madri, definendo tale decisione un riconoscimento dei principi costituzionali a cui ha dedicato la sua carriera e una giusta risposta alle critiche ricevute. La sua testimonianza sottolinea l’importanza di una battaglia civile che coinvolge cittadini, associazioni e istituzioni.
Un approccio giuridico equilibrato
Il tema ha sollevato, infine, profonde riflessioni nel panorama giuridico. Alberto Gambino, giurista e prorettore vicario dell’Università Europea di Roma, ha evidenziato quanto la sentenza 68 imponga una lettura più prudente di questioni altamente complesse. Egli ha espresso preoccupazione per la potenziale riduzione del bambino a mero elemento di un progetto genitoriale, rimarcando l’importanza di non trascurare il dato biologico e l’identità personale. Gambino ha concluso sottolineando che la complessità della questione impone di non cadere nella trappola di visioni riduttive che potrebbero compromettere la tutela della dignità del neonato.