Il sistema fiscale attuale, così come evidenziato da recenti analisi di Ocse e della Banca d’Italia, mostra evidenti squilibri che penalizzano il lavoro dipendente, in particolare nelle fasce di reddito medio-alte. Le aliquote applicate ai dirigenti in Italia risultano infatti ben più gravose rispetto a quelle praticate in altri contesti, dove tali aliquote interessano redditi di livelli sostanzialmente più elevati. Questo squilibrio non solo mina i principi di equità, ma rappresenta anche un deterrente al riconoscimento del merito e delle competenze.
Una richiesta di riforma
Durante la presentazione del rapporto Cida-Censis intitolato “Rilanciare l’Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare”, il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla, ha evidenziato come le proposte del Ministero dell’Economia, incentrate sulla riduzione della pressione fiscale per i ceti intermedi, rappresentino un passo nella giusta direzione. Tuttavia, secondo Cuzzilla, non si può più attendere tempi lunghi. È necessario accelerare il percorso e attuare una riforma che risponda alle sfide del nostro tempo.
In particolare, il dirigente ha sottolineato l’urgenza di ristrutturare un sistema fiscale che gravita sul lavoro dipendente, mettendo in luce come l’investimento in previdenza complementare, sanità integrativa e formazione venga penalizzato da detrazioni e benefici subordinati a soglie di reddito che non rispecchiano la realtà economica degli individui che quotidianamente contribuiscono al progresso del Paese. Il punto di vista espresso richiama la necessità di riconoscere gli investimenti nelle capacità professionali come fondamentali per la crescita e la competitività nazionale.
Il valore del ceto medio e del risparmio
Il presidente Cuzzilla ha inoltre posto l’accento sul ruolo cruciale del ceto medio, evidenziando come difenderlo significhi proteggere un patrimonio che va oltre il mero valore economico e che possiede una valenza culturale importante. Secondo il dirigente, il risparmio di questa fascia rappresenta da sempre una risorsa imprescindibile per la società, ed è essenziale che venga protetto attraverso una politica fiscale equa e lungimirante.
Con espressioni particolarmente incisive, il presidente ha richiamato l’attenzione anche sulla questione del tetto salariale nel settore pubblico e in ambiti di elevata funzione istituzionale. La rigidità di tali limiti rischia infatti di determinare una fuga di competenze da settori fondamentali quali la magistratura, le forze armate, la pubblica amministrazione, la sanità, il mondo universitario e la ricerca. Un drenaggio del talento nei settori strategici potrebbe indebolire la struttura stessa delle istituzioni, compromettendo le capacità di risposta del Paese di fronte alle sfide future.
Investire nelle professionalità e nelle nuove generazioni
Il messaggio del presidente Cuzzilla si estende anche al riconoscimento delle migliori professionalità, in particolare quelle emergenti tra le nuove generazioni. Egli osserva che spostare il focus da approcci ideologici a una riflessione pratica sul valore del capitale umano diventa obbligatorio per garantire a Italia istituzioni forti e allineate alle esigenze di competizione e innovazione. Solo così sarà possibile creare un ambiente in cui i talenti trovino il giusto riconoscimento, incentivando la permanenza delle figure migliori all’interno del Paese.
Un ulteriore aspetto, che il dirigente ha voluto portare all’attenzione, riguarda il trattamento dei pensionati. E’ fondamentale superare la visione in cui tali categorie siano considerate esclusivamente un onere, per riconoscere invece il loro immenso potenziale costruttivo. I pensionati non rappresentano soltanto una riserva di competenze ed esperienza, ma costituiscono altresì una risorsa significativa per il welfare nazionale. Limitare in maniera indiscriminata il loro coinvolgimento nel mercato del lavoro comporta il rischio di impoverire ulteriormente un sistema già fragile. Dunque, è indispensabile adottare un approccio che permetta di valorizzare i percorsi professionali senior, costruendo un modello previdenziale accessibile e sostenibile, non per munificenza, ma per una razionale scelta collettiva.
In conclusione, il quadro descritto richiama con forza la necessità di una riforma fiscale e di un ripensamento generale degli strumenti di welfare per favorire un ambiente dinamico e meritocratico. La sfida è quella di calibrare una politica fiscale che alleggerisca il carico economico sul lavoro dipendente e che, al contempo, riconosca e valorizzi le competenze strategiche dei dirigenti e dei professionisti, ponendo così le basi per una crescita sostenibile e inclusiva per l’intero Paese.