Il 22 maggio la Procura di Pavia ha confermato che una vecchia impronta palmare – il cosiddetto “contatto 10” individuato dai Ris nell’agosto 2007 – e i residui biologici trovati sotto le unghie di Chiara Poggi coincidono con il profilo dattiloscopico e genetico di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Il fascicolo, archiviato anni fa, è stato riaperto dopo che la Cassazione ha giudicato utilizzabili i reperti: una mossa che potrebbe capovolgere l’esito di un caso ritenuto chiuso da un decennio.
Gli investigatori milanesi hanno ricostruito minuto per minuto gli spostamenti del sospettato, analizzando vecchi sms, bigliettini recuperati nei rifiuti e post pubblicati sui social nei giorni successivi al delitto. Secondo l’informativa depositata, la traccia sanguigna sul portone di casa Poggi proverrebbe da una mano «sporca di sangue o altra sostanza». Gli inquirenti, però, sottolineano di non aver ancora individuato né arma né movente, e ribadiscono che Sempio gode della presunzione d’innocenza finché non sarà celebrato un eventuale processo.
Chi era Chiara Poggi e perché la sua morte sconvolse l’Italia
Chiara Poggi, 26 anni, laureata in Economia e impiegata a Milano, fu trovata senza vita la mattina del 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco, piccolo centro agricolo fra il Ticino e il Po. Indossava il pigiama, segno che aveva aperto la porta a qualcuno di conosciuto. L’aggressione, avvenuta fra le 9.12 e le 9.35, fu brutale: l’arma non è mai stata ritrovata. Il delitto divise il Paese, alimentando un serrato dibattito su scienza forense e giustizia mediatica.
Per mesi telegiornali e talk-show trasformarono la vicenda in un caso nazionale. Le immagini della scala macchiata di sangue divennero un’icona del true crime italiano e i dettagli tecnici – dal pedale della bici ai referti autoptici – entrarono nel lessico popolare. Ancora oggi, podcast e serie tv dedicati a Chiara registrano ascolti elevati, mentre le famiglie Poggi e Stasi lottano fra riserbo, memoria e ricerca di verità.
I protagonisti: Alberto Stasi fra condanna definitiva e vita fuori dal carcere; Andrea Sempio sotto i riflettori
Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara, fu assolto due volte in primo e secondo grado, poi condannato in via definitiva a 16 anni il 12 dicembre 2015. Dal 2023 usufruisce del lavoro esterno e l’11 aprile 2025 il Tribunale di Sorveglianza di Milano gli ha concesso la semilibertà: può uscire di giorno per lavorare come contabile e rientrare la sera a Bollate, nonostante il parere contrario della Procura generale. Stasi continua a professarsi innocente, ma la sentenza resta irrevocabile.
Andrea Sempio, 37 anni, già sfiorato dalle indagini nel 2016, è ora l’unico indagato per omicidio in concorso. A marzo non si è presentato al primo interrogatorio, lamentando un vizio di notifica; il suo legale contesta la validità della prova genetica e definisce “inutilizzabile” l’impronta diffusa dal Tg1. Gli avvocati di Stasi vedono invece nella nuova pista una possibile conferma dell’errore giudiziario. Il confronto pubblico è acceso e rischia di alimentare processi mediatici paralleli.
Le mosse della Procura e i prossimi passi dell’inchiesta
Il sostituto procuratore Valentina De Stefano ha disposto un incidente probatorio: un pool di genetisti e dattiloscopisti dovrà replicare le analisi con tecniche più avanzate e stabilire la qualità delle tracce conservate nei frigoriferi del Ris di Parma. Se il materiale risulterà idoneo, si passerà a un eventuale rinvio a giudizio di Sempio; in caso contrario l’inchiesta potrebbe chiudersi di nuovo, riaprendo il tema della revisione del processo Stasi.
Le parti civili – la famiglia Poggi e l’associazione “Insieme per Chiara” – chiedono rapide verifiche, temendo che il tempo logori ulteriormente i reperti. La difesa di Sempio insiste su una perizia super partes e sulla sostituzione di periti ritenuti “non imparziali”. Una decisione della gip Daniela Garlaschelli è attesa entro l’estate: potrebbe nominare nuovi esperti o dichiarare irripetibili gli accertamenti, con conseguenze decisive sull’ammissibilità degli esiti in aula.
Le reazioni di familiari, avvocati e opinione pubblica
La madre di Stasi, Elisabetta Ligabò, parla di «schifo» e di «pasticcio giudiziario»: per lei il figlio è il capro espiatorio di un’indagine costruita su dubbi. Dall’altra parte, l’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, replica che «l’impronta non mente» e accusa la Procura di Milano di timori infondati sulle pressioni mediatiche. I talk-show ospitano confronti sempre più tesi; il rischio è che testimoni e consulenti finiscano sotto i riflettori prima ancora di parlare ai magistrati.
Sui social la discussione si articola tra garantisti e colpevolisti: molti chiedono prudenza, altri invocano la revisione del verdetto contro Stasi. Il ricordo di Chiara Poggi resta al centro: il fratello Marco, pur amico di Sempio, dice di volere solo «una verità che resista alle carte». Intanto in Parlamento alcuni deputati rilanciano la proposta di legge sull’irretroattività delle nuove tecniche genetiche, temendo che la giustizia finisca ostaggio di continui colpi di scena scientifici.
Nota di redazione: Andrea Sempio è indagato, non imputato; ogni ricostruzione rispetta la presunzione di innocenza garantita dall’art. 27 della Costituzione. I fatti e le valutazioni riportate derivano da atti ufficiali o dichiarazioni pubbliche verificate. La vicenda resta in evoluzione: ulteriori accertamenti potranno modificare le conclusioni fin qui raggiunte.