Nel contesto delle tensioni commerciali, la decisione degli Stati Uniti di sospendere temporaneamente l’aumento dei dazi assume una valenza ambigua. Carlo Altomonte, docente di Politica economica europea presso la Bocconi, evidenzia come questa misura, pur rappresentando un apparente rallentamento, segni soltanto una fase transitoria di un equilibrio negoziale fragile. Il cambiamento potrebbe condurre verso una nuova dinamica interna dell’Unione Europea, spostando l’attenzione da una crescita trainata dall’export a una strategia orientata al rilancio dei consumi e degli investimenti.
Uno scenario di negoziazioni complesse
L’economista sottolinea che il percorso negoziale con il Regno Unito si attesta su livelli di compromesso che sono parimenti elevati, con un aumento dai precedenti 2% che ora arriva fino al 10%. Parallelamente, con la Cina si registra un accordo che prevede una moratoria sui dazi del 30%, una soluzione transitoria che potrebbe consentire a prodotti destinati alle festività di Natale di raggiungere il mercato degli elettori di Trump.
Le riflessioni di Altomonte tracciano un quadro incerto: se da un lato queste misure possono sembrare un tentativo di gestione dell’immediato rischio di rallentamento, inflazione e recessione negli Stati Uniti, dall’altro esse rivelano una crisalide negoziale destinata a mutamenti continui, con potenziali oscillazioni nei mercati a breve termine.
Impatti e strategie economiche
L’analisi evidenzia come la negoziazione con il blocco europeo si prospetti estremamente articolata: le condizioni prospettate per il Regno Unito non trovano riscontro in una reale reciprocità, complici vincoli e quote che impongono limiti nei rapporti commerciali con paesi terzi. Bruxelles non intende cedere facilmente, preferendo insistere su condizioni di scambio equilibrate e, in questa cornice, l’approccio di Trump verrà posto sotto i riflettori, costringendolo a mostrare un atteggiamento più rigoroso nei confronti dell’Unione Europea.
Le politiche tariffarie statunitensi costituiscono un tassello nell’ampio processo di aggiustamento che mira a sanare il deficit americano, ma non rappresentano l’unico strumento: Altomonte ricorda il ruolo della svalutazione del dollaro, che si configura come un meccanismo alternativo per riequilibrare la bilancia dei pagamenti e salvaguardare la sostenibilità del debito. In questo quadro, la rapidità e l’efficacia delle reazioni dei principali attori internazionali, in particolare l’Unione Europea e la Cina, saranno decisive.
Una sfida per l’Europa
L’esperto spiega come l’inevitabile necessità per l’Europa di rivedere il proprio modello di crescita diventi strategica. Se da un lato mantenere elevata la dipendenza dalle esportazioni appare sempre più costoso, dall’altro l’eliminazione delle barriere al commercio interno, che per certi versi alimentano un peso tariffario pari a oltre il 40%, risulta essenziale per affidare al sistema economico un rilancio attraverso una più incisiva politica interna. Una trasformazione strutturale, che potrebbe rappresentare una svolta nel medio termine, risulterebbe infatti in grado di contenere la pressione sulla svalutazione del dollaro e promuovere una crescita sostenuta e condivisa.
In questo contesto, il profilo di Trump assume una connotazione inusitata, venendo ridefinito come l’inaspettato mecenate di una nuova agenda politica ed economica europea, che si ispira alle direttive annunciate da Draghi. La contraddizione apparente tra la sua linea dura e il possibile impulso all’agenda interna europea si traduce, secondo Altomonte, in una paradossale opportunità per la competitività europea. L’azione americana, pur volendo rafforzare gli equilibri interstatali, potrebbe involontariamente favorire un modello che ridistribuisce il peso dall’export ai consumi e agli investimenti domestici.
Le dinamiche attuali mostrano come un equilibrio precario e transitorio possa condizionare le relazioni internazionali, suggerendo che le conseguenze a breve termine possano trasformarsi in un’occasione per una rimodulazione degli assetti economici globali, lasciando intravedere un futuro di eclettica interazione tra le potenze mondiali.