Il 14 maggio pomeriggio, mentre molti di noi scrollavano distrattamente i social, il telefono di Valeria Márquez mandava in streaming un semplice tutorial dal suo salone Blossom The Beauty Lounge, periferia di Guadalajara. Ventitré anni, un peluche appena consegnato da un corriere che corriere non era davvero, la domanda bisbigliata «Stanno arrivando?» rivolta ai follower. In meno di un minuto il salone si trasforma in scena del crimine: un uomo entra, chiede conferma del nome, spara alla testa e al torace.
Il direttore d’orchestra di quell’orrore? La videocamera che continua a girare fino a quando una dipendente la afferra con le mani che tremano. Paura pura, rumorosa, in 52 secondi di diretta che TikTok ha già rimosso ma che restano scolpiti nella memoria di chi li ha visti.
Chi era Valeria: sogni social e paure troppo concrete
Noi la conoscevamo per i reel colorati, i consigli di make-up, l’imprenditoria femminile esibita con fierezza. Classe 2001, famiglia di ceto medio, un titolo di Miss Rostro 2021 che aveva spalancato le porte dei social. Quasi duecentomila follower sommando TikTok e Instagram: abbastanza per sponsorizzazioni, abbastanza per aprire – a ventitré anni – quel piccolo salone poi diventato un punto rosso sulle mappe del crimine.
Eppure, dietro le luci dei ring-light covava il buio: storie in cui accusava l’ex compagno di minacce, post dove dichiarava di ritenerlo «responsabile di qualunque cosa possa accadere a me o alla mia famiglia». Il giorno dell’agguato, mentre aspettava un misterioso pacco “costoso”, chiedeva alla dipendente se quei visitatori volessero rapirla. Timori archiviati come paranoia? O campanelli d’allarme ignorati? Domande che pesano mentre sfogliamo le ultime immagini del suo profilo.
Indagini senza volto: piste che si incrociano, giustizia che inciampa
La procura di Jalisco ha aperto immediatamente un fascicolo seguendo il protocollo di femminicidio: prospettiva di genere impressa dall’inizio. Due uomini in motocicletta, modus operandi che ricorda le squadre dei sicarios del Cartello Jalisco Nueva Generación, ma finora nessun legame accertato con i cartelli. Un killer a pagamento, dicono gli inquirenti, forse ingaggiato per motivi personali. Dentro questa cornice resta l’ombra dell’ex partner, rimasta aperta, e quella coincidenza che fa gelare il sangue: poche ore prima, nella stessa zona, un ex deputato federale muore sotto il fuoco.
Coincidenze o fili dello stesso nodo? Il Gabinete de Seguridad – esercito, Guardia Nacional, intelligence – promette “massimo impegno”. Promesse che conosciamo fin troppo bene: spesso si sgretolano davanti al tasso di impunità che in Jalisco supera il 90 per cento. E voi, quanta fiducia avete?
Messico, dove essere donna significa camminare sul filo
I numeri urlano più delle sirene: dieci donne uccise ogni giorno, quarto posto in America Latina per tasso di femminicidio. Jalisco contribuisce con 906 omicidi da ottobre 2024 ad oggi, cifra che fa vacillare lo stomaco. Centri antiviolenza sottofinanziati, procedimenti giudiziari che si trascinano: solo un quinto dei casi termina con una condanna. Il caso Márquez arriva dopo l’assassinio di un’infermiera candidata sindaco, di una cercatrice di desaparecidos, di una ragazza rapita a Teuchitlán. Non episodi isolati ma tasselli di un mosaico di orrore normalizzato, dicono le associazioni femministe. E noi, mentre leggiamo, facciamo i conti con la nostra capacità di indignarci ancora.
L’urlo in Rete: hashtag, cordoglio, business del dolore
Pochi minuti e #JusticiaParaValeria diventa trend su TikTok e X. Creators di mezzo continente rilanciano il video – prima che sparisca – per denunciare i rischi di un’esposizione costante. TikTok chiude l’account della vittima “per fermare la diffusione delle immagini”, ma la Rete non dimentica: screenshot, clip, racconti che viaggiano più veloci delle pallottole. La famiglia chiede silenzio, gli amici organizzano una veglia nel quartiere di Zapopan, le piattaforme corrono ai ripari con l’ennesimo comunicato di circostanza. Intanto ci interroghiamo: quanto sono davvero protetti i content-creator? Quante informazioni personali regaliamo ogni giorno, ignari di chi potrebbe usare quei dati contro di noi?
Domande aperte, ferite scoperte: e adesso?
Finché non verranno identificati i due motociclisti, la morte di Valeria resterà un simbolo crudele delle crepe di un Paese che fatica a difendere le donne, online e offline. Ma non basta aspettare l’esito delle perizie balistiche per sentirci al sicuro. Dobbiamo chiederci – subito – come si tutelano i creator, quali strumenti offrire a chi denuncia violenza di genere, quanto vale davvero un like se può trasformarsi in bersaglio. Perché la diretta di Valeria non è solo un caso di cronaca nera: è lo specchio opaco di una società che guarda, commenta, scrolla e – troppo spesso – passa oltre.
Noi, qui, non vogliamo passare oltre. Vogliamo sapere chi ha premuto il grilletto, chi lo ha pagato, perché le autorità non hanno fermato le minacce prima che si facessero piombo. Vogliamo risposte, non retorica. E mentre le candele della veglia si spengono, resta acceso un monito: nessuno schermo è abbastanza luminoso da illuminare le ombre che imprigionano le donne in Messico. Valeria cercava solo di insegnare un trucco di bellezza; ha finito per svelare, al mondo intero, la faccia più brutale del nostro tempo.