Le autorità talebane hanno recentemente disposto il divieto degli scacchi in tutto l’Afghanistan, suscitando grande scalpore tra gli appassionati e la comunità internazionale. Secondo fonti ufficiali, le decisioni derivano da una forte preoccupazione legata alla possibilità che questo gioco offra terreno fertile per il gioco d’azzardo, considerato da tempo inaccettabile dalla normativa vigente.
Motivazioni religiose e legali
Durante un’intervista all’Afp, il portavoce del Dipartimento dello Sport afghano, Atal Mashwani, ha illustrato le ragioni alla base del divieto, evidenziando il delicato equilibrio tra sport e valori religiosi. Mashwani ha spiegato che, secondo i principi della sharia, il gioco degli scacchi rischia di sfociare in pratiche assimilabili al gioco d’azzardo. Nel contesto della legge sacra, la possibilità di scommesse e ricompense incontrollate comporta molteplici rischi morali e sociali. La sospensione resterà in vigore fino a quando i responsabili non affronteranno tali questioni, impedendo così lo svolgimento di eventi ufficiali legati al gioco.
Problemi strutturali e contesto sportivo
La situazione è ulteriormente complicata da problematiche interne alla federazione nazionale di scacchi, che da circa due anni non è in grado di organizzare competizioni regolamentate. Secondo quanto dichiarato dal medesimo Mashwani, i “problemi di leadership” all’interno dell’ente hanno contribuito a paralizzare le attività ufficiali del settore. Tale contesto organizza un clima di incertezza che si riflette anche nella percezione del gioco da parte dell’opinione pubblica.
In questo quadro, anche operatori economici locali hanno espresso le proprie opinioni. Azizullah Gulzada, titolare di un bar nella capitale Kabul, noto per aver ospitato numerosi eventi scacchistici nel corso degli anni, ha smentito l’accusa che gli scacchi possano essere associati al gioco d’azzardo. “Le attività svolte qui non includono scommesse, anzi: molti giovani si riuniscono per un caffè e una partita amichevole”, ha commentato Gulzada, sottolineando come lo sport sia praticato con regolarità anche in altri Paesi a maggioranza musulmana.
Impatto sull’attività giovanile e sociale
La decisione di sospendere gli scacchi in Afghanistan rispecchia una visione restrittiva che, oltre a influire sull’ambito sportivo, incide negativamente sulle opportunità di aggregazione giovanile. I giovani, spesso privi di alternative ricreative, trovavano negli scacchi uno strumento per socializzare e stimolare la mente. Il divieto rappresenta quindi una limitazione sia dal punto di vista culturale che da quello sociale, privando una parte della comunità di un’attività costruttiva e stimolante.
In passato, simili misure non sono state estranee al panorama sportivo afghano. Infatti, lo scorso anno le autorità hanno disposto il divieto di altre discipline, come le arti marziali miste (MMA), giudicate troppo aggressive e in contrasto con i princìpi della sharia. Tale decisione è stata dunque parte di un più ampio processo di definizione dei confini tra tradizione religiosa e modernità sportiva, in un Paese dove il rispetto delle norme sacre rimane un cardine imprescindibile.
Il nuovo provvedimento, dunque, si inserisce in un contesto ben preciso, dove ogni attività ricreativa viene attentamente valutata alla luce dei requisiti morali e religiosi stabiliti. La gestione dello sport in Afghanistan continua a essere un terreno complesso, dove le aspettative della società e la necessità di adeguarsi a determinati canoni etici si scontrano con il desiderio di innovazione e modernità. Rimane da vedere come si evolverà la situazione e quali saranno le future mosse in un ambiente così dinamico e fragilmente equilibrato.