Malamore: relazioni tossiche, crimine e emancipazione nel dramma di Schirru
Nel suo più recente progetto cinematografico, la regista e sceneggiatrice Francesca Schirru ha sapientemente tratto ispirazione da eventi di cronaca per dar vita a un’opera che esamina, in maniera rigorosa, le relazioni disfunzionali immerse nel contesto della criminalità organizzata, scelta che consente di accentuare la natura estrema dei legami umani rappresentati.
Prodotto da Altre Storie in collaborazione con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution, il lungometraggio Malamore propone una narrazione incentrata su Mary, interpretata da Giulia Schiavo, giovane innamorata che si trova coinvolta in un intreccio di passioni e violenze. La vicenda si complica con la presenza di Nunzio, personaggio ambiguo interpretato da Simone Susinna, il quale vive una doppia esistenza, gestendo traffici illeciti nonostante l’imminente scarcerazione. All’interno di questo dramma si inserisce anche la figura di Carmela, capoclan e moglie di Nunzio, interpretata con grande intensità da Antonella Carone.
La trama si infittisce ulteriormente quando Mary decide di interrompere il rapporto tossico e si avvicina a Giulio, nuovo insegnante di equitazione interpretato da Simon Grechi, trovando in lui la forza per cercare una via d’uscita. Nel tentativo di ostacolare questa scelta, Nunzio chiama in causa Michele, sgherro incaricato e amico d’infanzia di Mary, interpretato da Antonio Orlando, dando così origine a eventi dal sapore tragico e con esiti inaspettati.
Riflessioni sul valore e l’emancipazione
Antonella Carone ha espresso la convinzione che l’emancipazione femminile passi attraverso la capacità di superare abitudini quotidiane di autosabotaggio, quali il persistente senso di colpa derivante da una maternità mancata. Questo percorso di conquista personale, che si snoda nel contesto di una mafia pugliese, evidenzia i confini sfumati tra il bene e il male. Per l’attrice, interpretare il ruolo di Carmela ha rappresentato una sfida professionale significativa, offrendo l’opportunità di approfondire i meccanismi psicologici che regolano le relazioni tossiche, distaccandole dall’idea erronea di un amore contaminato.
L’approccio educativo e la critica dei rapporti contemporanei
In un’epoca in cui il termine “amore tossico” si è diffuso in maniera inappropriata, l’opera sottolinea la necessità di ridefinire il concetto in termini di “relazione tossica”, distinta dal sentimento autentico. Giulia Schiavo evidenzia come il senso di colpa impresso in ogni individuo rappresenti spesso un ostacolo alla conquista della libertà e del benessere emotivo. Contestualmente, Francesca Schirru ammira la possibilità di intraprendere un percorso che conduca alla piena consapevolezza del proprio valore, dissociandolo dal giudizio esterno.
La regista, dopo aver confrontato le proprie idee con il contributo di consulenti psicologici, ha compreso che una corretta educazione sentimentale, fin dalla giovane età, costituisce una base imprescindibile per l’armonizzazione dei rapporti interpersonali. Questo approccio educativo rappresenta lo strumento ideale per intervenire sulle dinamiche di violenza e incomprensione che caratterizzano le relazioni attuali.
Il cinema, in questo quadro, si profila quale veicolo imprescindibile per stimolare un dibattito sociale saldo e consapevole, capace di analizzare criticamente la diffusione della violenza di genere e i mutamenti che interessano il ruolo della figura femminile nell’industria cinematografica e oltre.

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