La Fondazione Francesca Rava e Raoul Bova a sostegno dei bambini haitiani nelle piantagioni dominicane
Le immagini idilliache che emergono interrogando i motori di ricerca sulla Repubblica Dominicana – spiagge candide, acque trasparenti, palme ondeggianti e resort esclusivi – celano una realtà ben più complessa e dolorosa. Al di là della patina turistica, si annidano storie di privazione e sofferenza, soprattutto nelle aree interne del Paese, dove le piantagioni di canna da zucchero sono teatro di condizioni di vita estremamente difficili.
La condizione degli haitiani nelle piantagioni
In queste zone, numerosi lavoratori di origine haitiana, costretti a fuggire da una nazione segnata da instabilità e violenza, trovano impiego nelle piantagioni. Tuttavia, la speranza di una vita migliore si infrange spesso contro una realtà di sfruttamento. Questi migranti, e i loro figli nati sul suolo dominicano, si ritrovano privi di documenti e di diritti fondamentali. Vengono chiamati ‘las palomas’, le colombe bianche, poiché non risultano registrati all’anagrafe e vivono come invisibili, senza accesso all’istruzione o all’assistenza sanitaria.
La Fondazione Francesca Rava – Nph Italia si adopera per offrire a queste persone un’identità e la possibilità di integrarsi nel rispetto delle norme locali, come spiega Mariavittoria Rava, presidente dell’organizzazione.
L’impegno della Fondazione Francesca Rava
All’interno della Casa Nph nella Repubblica Dominicana, che accoglie minori in difficoltà, si registra in questi giorni la presenza di un ospite d’eccezione: Raoul Bova. L’attore partecipa a un viaggio solidale organizzato in occasione del venticinquesimo anniversario della Fondazione. Mariavittoria Rava riflette su questo traguardo, sottolineando come la motivazione che ha animato la nascita della Fondazione, in seguito alla tragica scomparsa della sorella Francesca, sia rimasta intatta nel tempo. “Sento ancora la sua presenza e spero che lo stesso spirito di amore e verità continui a guidarci”, afferma la presidente.
Il coinvolgimento di Raoul Bova
La collaborazione con Raoul Bova nacque quasi per caso, come ricorda Rava: una serie di coincidenze portarono l’attore a diventare testimonial e volontario della Fondazione. Nel corso degli anni, Bova ha partecipato a diverse iniziative, tra cui un viaggio umanitario ad Haiti e il progetto ‘Ninna Ho’ contro l’abbandono neonatale. Impossibilitato a tornare ad Haiti per motivi di sicurezza, ha scelto di visitare la Repubblica Dominicana per testimoniare l’impatto delle attività della Fondazione e rafforzare il legame con i bambini sostenuti.
La realtà sociale di San Pedro de Macoris
La Casa Nph si trova a San Pedro de Macoris, in una regione caratterizzata dalla presenza di ‘bateyes’ e da condizioni di disagio estremo. I lavoratori delle piantagioni percepiscono salari irrisori, spesso inferiori a dieci dollari mensili, e affrontano gravi difficoltà nell’accesso al cibo e alle cure mediche. In questo contesto, la Fondazione si pone l’obiettivo di offrire ai minori non solo accoglienza, ma anche strumenti concreti per costruire un futuro autonomo nel proprio Paese, evitando lo sradicamento.
Numerosi ex ospiti della Casa, una volta adulti, scelgono di restituire quanto ricevuto: tra loro, un dentista che presta gratuitamente servizio nella struttura e un ex piccolo che ora lavora in un’azienda che fornisce energia elettrica alla Casa. “È un circolo virtuoso di gratitudine e solidarietà”, osserva Rava.
L’importanza dell’adozione a distanza e del volontariato
La Fondazione desidera mostrare ai sostenitori i risultati tangibili raggiunti grazie all’adozione a distanza. Il compito di Raoul Bova sarà quello di raccontare ai ‘padrini’ la quotidianità dei bambini, le loro storie e i progressi compiuti. In un’epoca segnata da crisi e conflitti, attirare l’attenzione su realtà lontane e spesso ignorate rappresenta una sfida significativa.
Il sostegno a distanza si traduce in un rapporto di affetto e stima reciproca: i bambini inviano lettere e cartoline ai loro padrini, condividendo risultati scolastici e momenti di vita. Il percorso educativo, spesso iniziato in ritardo a causa delle difficili condizioni di partenza, viene accompagnato da un costante incoraggiamento.
Durante l’estate, la Fondazione organizza campi di volontariato in cui i partecipanti collaborano con il personale locale nelle varie attività della Casa: dall’agricoltura alla cucina, dalla scuola alla mensa. Raoul Bova, come gli altri volontari, condivide la quotidianità con i bambini, partecipando attivamente alla vita della comunità.
Un modello di autosufficienza e formazione
La struttura promuove l’autosufficienza e la formazione professionale: le divise scolastiche vengono confezionate dai ragazzi più grandi, il cibo viene coltivato all’interno della Casa e le tortillas sono preparate direttamente dai bambini. Le cure mediche sono garantite da una clinica interna, con il coinvolgimento di medici locali. Ogni adozione a distanza contribuisce non solo al benessere del singolo bambino, ma anche allo sviluppo dell’intera comunità.
I volontari, animati dallo stesso spirito, trasferiscono competenze preziose: i medici affiancano i colleghi locali nell’aggiornamento professionale, mentre gli insegnanti collaborano senza mai sostituirsi, favorendo una crescita condivisa e sostenibile.
Nel corso degli anni, numerosi benefattori hanno avuto l’opportunità di incontrare personalmente i bambini che hanno sostenuto attraverso il loro impegno solidale. Esperienze di questo genere hanno coinvolto individui di ogni età, dai più giovani fino a persone in età avanzata.
Testimonianze di altruismo
Emblematico è il caso di due ottantenni che, durante il periodo natalizio, hanno scelto di lasciare temporaneamente la propria famiglia e i nipoti per recarsi ad abbracciare i loro ‘nipotini’ haitiani. Un gesto che si distingue per la straordinaria generosità e per la profondità dell’altruismo dimostrato. Anche i miei figli hanno sempre preso parte a queste esperienze, condividendo il valore di tali incontri.
Un’esperienza che trasforma
Queste iniziative insegnano che il sostegno offerto si rivolge a persone che, pur essendo identiche a noi, sono nate in contesti meno fortunati e segnati dalla povertà. Un simile percorso favorisce la nascita di un autentico rispetto verso ogni individuo, rappresentando un’esperienza capace di mutare profondamente il cuore e la visione del mondo di chi vi partecipa.
Ambasciatori del cuore
Nel corso di un quarto di secolo, è stato possibile creare una vera e propria comunità di ambasciatori del cuore, persone che si fanno portavoce di questi valori e che testimoniano con il proprio esempio la forza della solidarietà. Essi rappresentano la voce e il volto di questa missione, diffondendo un messaggio di speranza e cambiamento.

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