Addio a un Maestro del palcoscenico: l’eredità di Antonello Fassari
La notizia è arrivata così, all’improvviso, e ci ha lasciato senza parole. Probabilmente anche voi, leggendo della scomparsa di Antonello Fassari, avete sentito quel senso di malinconia che si prova quando se ne va qualcuno che abbiamo imparato ad amare nel tempo. Ma cerchiamo di raccontare, con il cuore in mano, chi era davvero Antonello Fassari e perché la sua assenza ci tocca così in profondità. Un attore romano che sapeva farci ridere e commuovere, sempre con un’energia genuina.
È venuto a mancare a 72 anni, dopo una malattia che aveva scelto di tenere in gran parte per sé. L’annuncio, diffuso da Cinemotore e poi confermato sulla sua pagina Facebook, ci ha colpito all’improvviso. Abbiamo letto un messaggio di cordoglio di Claudio Amendola: “Sarai per sempre mio fratello.” Semplice, diretto, straziante.
Un legame profondo con la famiglia de “I Cesaroni”
Noi ricordiamo soprattutto la sua interpretazione in I Cesaroni, serie che ci ha fatto sorridere e riflettere nello stesso tempo. Voi sicuramente avete ancora in testa la sua inconfondibile battuta, “che amarezza…”, diventata un piccolo tormentone. Ecco, quel personaggio, Cesare Cesaroni, ci ha conquistato perché era burbero solo in apparenza, poi si apriva come uno scrigno di sentimenti. Amendola ha spiegato che la nuova stagione, I Cesaroni – Il ritorno, era stata pensata proprio per omaggiarlo, perché sapevano tutti quanto stesse lottando contro quel male. Nonostante la dedica e la voglia di rivederlo sul set, la notizia della sua dipartita è arrivata come un pugno nello stomaco.
Verdiana Bixio, produttrice del progetto, ha confessato di aver sperato fino all’ultimo di rivederlo fra le quinte. Adesso, ci troviamo a dover accettare un vuoto che sembra impossibile da colmare.
Le radici e l’amore per Roma
Era nato a Roma, il 4 ottobre 1952, in una famiglia che sembrava distante dal mondo dello spettacolo. Suo padre, Osvaldo, era un avvocato penalista, mentre la madre, Adriana Gambardella, lo ha sempre sostenuto con amore. Nel 1975, lui si era diplomato all’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico”, stringendo poi collaborazioni importanti, come il seminario con Luca Ronconi. Questo percorso iniziale ci racconta un uomo che metteva al primo posto la formazione, il sacrificio e l’umiltà. Qualità che voi, se lo avete seguito fin dagli anni ‘70, avete percepito anche nei suoi lavori più leggeri.
Dagli esordi in radio alle risate in TV
Con il passare del tempo, si è mosso con grande agilità tra radio, teatro e televisione. Ha persino prestato la voce allo sceneggiato radiofonico I tre moschettieri. Poi si è affacciato al piccolo schermo con varietà, miniserie e partecipazioni che lo hanno fatto conoscere a un pubblico più ampio. Da I ragazzi della 3ª C a Avanzi di Serena Dandini, passando per Tunnel, Anni ’50 e Al di là delle frontiere, la sua vena ironica e autentica si è sempre fatta riconoscere. Quel senso di romanità sincera lo rendeva uno di noi, uno di voi.

È vero che la sua fama si è consolidata in TV e nel cinema, ma lui amava ripetere che il palcoscenico teatrale era la sua “casa”. Nel 2004, al festival di Todi, ha portato in scena La ricotta di Pier Paolo Pasolini, ribadendo come il contatto diretto con il pubblico fosse, per lui, essenziale. Ricordiamo come, nonostante i trionfi sullo schermo, abbia sempre voluto mantenere vivo quel filo rosso con il teatro. Era fermamente convinto che la recitazione dal vivo fosse la radice di tutto il resto.
Cinema e versatilità: drammi e commedie
Nel cinema ha interpretato ruoli intensi. Noi stessi ci siamo emozionati vedendolo in Romanzo criminale di Michele Placido, dove vestiva i panni di Ciro Buffoni, ma lo abbiamo trovato credibile anche in commedie leggere come Selvaggi di Carlo Vanzina. Forse qualcuno di voi l’ha scoperto grazie a Il muro di gomma di Marco Risi, o magari in Suburra di Stefano Sollima. Insomma, Fassari sapeva passare dal dramma alla commedia con una disinvoltura che pochi hanno.
Nel 2024, anno che ormai ci sembra vicinissimo, ha partecipato a Flaminia, il debutto registico di Michela Giraud, e a Il tempo è ancora nostro di Maurizio Matteo Merli. E poi c’è quella piccola curiosità del 2000, quando si è messo alla prova come regista con Il segreto del giaguaro, film interpretato dal rapper Piotta.
La parentesi musicale e l’orgoglio giallorosso
Non tutti ricordano che, nel 1984, aveva inciso il brano rap Romadinotte, con base di Lele Marchitelli, Danilo Rea e Pasquale Minieri. Lo stile un po’ scanzonato e l’abbigliamento bianco stile Tony Manero ci fanno ancora sorridere, ripensandoci ora. E poi c’era la sua passione calcistica: tifava AS Roma senza nascondere la sua fede. Nel 2020, ha ricevuto un premio al “Premio Sette Colli Romanisti”, un riconoscimento speciale per chi porta alto l’onore della capitale.
Problemi di salute e vita privata
Era stato sposato dal 1982 al 2005 e aveva una figlia. Qualche volta raccontava di aver sofferto di ansia e depressione, soprattutto dopo la fine del matrimonio. Aveva anche disturbi cardiaci, legati all’angina. Lo stesso Claudio Amendola ha parlato di una “malattia bastarda” che, purtroppo, non gli ha dato scampo. E ora, nel ricordarlo, proviamo tutti un senso di nostalgia.
Vi invitiamo, nel vostro cuore, a portare avanti il suo esempio di dedizione e passione. Noi continueremo a sorridere di fronte alle sue battute taglienti, che ci regalava con quella voce inconfondibile. Non possiamo negare che, fra i tanti artisti passati sullo schermo, lui avesse un calore speciale. Ci ha insegnato che la semplicità può essere la via più diretta per toccare le corde dell’anima. Addio, Antonello. Ti dedichiamo un ultimo applauso, con la speranza che, da qualche parte, tu possa borbottare quella frase che, oggi, ci sembra ancora più significativa: “che amarezza…”.

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