Val Kilmer, l’eco ribelle di Hollywood: un viaggio tra talento, tormenti e coraggio
Innanzitutto, ci teniamo a condividere con voi un percorso personale attraverso i ricordi e l’impatto emotivo lasciato da Val Kilmer, scomparso il 1° aprile 2025 a Los Angeles. Aveva 65 anni ed è stato portato via da una polmonite. Non lo diciamo per creare clamore, ma per rendere omaggio a un attore che, tra picchi di fama mondiale e momenti di profonda solitudine, ha segnato un’epoca.
Noi ce lo ricordiamo bene. Val, cioè… lui era Iceman, e quando eravamo ragazzi guardavamo Top Gun e dicevamo: «Ma dai, guarda che tipo!». Era quello che ti faceva venire voglia di sfidare chiunque, quello che ti faceva sentire vivo, un po’ ribelle, anche solo stando lì seduti al cinema. Poi passano gli anni, tanti anni, e lo rivediamo in Top Gun: Maverick. Ed era sempre lui, sì, ma con qualcosa che ti spezzava dentro. La voce bassa, eppure, così piena di forza, di vita vera, di chi ha lottato davvero.
Non era solo un ruolo, no, era lui che ti parlava direttamente, piano piano, al cuore. E gli occhi… quegli occhi, ragazzi, lo sappiamo tutti che quegli occhi dicevano molto di più delle parole. Un misto di tristezza, sì, ma anche una scintilla che era pura energia. E noi lì, davanti a quel grande schermo, con il cuore che andava avanti e indietro, pensando: «Ma guarda questo uomo, guarda cosa è riuscito a fare nonostante tutto.» Ecco, noi Val ce lo portiamo dentro così, imperfetto, vero, umano fino all’ultimo respiro.
Le radici di un talento (tra teatro e tragedie familiari)
Val nasce a Los Angeles, fine dicembre, proprio l’ultimo giorno del ’59. Famiglia un po’ di qua e un po’ di là: scozzesi, irlandesi, svedesi, tedeschi… una miscela bella intensa. Però non è stato facile, no. L’infanzia non era quella da cartolina che uno sogna. Prima mamma e papà che si separano, lui che era solo un ragazzino…
E poi il colpo più forte, il fratello Wesley che se ne va a quindici anni, annegato. Una botta tremenda, di quelle che non vanno più via. E lui lo diceva sempre, ce lo ripeteva spesso, che quel dolore se lo portava dentro, appiccicato addosso, come una cicatrice invisibile che ti ricorda ogni santo giorno cosa vuol dire perdere qualcuno che ami davvero.

Eppure qualcosa in lui lo spinse a combattere. Da giovanissimo entrò alla Juilliard School, uno dei santuari dello spettacolo, e fu il più giovane studente ammesso al corso di arte drammatica. Sì, un record che ci fa capire la serietà e la passione con cui il giovane Val coltivava la sua vocazione. Quel periodo trascorso a studiare recitazione e, in particolare, l’uso della voce, è stato fondamentale per forgiare il suo stile potente e autentico.
Dal palcoscenico alle luci di Hollywood
Al cinema si presentò per la prima volta nel 1984 con la commedia Top Secret!, una parodia delirante che lo vide nei panni di un cantante rock, Nick Rivers. Vi ricordate quelle scene buffe, al limite dell’assurdo? Eppure l’aspetto curioso è che Kilmer incise davvero i brani del film, arrivando perfino a pubblicare un disco che ricalcava il nome del suo personaggio. L’anno successivo lo vedemmo in Scuola di geni, ma fu il 1986 a spalancargli le porte del successo con Top Gun. Il tenente Tom “Iceman” Kazansky, rivale del “Maverick” di Tom Cruise, diventò un’icona. Quel film portò a casa oltre 300 milioni di dollari e rese Kilmer famoso in tutto il mondo.
Batman, Jim Morrison e l’ascesa negli anni Novanta
Il volto di Kilmer non rimase incollato soltanto alle pellicole di aviazione. Nel 1991 fu scelto da Oliver Stone per The Doors, interpretando Jim Morrison in maniera così intensa da far confondere la sua voce con quella del vero frontman. In molte interviste, i membri superstiti dei Doors faticavano a distinguere chi stesse cantando, a dimostrazione dell’impegno quasi ossessivo che l’attore metteva nello studio di ogni ruolo.
Poi, di nuovo un successo mainstream: Batman Forever (1995). Per una sola volta indossò il mantello del Cavaliere Oscuro, incantandoci con un’interpretazione discussa ma carismatica. Nello stesso anno, la sua presenza in Heat – La sfida a fianco di Al Pacino e Robert De Niro lo consacrò come uno dei volti più emblematici di Hollywood. Eppure, non dimentichiamo i personaggi di Willow (1988), dove conobbe Joanne Whalley, che divenne sua moglie e madre dei suoi due figli, Mercedes e Jack. Quel matrimonio durò dal 1988 al 1996, lasciando un segno importante, nonostante la successiva separazione.
L’altra faccia di Kilmer: l’“antidivo” che sfuggiva alle regole
In un decennio, Kilmer passò dall’essere uno dei nomi più chiacchierati a una presenza definita ingombrante sui set, per via del suo carattere ritenuto complesso. Certe voci di corridoio riferivano di litigi con i registi e momenti di isolamento. Forse era un’espressione della sua natura fragile e controcorrente, un desiderio di difendere una visione artistica personale a costo di apparire scontroso.
Gli studios non sempre perdonano questi atteggiamenti e l’agente di Kilmer ricevette meno telefonate con il passare degli anni. Eppure in Italia lo ricordiamo con affetto per la sua partecipazione ai Telegatti del 1999. Premiò Paola Barale e scherzò sul palco con Milly Carlucci e Pippo Baudo. Disse di sentirsi timido e di ammirare Roberto Benigni. Forse fu un lampo di normalità in un uomo che, al di là dei riflettori, sceglieva spesso una via tutta sua.
L’ombra della malattia e il colpo di reni in Top Gun: Maverick
Ecco, arriva quel momento in cui le cose belle cominciano a scivolare via. Val, che aveva sempre sfidato tutto e tutti, si trova davanti qualcosa che lo mette in ginocchio. Tumore alla gola, 2014. Una parola terribile, “tumore”. Fa paura dirla, figuriamoci viverla. Lui prova a fingere un po’, prova a dire «è tutto a posto», ma poi no, deve ammettere che è dura, durissima. C’è quel respiro che manca, la voce che si spezza, la tracheotomia che lascia segni visibili e invisibili. E poi arriva una telefonata.
È Tom Cruise, che gli dice di tornare. E Val dice subito sì, sì col cuore, perché non importa se la voce è quasi andata, lui vuole esserci ancora. In quella scena lì, dove parla con un filo di voce e quelle parole scritte su un monitor, beh, ci ha spezzato in mille pezzi. Era lui, l’artista vero, quello che ci parla anche quando non riesce quasi a dire nulla. Era un addio, sì, al personaggio, certo. Ma dentro c’era molto, molto di più. Era Val che salutava sé stesso, che salutava noi, con tutto quello che gli era rimasto dentro.
L’ultima immagine di un guerriero stanco
In pubblico, non compariva quasi più dal 2019, quando partecipò a un evento della TwainMania Foundation. La fatica e i segni evidenti della malattia vennero poi raccontati nel documentario Val (2021), presentato a Cannes, dove si vedeva il suo respiro sostenuto da un tubo e l’energia ridotta a un filo. Ci è rimasto un senso di ammirazione mista a malinconia, vedendolo resistere con dignità.
Un’eredità che non si spegne
Le interpretazioni di Kilmer spaziano da Tombstone a Il Santo, da Spiriti nelle tenebre a Kiss Kiss Bang Bang. Era un artista duttile che sapeva passare da ruoli iconici ad altri più sperimentali. La sua morte, arrivata per polmonite, ci ha colpiti perché, nonostante i problemi di salute, non avevamo percepito un peggioramento tanto repentino. Se n’è andato senza clamori, in un giorno qualunque, lasciandoci però con un bagaglio di personaggi memorabili e la fama di un uomo che, alle regole di Hollywood, preferiva il suo istinto.
Riflettiamo: la sua carriera non è stata lineare, ha avuto i suoi alti e bassi, eppure oggi scopriamo di provare un affetto sincero per questo attore che chiamavano “antidivo”. Nel bene o nel male, ha sempre difeso le sue idee, regalando momenti di grande intensità emotiva a chi guardava i suoi film. Forse tutto questo lo rende tanto vicino a noi.
“Hai insegnato a non arrenderci nemmeno quando la voce trema. Grazie, Val, per averci mostrato che il coraggio non è un ruolo, ma un modo di essere.” (Junior Cristarella)

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