Erdogan e la deriva autoritaria in Turchia: un bivio cruciale
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sfruttando un contesto di permissività internazionale, sembra avanzare ulteriormente verso un consolidamento del proprio potere in senso autoritario. La recente incarcerazione di Ekrem Imamoglu, considerato l’unico politico dell’opposizione in grado di sfidare e potenzialmente sconfiggere Erdogan e il suo partito Akp, rappresenta un chiaro segnale in questa direzione. Secondo Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), la situazione attuale pone la Turchia di fronte a un bivio fondamentale, lasciando aperta la domanda se si sia ormai oltrepassata una linea rossa invisibile che potrebbe segnare il punto di non ritorno per il Paese.
Tocci sottolinea che ci troviamo di fronte a due possibili scenari: da un lato, il rischio che la Turchia scivoli definitivamente verso un sistema autoritario; dall’altro, la possibilità che Erdogan abbia compiuto un passo troppo azzardato, aprendo forse la strada a un declino del proprio regime. Tuttavia, per comprendere appieno le mosse del leader turco, è necessario analizzare il contesto geopolitico oltre i confini nazionali.
Il panorama internazionale appare particolarmente favorevole a Erdogan per due ragioni principali. In primo luogo, gli Stati Uniti, nel pieno di un possibile cambio di regime interno, sembrano meno inclini a preoccuparsi della deriva autoritaria della Turchia, soprattutto sotto l’influenza dell’ex presidente Donald Trump. In secondo luogo, la guerra in Ucraina e il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa hanno creato un vuoto che Erdogan sta abilmente sfruttando, offrendosi come partner strategico per la sicurezza europea. Questo gli garantisce una certa leva politica nei confronti dei paesi europei, che, pur condannando le sue azioni interne, tendono a chiudere un occhio per questioni di convenienza geopolitica.
A contribuire ulteriormente a questa situazione è il panorama politico interno. Mentre l’ex leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, del Chp, non rappresentava una reale minaccia elettorale per Erdogan, Imamoglu, secondo i sondaggi, è l’unico avversario capace di prevalere su di lui in una competizione presidenziale. Questo spiega la crescente pressione esercitata contro di lui. Nel frattempo, Erdogan non solo intende ricandidarsi, ma vuole anche promuovere una modifica costituzionale che gli consenta di farlo, consolidando ulteriormente il suo potere.
Secondo Tocci, il rischio concreto è che la Turchia, già in una fase di graduale scivolamento verso l’autoritarismo, possa trasformarsi in un sistema pienamente autoritario, simile a quello russo. Tuttavia, le sue azioni stanno generando una reazione significativa all’interno del Paese. Per molti cittadini turchi, la questione è ormai una lotta esistenziale per la sopravvivenza della democrazia.
Resta da capire quale sarà l’esito di questa situazione. Tocci ricorda che non è possibile prevedere se questa ondata di proteste seguirà il destino delle manifestazioni del Gezi Park del 2013, che furono represse con successo da Erdogan, oppure se questa volta il leader turco abbia oltrepassato un limite che potrebbe segnare l’inizio del suo declino. La risposta a questa domanda sarà cruciale per il futuro politico della Turchia.
Cerchi qualcosa in particolare?
Pubblichiamo tantissimi articoli ogni giorno e orientarsi potrebbe risultare complicato.
Usa la barra di ricerca qui sotto per trovare rapidamente ciò che ti interessa. È facile e veloce!