Orrori d’altri tempi, come l’analog horror ci trascina dentro l’incubo
Sembra quasi di respirare polvere e segnali disturbati, come se qualcosa si fosse appena intrufolato attraverso lo schermo. È un pensiero che ci mette i brividi, vero? Noi ci siamo ritrovati a fissare queste atmosfere vintage e a domandarci: che cos’hanno di tanto magnetico gli horror analogici? Perché film come Late Night with the Devil ci afferrano lo stomaco e non ci lasciano andare?
Vogliamo parlarne insieme a voi, senza troppi giri di parole. Abbiamo visto arrivare di recente su Prime Video questo film di Colin e Cameron Cairnes, un fenomeno curioso nel 2024. Sul serio: all’inizio eravamo scettici, poi abbiamo acceso la TV e ci siamo ritrovati catapultati nella notte di Halloween del 1977, dentro l’ultimo episodio di uno show paranormale andato tragicamente storto. Padroni di casa: il fittizio Night Owls with Jack Delroy, condotto da Jack Delroy (interpretato da David Dastmalchian). Qualcosa è successo durante quella diretta. Qualcosa di inspiegabile. E adesso noi ci ritroviamo con quei filmati che sembrano usciti da una vecchia scatola polverosa, graffiati eppure così vivi.
Il mistero di un sottogenere affascinante
Late Night with the Devil si inserisce nel found footage, quel filone che costruisce la tensione attorno a registrazioni (audio o video) apparentemente ritrovate. Non so voi, ma noi amiamo questo tipo di narrazione. Ti dà la sensazione che qualcuno abbia montato alla buona ciò che resta di una storia più grande, mai del tutto compresa. Bobine, VHS, file digitali corrosi dai bit, insomma frammenti di un racconto spaventoso. C’è un che di inquietante e familiare al tempo stesso in tutto questo.
Oggi viviamo immersi in un flusso infinito di informazioni, eppure ci sentiamo come se ci mancasse sempre un pezzo. Questi materiali, messi insieme come un puzzle privo di istruzioni, riflettono proprio tale smarrimento: sappiamo che ci manca qualcosa, ma non lo vediamo bene. O forse non abbiamo il coraggio di guardarlo a fondo.
L’anima analogica: un tuffo nelle vecchie TV
Un passo più in là troviamo l’analog horror, costola inquietante del found footage. Il suo biglietto da visita? Qualità bassa, distorsioni video, glitch, rumori audio disturbanti. Immaginate i programmi televisivi degli anni Settanta, con i loro colori sbiaditi e le interferenze, mixati a messaggi criptici che compaiono improvvisamente in sovrimpressione. Un orrore che si insinua, talvolta, senza ricorrere a grandi spaventi saltando fuori dallo schermo.
Pare quasi di affondare in un sogno sporco. O in un incubo. L’analog horror non si limita a farci paura per le immagini, ma ci sbatte in faccia il nostro rapporto di amore e dipendenza dalla tecnologia. Siamo circondati da video di alta qualità, da streaming perfetti, eppure quando vediamo linee tremolanti e colori sfasati ci sentiamo più a disagio che mai.
Andare a fondo: creepypasta e Backrooms
Avete mai sentito parlare di creepypasta? Sono storie brevi, cresciute su forum come 4chan. Racconti dell’orrore scritti per incutere timore, tramandati da utente a utente, rielaborati fino a diventare leggende virtuali. Da lì sono nati personaggi come Slender Man, quell’oscura figura slanciata e inquietante che ha finito per ispirare videogiochi e addirittura un film.
Poi ci sono le Backrooms, nate sempre online, che evocano stanze giallastre e infinite, prive di uscita. Spazi liminali, desolanti e deserti, colmi di un silenzio che ci fa girare la testa. Quando vediamo quelle pareti gialle e sentiamo il ronzio dei neon, quasi ci manca il respiro. È l’idea di poterci cadere dentro per errore, e non uscire più, a gelarci il sangue.
Da No Through Road a Local 58: i pionieri dell’orrore in Rete
In questo viaggio, abbiamo scoperto progetti amatoriali come No Through Road, una webserie inglese creata da un diciassettenne nel 2009, o Local 58, lanciata nel 2015 e incentrata su trasmissioni televisive locali interrotte da segnali spaventosi. Questi esperimenti hanno aperto la strada a titoli più noti, come The Mandela Catalogue, The Walten Files o la webserie Backrooms, sbocciata nel 2022. Quest’ultima è arrivata a coinvolgere perfino la casa di produzione A24 per una trasposizione cinematografica.
Viene da sorridere, eppure è tutto così serio. Queste opere, generate sul web, creano reti di appassionati. Ragazzi e ragazze che si scambiano teorie e alimentano universi narrativi in continua espansione. Un frammento di video distorto diventa l’occasione per immaginare un intero mondo.
Cinema e serie TV conquistate dal brivido d’annata
Naturalmente, il cinema non è rimasto a guardare. Archive 81 – Universi alternativi, uscita su Netflix nel 2022, ha messo in scena vecchi nastri segnati da presenze maligne e universi che si compenetrano. Skinamarink (2022) ha mostrato riprese casalinghe in stile VHS, con inquadrature di corridoi bui e bambini sussurranti, pronte a toglierci il sonno. È un orrore che punta sul non detto e sui vuoti di senso.
C’è chi, come il grande David Lynch, aveva già annusato tutto: Inland Empire (2006) fu realizzato con telecamere digitali a bassa definizione, tra squarci surreali e stravolgimenti narrativi. Nessuna chiarezza, nessuna direzione precisa. Solo la sensazione di perdersi in un groviglio di visioni frammentate.
Una ribellione alle certezze
Noi sentiamo che l’analog horror funziona così bene proprio perché scardina la nostra fame di certezze. In un mondo in cui possiamo vedere di tutto, questi filmati “sporchi” e incompleti ci mettono di fronte a zone d’ombra impossibili da spiegare. Usano la nostra stessa tecnologia per ribaltare la fiducia che riponiamo nello sguardo. Ci ricordano che non sempre comprendiamo ciò che guardiamo.
Forse è per questo che Late Night with the Devil ci fa tremare. Forse ci seduce l’idea di scoprire cosa si nasconde sotto la statica, come se un demone potesse prendere possesso dei nostri apparecchi in ogni momento. Siamo dentro stanze sconosciute, a un passo da mondi paralleli. E ci piace averne paura, almeno un po’.
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