Come difendersi e perché non dobbiamo mai abbassare la guardia…
Ci sentiamo quasi increduli nel raccontarvi questa storia. Perché, sapete, quando pensiamo a un monastero di clausura, immaginiamo silenzio, raccoglimento e – soprattutto – fiducia reciproca. Ma in Abruzzo, nel cuore di Tagliacozzo, alcune suore benedettine hanno visto svanire 2.700 euro destinati ai dolci pasquali. Sì, esatto, soldi che servivano a comprare ingredienti e utensili, rubati con un banale inganno telefonico. Forse state già storcendo il naso, chiedendovi come sia possibile. Ce lo siamo chiesti anche noi.
Come è iniziato tutto
A volte ci convinciamo che le truffe accadano solo agli ingenui. Eppure, nel monastero benedettino, la responsabile è una madre badessa che ha alle spalle un passato bancario. Ha gestito mille conti e conosce bene le procedure finanziarie, eppure, in un attimo, ha ceduto alla finta voce rassicurante di una donna che si è presentata come dipendente comunale. Quella stessa donna ha parlato di un ipotetico “contributo regionale” per i lavori di manutenzione del tetto, assicurando che sul conto del convento fossero stati erroneamente versati 32.700 euro invece dei 30.000 previsti.
L’inganno: tra postepay e istruzioni sospette
Non so voi, ma noi ci sentiremmo nervosi se qualcuno chiedesse di restituire una somma in eccesso ricaricando una postepay. Eppure la sedicente impiegata comunale sapeva recitare bene. Ha perfino passato il telefono a un uomo che si fingeva direttore di banca, spingendo la badessa a completare il versamento. Dicevano: “Rimettete questi 2.700 euro sulle nostre coordinate, poi passate in Comune con la ricevuta.” Sembrava tutto molto diretto e forse, un po’ troppo concreto per essere una manovra losca. Ma la suora, convinta dalla formalità di quelle istruzioni, ha ritirato i contanti conservati per le spese di Pasqua e li ha trasferiti senza indugio.
La scoperta del raggiro
Subito dopo il versamento, le suore si sono presentate in municipio, pronte a consegnare la ricevuta. Lì, la segretaria comunale è rimasta sbalordita. Non sapeva nulla di contributi extra da restituire. In pochi minuti, il puzzle è venuto a galla: erano state ingannate. I carabinieri di Tagliacozzo, guidati dal comandante Giovanni Di Girolamo, hanno confermato che i truffatori si erano mossi in modo veloce e studiato, tanto da rendere impossibile il blocco immediato del versamento.
Perché la cifra era così importante
Vi domanderete: “E ora, come fanno le suore?”. Quei 2.700 euro non erano un piccolo extra, bensì la base per acquistare gli ingredienti destinati ai dolci di Pasqua. Nel monastero, la produzione di dolci e altri prodotti artigianali è il sostentamento principale. Perdere quei fondi significa dover riorganizzare tutto, rallentare gli acquisti e in definitiva, subire un danno economico consistente. La comunità locale si è subito attivata con una raccolta fondi, mossa da solidarietà e affetto. Una gara di aiuti che, almeno in parte, lenisce il senso di impotenza.
Il paradosso di un incontro anti-truffa
Sapete che in paese, pochi giorni prima, i carabinieri avevano tenuto un incontro aperto a tutti, su come riconoscere i raggiri telefonici? Sembra uno scherzo del destino. Quelle stesse suore, che vivono un’esistenza riservata, sono finite lo stesso nelle mani di criminali senza scrupoli. Evidentemente, le strategie usate dai truffatori si fanno sempre più convincenti. Tra l’altro, un’anziana signora era già caduta in un inganno simile, consegnando denaro e gioielli a un impostore che si spacciava per carabiniere.
L’appello del sindaco e le raccomandazioni dei carabinieri
In un comunicato, il sindaco di Tagliacozzo, Vincenzo Giovagnorio, ha sottolineato che nessun ente pubblico chiede restituzioni di denaro tramite telefonate o versamenti urgenti su conti anonimi. Vale la pena ricordare: se qualcuno vi contatta con urgenza o con toni minacciosi, meglio interrompere e rivolgersi direttamente agli uffici ufficiali. I carabinieri lo ribadiscono: mai fornire dati bancari, codici personali o effettuare operazioni di rimborso su carte precaricate se non si è certi dell’interlocutore.
Il senso di questa storia
Forse ci sentiamo tutti un po’ vicini a queste suore. Viviamo in un mondo dove la fiducia viene calpestata con troppa leggerezza. Ma la loro decisione di rendere pubblica la vicenda, mostrando i dettagli del raggiro, è preziosa: mette in guardia noi tutti. Speriamo che questa testimonianza possa evitare nuovi episodi simili. D’altronde, nessuno è immune a una voce convincente, anche chi ha un passato da impiegato bancario.
Ricordiamolo: non è debolezza. È che i truffatori studiano bene le loro mosse. Prevenire certi episodi richiede uno sforzo collettivo. Noi ci sentiamo di dire che più si diffondono queste storie, più sarà difficile per i malintenzionati colpire ancora. E voi? Vi siete mai fermati un momento a riflettere su quante volte vi siete fidati di una telefonata? Non è paranoia, è prudenza. Restiamo vigili, insieme.