Un batterio straordinariamente resistente ai farmaci ha sviluppato un’arma innovativa per sopraffare i suoi rivali: la capacità di produrre un composto simile a un antibiotico, capace di eliminare efficacemente altri microrganismi potenzialmente concorrenti. Questo avanzato adattamento genetico garantisce al batterio un vantaggio evolutivo significativo, permettendogli di annientare i suoi “parenti” e consolidare saldamente la propria posizione come ceppo dominante all’interno dell’ambiente.
La scoperta di questa straordinaria abilità è il frutto di uno studio approfondito condotto da un gruppo di scienziati della Scuola di medicina dell’Università di Pittsburgh. Analizzando i dati raccolti negli ospedali locali, i ricercatori hanno confermato che si tratta di un fenomeno di portata globale, con implicazioni potenzialmente vaste. I risultati dello studio, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Microbiology, aprono nuove prospettive nello sviluppo di terapie innovative contro alcuni dei batteri più pericolosi e difficili da trattare. Inoltre, la ricerca ha dimostrato l’efficacia di un sistema tecnologico all’avanguardia, sviluppato in collaborazione con Upmc, che combina sequenziamento genomico e algoritmi avanzati per monitorare e identificare rapidamente i focolai di infezioni. Questo strumento rappresenta un passo avanti significativo nella gestione delle malattie infettive.
Il team di scienziati è impegnato in un monitoraggio costante dei patogeni che si diffondono negli ambienti ospedalieri, minacciando la salute dei pazienti. Secondo Daria Van Tyne, professore associato di medicina nella Divisione Malattie Infettive della Pitt, l’analisi dei dati ha messo in luce profonde trasformazioni genetiche in uno dei batteri più complessi da combattere. Il sistema Enformed Detection System for Healthcare-Associated Transmission (Eds-Hat) utilizza informazioni genetiche per prevedere e prevenire in tempo reale la diffusione dei focolai, offrendo una strategia proattiva nel controllo delle infezioni. Tuttavia, i dati analizzati dal sistema hanno fornito anche una cronistoria dettagliata dell’evoluzione dei batteri, rivelando dinamiche sorprendenti.
Emma Mills, dottoranda in microbiologia e immunologia, ha orientato la sua ricerca sull’Enterococcus faecium resistente alla vancomicina (VREfm), un batterio particolarmente temibile per la sua capacità di resistere al potente antibiotico vancomicina. Questo microrganismo, che rappresenta una grave minaccia soprattutto per i pazienti immunocompromessi, è associato a un tasso di mortalità del 40% tra gli infetti. Attraverso l’analisi delle sequenze genomiche di 710 infezioni ospedaliere registrate dal sistema Eds-Hat in un periodo di sei anni, Mills ha osservato una drastica riduzione della diversità dei ceppi: da otto varianti distribuite uniformemente nel 2017, si è passati a due ceppi dominanti che hanno rapidamente preso il sopravvento, risultando prevalenti nel 2022.
L’analisi ha rivelato che questi ceppi dominanti hanno sviluppato la capacità di produrre batteriocina, un potente antimicrobico naturale che i batteri utilizzano per eliminare i rivali e garantirsi un accesso esclusivo alle risorse disponibili. Questa caratteristica ha permesso ai ceppi di sopprimere efficacemente i concorrenti, monopolizzando le risorse nutrizionali e massimizzando la loro capacità riproduttiva. Mills ha poi ampliato la sua indagine, utilizzando una vasta banca dati globale contenente oltre 15.000 genomi di VREfm raccolti tra il 2002 e il 2022, scoprendo che questo fenomeno è ampiamente diffuso su scala globale.
“Non mi aspettavo un risultato così sorprendente”, ha dichiarato Mills, evidenziando come i ceppi dominanti, una volta introdotti in ambienti ospedalieri, riescano rapidamente a prevalere sui loro simili presenti nell’intestino dei pazienti. “È un chiaro esempio di ‘elimina i tuoi simili per sfruttare al meglio le loro risorse’, un comportamento che abbiamo osservato in molteplici contesti.”
Secondo Van Tyne, sebbene questa scoperta non abbia immediati risvolti clinici – i ceppi dominanti non sembrano causare sintomi più gravi rispetto ai loro predecessori – potrebbe rappresentare un punto di svolta per il futuro. La riduzione della diversità genetica tra i ceppi resistenti potrebbe facilitare lo sviluppo di nuove terapie mirate, incluse quelle basate sui fagi, virus capaci di attaccare selettivamente i batteri. Inoltre, l’idea di sfruttare le batteriocine come strumenti terapeutici apre un nuovo e promettente campo di ricerca, che potrebbe rivoluzionare il trattamento delle infezioni batteriche più complesse.