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Consiglio Ue, oggi il summit su difesa e riarmo. Von der Leyen: “Giorni decisivi”  

“Questi sono giorni decisivi per l’Europa. Abbiamo un’agenda fitta per il Consiglio Europeo”. Così la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, a margine del prevertice del Ppe a Bruxelles. Riarmo, difesa Ue e Ucraina al centro del summit europeo di oggi.

“Naturalmente – aggiunge – discuteremo dell’Ucraina, di come arrivare finalmente a una pace giusta. Ma siamo sfidati nella nostra competitività e siamo sfidati nella nostra agenda sulla sicurezza. Quindi, il tema della competitività sarà importante per questo Consiglio Europeo”. Inoltre, “Readiness 2030, il Libro bianco, il nuovo piano per la sicurezza saranno anche al centro della discussione che avremo oggi”.

Von der Leyen ha intanto partecipato presso l’Europa Building di Bruxelles alla riunione di coordinamento sul tema delle migrazioni, co-presieduta da Italia, Paesi Bassi e Danimarca.

Intanto, secondo quanto si apprende, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato al pre-vertice di Ecr prima dell’inizio dei lavori del Consiglio europeo. La leader di Fdi ha incontrato in albergo il premier ceco Petr Fiala, l’omologo belga Bart De Wever e l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, presidente dei Conservatori e riformisti europei.

Prima di partire per Bruxelles la premier è intervenuta alla Camera, scatenando la bagarre tra le opposizioni. Ieri infatti Meloni ha infiammato l’Aula di Montecitorio criticando alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, considerato uno dei testi fondanti dell’Unione europea: “Non è la mia Europa”, ha dichiarato.

Le tensioni hanno raggiunto l’apice con le proteste del Pd, tanto da costringere la presidenza a sospendere la seduta per ben due volte. Dopo aver illustrato al Senato la linea che il governo porterà al summit Ue, Meloni si è presentata per le comunicazioni ufficiali. Nel suo intervento, ha ribadito i punti chiave del discorso tenuto il giorno prima a Palazzo Madama: la necessità di mantenere unito il fronte occidentale e l’urgenza di trovare una soluzione al nodo dei dazi, per scongiurare una guerra commerciale con gli Stati Uniti che rischierebbe di penalizzare ulteriormente l’Italia.

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Esteri

La Cina potrebbe unirsi alle forze di peacekeeping in Ucraina

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La possibilità che la Cina possa schierare proprie forze di peacekeeping in Ucraina sta emergendo come scenario concreto, qualora si raggiungesse un accordo tra Kiev e Mosca per porre fine al conflitto in corso. Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Welt Am Sonntag, tali informazioni provengono da fonti diplomatiche europee ben informate sulla questione.

Fonti europee hanno sottolineato che l’eventuale partecipazione della Cina a una cosiddetta “coalizione dei volenterosi” potrebbe rappresentare un elemento determinante per aumentare l’accettazione, da parte della Russia, della presenza di truppe destinate al mantenimento della pace sul territorio ucraino. Tuttavia, questa prospettiva viene descritta come una questione estremamente “delicata”.

La Russia, infatti, si è spesso dichiarata contraria alla presenza di forze di peacekeeping europee in Ucraina. Tuttavia, nelle scorse settimane, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato che il leader russo Vladimir Putin potrebbe non opporsi all’eventuale presenza di soldati europei, ma solo dopo la formalizzazione di un accordo di pace per porre termine al conflitto. Questo tema, però, non è stato più affrontato nelle dichiarazioni successive del presidente americano, nemmeno dopo la recente telefonata con Putin avvenuta all’inizio della settimana, durante la quale è stato concordato un cessate il fuoco parziale, con l’impegno a fermare gli attacchi contro le infrastrutture energetiche.

Nel frattempo, è stato confermato che il prossimo giovedì, 27 marzo, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sarà presente a Parigi per prendere parte alla riunione della Coalizione dei volenterosi, un incontro incentrato sulla pace e sulla sicurezza in Ucraina.

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Esteri

Trump annuncia il caccia di sesta generazione: l’F-47

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Il presidente Donald Trump ha ufficializzato lo sviluppo di un nuovo jet di ultima generazione, designato come F-47, destinato a rivoluzionare il settore aeronautico militare. “Gli Stati Uniti saranno i primi al mondo a disporre di un caccia di sesta generazione”, ha dichiarato dal prestigioso Studio Ovale. Secondo il leader americano, questo progetto non avrà eguali a livello globale, grazie a caratteristiche uniche come una velocità e una manovrabilità senza precedenti, oltre a dotazioni tecnologiche all’avanguardia. “Il contratto, assegnato dopo una competizione serrata, è stato vinto da Boeing”, ha aggiunto.

Descrivendo le qualità del nuovo velivolo, Trump ha affermato: “L’F-47 rappresenterà il picco tecnologico in termini di modernità e letalità. Siamo convinti che sarà di gran lunga più potente di qualsiasi altro aereo sviluppato da altre nazioni”. Il presidente ha inoltre sottolineato che il jet sarà dotato di tecnologia Stealth, rendendolo praticamente invisibile ai radar nemici. “Ci auguriamo di non doverlo mai utilizzare, ma dobbiamo essere pronti. Se sarà necessario, i nostri avversari non capiranno nemmeno cosa li ha colpiti”, ha precisato.

Trump ha poi annunciato che una nuova flotta di F-47 sarà pronta nei prossimi due anni. “La produzione è in una fase avanzata, con gran parte delle componenti già realizzate. Tuttavia, non possiamo rivelare dettagli sul costo, poiché ciò fornirebbe indizi sulle specifiche tecniche e sulle dimensioni dell’aereo”, ha spiegato con cautela.

Infine, il presidente ha rivelato l’enorme interesse internazionale nei confronti del progetto: “I nostri alleati ci contattano continuamente per acquistare il caccia. Alcuni potranno ottenere una versione con capacità ridotte del 10%, il che è una scelta sensata. Del resto, un giorno potrebbero non essere più nostri alleati…”

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Esteri

La Corte Suprema di Israele sospende il licenziamento del capo dello Shin Bet

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In Israele, la Corte Suprema ha deciso di sospendere temporaneamente la destituzione di Ronen Bar, attuale capo dello Shin Bet. Questo provvedimento resterà in vigore fino a quando non verrà convocata un’udienza per esaminare le opposizioni alla rimozione del dirigente dall’incarico.

A seguito della decisione della Corte, la procuratrice generale israeliana, Gali Baharav-Miara, ha comunicato al primo ministro Benjamin Netanyahu che gli è formalmente vietato procedere alla nomina di un nuovo capo dello Shin Bet o avviare colloqui preliminari in merito.

In una nota ufficiale, la procuratrice ha sottolineato il divieto di adottare qualsiasi iniziativa che possa compromettere la posizione di Ronen Bar. Tuttavia, questa posizione ha posto la stessa Baharav-Miara al centro di polemiche, con il governo che sta valutando una mozione di sfiducia nei suoi confronti, da discutere nella riunione prevista per domenica.

Intanto, il primo ministro Netanyahu ha rilasciato una dichiarazione attraverso un post sulla piattaforma X, affermando con determinazione: “Non ci sarà una guerra civile”. Ha ribadito che “il governo avrà l’ultima parola sulla nomina del capo dello Shin Bet”, riaffermando che “Israele è uno Stato di diritto” e che il governo agirà in conformità alla legge vigente.

Questa dichiarazione segue le recenti affermazioni di Aharon Barak, ex presidente della Corte Suprema, che ha espresso preoccupazione per l’aggravarsi delle divisioni nella società israeliana. In un’intervista a Ynet, Barak ha paragonato la situazione a “un treno che deraglia, rischiando di precipitare in un baratro e scatenare una guerra civile”.

Nel frattempo, diversi partiti di opposizione e organizzazioni hanno presentato ricorsi alla Corte Suprema per impedire il licenziamento di Bar. Il giudice Gila Canfy Steinitz, citato da Haaretz, ha chiarito che la sospensione del licenziamento è stata adottata per evitare conseguenze irreversibili e non rappresenta una decisione definitiva sul merito della questione. I ricorsi saranno discussi entro l’8 aprile.

Sul fronte politico, il ministro delle Finanze Betzalel Smotrich ha criticato duramente l’intervento della Corte Suprema, dichiarando che i giudici “non determineranno né condurranno le operazioni militari”. Anche il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha contestato l’autorità della Corte, definendo “nulla” la sua decisione e annunciando che “Bar lascerà l’incarico entro il 10 aprile, o forse anche prima, con la nomina di un nuovo direttore permanente dello Shin Bet”.

In contrasto, il ministro degli Interni Moshe Arbel ha espresso parere opposto, dichiarando che “il governo guidato da Benjamin Netanyahu rispetterà le disposizioni della Corte”. Arbel, insieme ai ministri del partito Shas Yaakov Margi e Michael Malkieli, ha scelto di non partecipare al voto sulla destituzione di Bar.

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