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Ucraina-Russia, Mosca accusa Kiev: “Agisce contro la pace”  

La Russia accusa l’Ucraina di agire contro gli sforzi per la pace. Dopo un colloquio telefonico tra Vladimir Putin e Donald Trump, Mosca, attraverso le dichiarazioni di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, denuncia attacchi alle proprie infrastrutture energetiche, in particolare nella regione di Kuban. Questi attacchi, secondo il Cremlino, sono avvenuti nonostante l’accordo tra i due leader per sospendere tali operazioni.

“Fino a ora, purtroppo, non abbiamo ricevuto alcuna reciprocità dal governo di Kiev. Ci sono stati tentativi di danneggiare le nostre infrastrutture energetiche“, ha dichiarato Peskov. “Questi atti vanno contro gli sforzi congiunti che stiamo portando avanti con gli Stati Uniti“. Tuttavia, ha precisato il portavoce, Putin ha mantenuto l’ordine di non colpire le infrastrutture energetiche ucraine. “Il cessate il fuoco si applica esclusivamente al settore energetico, non a tutte le infrastrutture”, ha aggiunto.

Inoltre, il Cremlino ha sottolineato che tra Putin e Trump esiste una forte intesa e fiducia reciproca. Secondo Peskov, entrambi i leader sono determinati a lavorare verso una graduale normalizzazione delle relazioni bilaterali.

Durante la telefonata, ha spiegato Peskov, è stato discusso anche lo stop agli aiuti militari americani a Kiev. Trump avrebbe affermato che non vi è stata alcuna richiesta in tal senso da parte di Putin. Nel corso del colloquio, non sono stati affrontati temi come un possibile cambio di regime a Kiev, il coinvolgimento dell’Unione Europea nei negoziati o questioni legate al gasdotto Nord Stream.

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Esteri

L’arresto di Imamoglu e le implicazioni politiche in Turchia

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Secondo Aydin Adnan Sezgin, ex ambasciatore turco presso Roma e Mosca ed ex deputato del Buon Partito (Iyi), l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, rappresenta una mossa di carattere autoritario da parte del governo turco, che sembra percepire la perdita di consenso e appare disposto a ricorrere a qualunque mezzo per ostacolare il processo elettorale. Tuttavia, Sezgin ritiene che sia prematuro e forse eccessivo considerare le manifestazioni recenti come il preludio alla fine dell’era Erdogan.

Le proteste di massa, convocate dall’opposizione in risposta a tale arresto, riflettono un ampio malcontento popolare. Questa reazione, secondo Sezgin, è motivata dalla percezione diffusa che la detenzione di Imamoglu e di altri sindaci di città minori sia illegale e contraria ai principi democratici, poiché si tratta di figure elette dal popolo. Le accuse di corruzione mosse contro il sindaco di Istanbul, aggiunge l’ex ambasciatore, appaiono inconsistenti e non hanno convinto l’opinione pubblica. Inoltre, sottolinea un aspetto procedurale fondamentale: «Non è necessario trattenere queste persone; un procedimento legale può proseguire anche senza arresti.»

Sezgin evidenzia che la repressione dell’opposizione, che ha portato a oltre mille arresti secondo i dati del ministero dell’Interno, rappresenta un’ulteriore dimostrazione di un governo che si allontana sempre più dai principi dello stato di diritto e della democrazia. Questo approccio autoritario è percepito dalla popolazione come un segnale di una deriva politica sempre più accentuata.

Oltre agli arresti, Sezgin attribuisce il crescente dissenso popolare anche a un diffuso malcontento per le politiche economiche del governo in carica. La popolazione, in particolare i giovani, vive una profonda disillusione, attribuendo i problemi attuali alla mancanza di democrazia, al deterioramento dello stato di diritto e alla corruzione all’interno del governo. Questa situazione ha creato una frattura insanabile tra l’esecutivo e i cittadini, evidenziando come l’attuale leadership sembri consapevole di una perdita di consenso.

Sezgin, tuttavia, invita alla cautela nell’interpretare le proteste come un segnale immediato di un cambio al vertice del governo. Sebbene siano manifestazioni significative, ritiene che le elezioni rappresentino l’unico strumento per porre fine all’era Erdogan. «Le urne sanciranno la fine di questo governo – sottolinea – poiché la Turchia non è né la Russia né l’Iran. Tuttavia, il governo tenterà con ogni mezzo antidemocratico di ostacolare il processo elettorale, ma non avrà successo.»

Un altro elemento analizzato dall’ex ambasciatore è la reazione internazionale, che fino ad ora è apparsa timida di fronte alla repressione dell’opposizione in Turchia. Questo atteggiamento, secondo Sezgin, è attribuibile a due fattori principali: l’effetto Trump, che ha generato un clima di tolleranza verso atteggiamenti autoritari, e l’aumento dell’importanza strategica della Turchia nello scenario geopolitico attuale, specialmente in un contesto di crisi internazionale che interessa particolarmente l’Europa.

Guardando al futuro, Sezgin non si aspetta alcun tipo di concessione da parte del governo turco. Anzi, prevede un inasprimento delle misure repressive nei confronti dell’opposizione. Tuttavia, ribadisce la forza e la determinazione dei partiti di opposizione e della società civile nel continuare a reagire contro tali pressioni. «Il governo sta intensificando la sua pressione – conclude – ma l’opposizione e l’opinione pubblica hanno abbastanza forza per resistere e mantenere viva la lotta per la democrazia.»

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Esteri

Hamdan Ballal rilasciato dopo l’arresto in Cisgiordania

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Il co-regista del documentario premiato con l’Oscar ‘No Other Land’, Hamdan Ballal, è stato liberato martedì 25 marzo dalle autorità israeliane. L’annuncio è stato dato dal suo legale, Lea Tsemel, che ha confermato come Ballal sia tornato “a casa dalla sua famiglia”. Il regista, arrestato la sera precedente in Cisgiordania, ha denunciato di essere stato sottoposto a trattamenti duri durante la detenzione, raccontando di essere stato mantenuto al freddo, ammanettato, bendato e colpito ripetutamente per tutta la notte in una base militare israeliana.

La detenzione di Ballal, avvenuta nel villaggio di Susiya, a sud di Hebron, ha coinvolto anche altri due palestinesi, Khaled Shanran, di 33 anni, e Nasser Shariteh, di 50 anni. Testimoni oculari riferiscono che Ballal sarebbe stato vittima di un attacco da parte di decine di coloni israeliani, i quali, in alcuni casi, erano mascherati. Durante l’aggressione, gli assalitori avrebbero lanciato pietre, ferendo il regista alla testa. Eppure, secondo le testimonianze, i soldati israeliani presenti sul posto non sono intervenuti per fermare l’attacco.

Secondo la versione fornita dalle Forze di Difesa Israeliane (Idf), i palestinesi avrebbero reagito all’aggressione dei coloni, lanciando pietre a loro volta. A seguito di ciò, la sicurezza dei coloni avrebbe arrestato Ballal e gli altri due uomini coinvolti, consegnandoli poi alla polizia israeliana. Fonti locali riportano che anche un colono sarebbe stato arrestato nel corso degli eventi, come riportato dal quotidiano Haaretz.

Ballal ha spiegato al suo avvocato che, durante l’attacco, stava documentando gli eventi, ma sarebbe poi corso verso casa nel tentativo di proteggere la sua famiglia. In base alla sua ricostruzione, un colono, accompagnato da due soldati dell’Idf, lo avrebbe colpito al volto con un pugno, facendolo cadere a terra, per poi sferrargli un calcio. Successivamente, i soldati israeliani avrebbero proceduto al suo arresto, portandolo da un medico militare che, secondo quanto dichiarato dal regista, non avrebbe registrato le ferite subite e gli avrebbe fornito solo cure minime.

Dopo l’arresto, il regista ha raccontato di essere stato lasciato a terra, legato e bendato, sotto costante sorveglianza di due soldati. Ballal ha inoltre denunciato di essere stato picchiato e intimidito con due colpi di avvertimento sparati in aria. Anche Khaled Shanran e Nasser Shariteh hanno fornito testimonianze, descrivendo un attacco da parte dello stesso colono, accompagnato da circa 15 giovani mascherati, che li avrebbe aggrediti nelle loro abitazioni, mentre i soldati presenti non avrebbero preso alcuna iniziativa.

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Esteri

Nuove disposizioni europee sulle patenti di guida

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Patente digitale, guida accompagnata a partire dai 17 anni, regolamentazioni più rigide per i neopatentati e criteri rafforzati in materia di sicurezza stradale: questi sono alcuni dei punti cardine inclusi nell’accordo raggiunto tra il Parlamento e il Consiglio europeo per la revisione della direttiva UE sulle patenti di guida.

L’intesa è stata siglata nella notte tra lunedì e martedì, stabilendo l’adozione di un formato digitale per le patenti di guida, che diventerà lo standard ufficiale. Questo documento elettronico sarà accessibile tramite smartphone e valido in tutto il territorio dell’Unione Europea, mentre rimarrà comunque possibile richiedere la versione in formato cartaceo. Con l’entrata in vigore ufficiale, gli Stati membri avranno quattro anni per recepire le nuove normative e un massimo di cinque anni e mezzo per implementare la tecnologia necessaria. L’Italia, anticipando i tempi, ha già reso disponibile la patente digitale per i cittadini italiani a partire da dicembre 2024.

Per quanto riguarda i neopatentati, il periodo di prova sarà esteso a un minimo di due anni, accompagnato da misure più severe per chi verrà sorpreso alla guida in stato di ebbrezza o senza l’utilizzo delle cinture di sicurezza. I Paesi membri saranno inoltre incoraggiati a introdurre una politica di tolleranza zero nei confronti del consumo di alcol e droghe. Inoltre, sarà possibile conseguire la patente per camion già a 18 anni (anziché 21) e quella per autobus a 21 anni (anziché 24), purché il candidato sia in possesso del certificato di competenza professionale. Ogni Stato membro potrà autorizzare la guida accompagnata a partire dai 17 anni.

La validità delle patenti sarà fissata a 15 anni per auto e moto, con una possibile riduzione a 10 anni qualora il documento funzioni anche come carta d’identità nazionale. Per i cittadini con età superiore ai 65 anni, i tempi di rinnovo potranno essere ulteriormente accorciati. Per camion e autobus, la durata di validità sarà limitata a cinque anni. L’acquisizione della patente sarà subordinata alla formazione specifica sui rischi per gli utenti vulnerabili, sull’uso sicuro del cellulare, sugli angoli ciechi, sui sistemi di assistenza alla guida e sulla conduzione del veicolo in condizioni pericolose. Un controllo medico iniziale sarà obbligatorio, ma per auto e moto potrà essere sostituito da un’autovalutazione o da alternative previste per i rinnovi.

Infine, gli Stati membri saranno invitati a promuovere campagne di sensibilizzazione per informare il pubblico sugli standard minimi di idoneità psico-fisica richiesti per la guida, al fine di migliorare la consapevolezza e la sicurezza sulle strade.

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