Garlasco, ecco perché Stasi non ha chiesto la revisione del processo
Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, continua a suscitare interesse, ma le presunte novità che potrebbero favorire la revisione del processo restano inesistenti. Per questo motivo, Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere con rito abbreviato, rimane in attesa del termine della pena nel carcere di Bollate, salvo eventuali sorprese. Le nuove indagini condotte su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima e già indagato (successivamente archiviato) per l’omicidio, non incidono sulla responsabilità attribuita a Stasi. Secondo il codice di procedura penale, una revisione del processo può essere richiesta solo se emergono prove nuove che, da sole o insieme a quelle già valutate, dimostrano l’innocenza del condannato. Gli sviluppi riguardanti Sempio sembrano riproporre scenari già analizzati e insufficienti per riaprire il caso.
Nel 2017, i giudici della Corte d’Appello di Brescia avevano dichiarato il “non luogo a provvedere” rispetto alle istanze della difesa di Stasi. Quest’ultima non aveva formalmente richiesto la revisione del processo, ma aveva depositato alla Procura generale di Milano i risultati delle investigazioni difensive, tra cui il presunto DNA di Sempio, che sarebbe compatibile con quello trovato sulle unghie di Chiara Poggi. Gli avvocati di Stasi avevano sollecitato ulteriori indagini, ritenendo che gli elementi raccolti dall’agenzia investigativa non fossero sufficienti per giustificare la revisione del processo. In seguito agli accertamenti, sarebbe spettato al procuratore generale decidere se inoltrare la richiesta di revisione.
La Procura generale di Milano aveva successivamente trasmesso gli atti alla Procura di Pavia, che, basandosi sulla consulenza della difesa, aveva archiviato il caso. Sempio era stato ritenuto credibile nel suo alibi e non erano stati identificati elementi che lo collocassero nella villetta di via Pascoli al momento dell’omicidio di Chiara Poggi. Ora, la doppia consulenza della difesa di Stasi – incentrata nuovamente sul DNA e sulla discrepanza nel numero di scarpe dell’assassino (una perizia indica un numero 42, come quello di Stasi, mentre Sempio calza un 44) – ha portato la Procura di Pavia a condurre ulteriori approfondimenti. Tuttavia, questi dati rimangono insufficienti per permettere a Stasi di richiedere la riapertura del processo.
Recentemente, anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che il processo condotto è stato equo, consolidando ulteriormente la sentenza definitiva.
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