Bagarre alla Camera sul Manifesto di Ventotene: Meloni attacca, ira opposizione
Toni accesi si sono registrati oggi nell’Aula di Montecitorio, dove la premier Giorgia Meloni ha criticato duramente il Manifesto di Ventotene, il celebre documento del 1941 redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni durante il confino fascista sull’isola delle Pontine. La seduta è stata sospesa per ben due volte, con le opposizioni in forte agitazione in una giornata caratterizzata da un crescendo di tensioni alla Camera.
“Non mi è chiaro il modello di Europa cui si fa riferimento”, ha dichiarato la premier Meloni al termine del suo intervento, durante il quale ha ribadito la linea politica che intende seguire al Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. Riferendosi al Manifesto di Ventotene, Meloni ha aggiunto: “Spero che chi lo cita non lo abbia mai letto, perché l’alternativa sarebbe inquietante…”. Questa dichiarazione ha dato il via a momenti di forte tensione in Aula, costringendo il presidente Fontana a sospendere i lavori.
Nella sua analisi del documento, Meloni ha letto alcuni passaggi significativi, tra cui: “La rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista”, commentando ironicamente: “E fin qui, vabbè…”. Ha poi citato: “La proprietà privata deve essere abolita, limitata…”. Queste affermazioni hanno scatenato il malcontento tra i deputati dell’opposizione, con Federico Fornaro del PD particolarmente attivo nel manifestare dissenso.
La premier ha proseguito citando altre frasi del manifesto, tra cui: “La politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria” e “Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza non da una preventiva consacrazione della volontà popolare, ma dalla sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna”. Ha poi continuato: “Attraverso questa dittatura del partito si forma il nuovo stato e la nuova democrazia”. Questi riferimenti hanno ulteriormente alimentato l’agitazione in Aula.
La situazione è degenerata, portando a una seconda sospensione dei lavori. Alla ripresa, l’opposizione ha lanciato attacchi decisi. Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Avs, ha dichiarato: “Ci sentiamo profondamente offesi e indignati”, definendo le parole della premier un “atto gravissimo”. Ha poi ricordato come la democrazia italiana sia nata anche grazie agli ideali di Ventotene, sottolineando: “Quegli uomini e quelle donne hanno combattuto contro la dittatura fascista, ed è grazie a loro se oggi siamo liberi”.
Federico Fornaro, deputato del PD, ha rincarato la dose definendo l’intervento della Meloni un “grave affronto alla storia del Parlamento e del Paese”. Ha spiegato che il Manifesto di Ventotene non è un inno alla dittatura, ma un progetto per un’Europa federale, nata in opposizione ai nazionalismi responsabili di due guerre mondiali. Ha concluso con un appello accorato: “La premier dovrebbe inginocchiarsi davanti alla memoria di Spinelli, Rossi e Colorni, altro che deriderli. Vergogna!”.
Alfonso Colucci, del Movimento 5 Stelle, ha sottolineato: “Le parole della premier sono un oltraggio alla nostra democrazia”. Ha citato il presidente Mattarella, che durante una visita a Ventotene aveva ricordato come il fascismo avesse confinato lì persone per impedir loro di diffondere idee di libertà. Colucci ha concluso con durezza: “Non c’è spazio per il fascismo in quest’Aula. Presidente, si vergogni!”.
Le reazioni della Meloni sono state visibilmente sarcastiche, alternando sorrisi e cenni di disapprovazione con la testa. Tuttavia, il momento culminante è stato quando, al grido di “Presidente, si vergogni!”, la premier si è coperta il volto con le mani, esprimendo chiaramente il suo disappunto. Prima di un’ulteriore sospensione, Matteo Richetti di Azione ha preso la parola, dichiarando: “Non riconoscere il valore del Manifesto di Ventotene significa ignorare le sofferenze causate dal fascismo”, ma è stato sommerso dalle urla degli altri parlamentari.
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