Omicidio Sharon Verzeni, Sangare in aula ritratta confessione: “Sono innocente”
Moussa Sangare, un uomo di 31 anni attualmente sotto processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, ha ritrattato la sua confessione fatta durante l’estate scorsa. Questo è avvenuto al termine della seconda udienza presso la corte d’Assise di Bergamo, convocata per affidare l’incarico di una perizia psichiatrica. Tale perizia dovrà valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio, avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024, quando la 33enne Sharon Verzeni è stata accoltellata a morte per strada a Terno d’Isola.
Dopo la designazione dei consulenti di parte, Sangare ha preso la parola, proclamandosi innocente e spiegando le sue motivazioni in un intervento di circa dieci-quindici minuti. Lo ha riferito il suo avvocato difensore, Giacomo Maj.
La perizia psichiatrica, affidata alla dottoressa Giuseppina Paulillo, inizierà il primo aprile e dovrà essere completata entro quaranta giorni, salvo eventuali proroghe. I consulenti coinvolti comprendono il dottor Sergio Monchieri per la procura, Alessandro Calvo per la difesa e Massimo Biza per le parti civili. La prossima udienza del processo è fissata per il 22 settembre.
Nel frattempo, Sangare sarà nuovamente in tribunale tra meno di un mese per rispondere alle accuse di maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella. La difesa ha richiesto anche in questo caso un rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica. L’udienza per l’assegnazione dell’incarico è stata programmata per il 9 aprile. Né la madre né la sorella si sono costituite parte civile.
I familiari di Sharon Verzeni, secondo quanto riportato dall’avvocato Luigi Scudieri, sono profondamente provati dalla situazione. Sono una famiglia unita che cerca di sostenersi a vicenda, ma il percorso giudiziario è stato particolarmente difficile per loro, soprattutto dopo che l’imputato ha ritrattato la confessione. L’avvocato Scudieri rappresenta sia la famiglia Verzeni sia il compagno della vittima, Sergio Ruocco, il quale era assente all’udienza dedicata alla perizia psichiatrica.
Moussa Sangare ha ritrattato le sue precedenti confessioni, rese in quattro diverse occasioni: ai carabinieri durante un interrogatorio a un mese dall’omicidio, in una dichiarazione spontanea, al pubblico ministero Emanuele Marchisio e durante un interrogatorio in carcere davanti alla giudice Raffaella Mascarino. Ora sostiene di essere stato spinto a confessare dai carabinieri e di non essere la persona ripresa dalle telecamere di sorveglianza a Terno d’Isola, indicando che indossava scarpe diverse rispetto a quelle dell’assassino.
Riguardo al coltello ritrovato sepolto vicino all’Adda, indicato da Sangare come arma del delitto, l’imputato ha affermato che si trovava lì perché quella era una zona in cui solitamente faceva barbecue. I carabinieri del RIS di Parma non hanno trovato tracce di sangue sul coltello, ma ciò potrebbe essere dovuto al fatto che è rimasto sotterrato in un’area umida per un mese.
In aula, Sangare ha fornito una descrizione dettagliata degli eventi, ricordando con precisione le tempistiche dei fotogrammi registrati dalle telecamere e rispondendo alle accuse mosse contro di lui. L’avvocato della famiglia Verzeni ha sottolineato che le sue dichiarazioni non sembravano frutto di confusione mentale.
Secondo il legale, il comportamento di Sangare dopo l’omicidio evidenzierebbe la sua capacità di intendere e di volere. Dopo aver ucciso Sharon, avrebbe attraversato i campi per evitare le telecamere, modificato bici e aspetto, e sepolto i vestiti con dei sassi. Inoltre, una traccia di DNA di Sharon è stata trovata sul trapezio della bicicletta di Sangare, l’unica parte non sostituita.
Il comportamento di Sangare nelle ore precedenti all’omicidio, come descritto nelle confessioni poi ritrattate, include minacce a due adolescenti, l’inseguimento di tre uomini a Chignolo d’Isola e un tentativo con un coltello contro una statua femminile a Terno d’Isola. Infine, avrebbe incontrato Sharon Verzeni. L’avvocato Scudieri ritiene che, nonostante l’assenza di un movente manifesto, un motivo ci sia, ovvero la volontà di uccidere una donna.
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