Record per la sostenibilità forestale, oltre 1 milione di ettari certificati Pefc
Il 2024 segna un traguardo importante per il settore della certificazione forestale, con un numero record di nuove aziende certificate. In Italia, la superficie di foreste e piantagioni gestite in modo sostenibile ha raggiunto quota 1.061.059,26 ettari, registrando un incremento dell’8,2% rispetto all’anno precedente. Questi dati emergono dal Rapporto Annuale di Pefc Italia, l’ente che promuove la certificazione per la gestione responsabile del patrimonio forestale.
Marco Bussone, presidente di Pefc Italia, ha sottolineato: “Questo risultato straordinario dimostra come la certificazione Pefc stia diventando un elemento centrale per le aziende italiane impegnate nella sostenibilità e nella responsabilità sociale d’impresa. È un passo essenziale per trasformare i processi produttivi e organizzativi. La crescente consapevolezza dei consumatori, insieme alle politiche pubbliche e ai criteri ESG, sta spingendo le aziende a operare in modo più virtuoso e responsabile, contribuendo al successo delle Green Community e affrontando le sfide ecologiche e demografiche.”
Dal punto di vista geografico, il Trentino Alto Adige mantiene il primo posto per superficie forestale certificata, con 598.463,29 ettari, seguito dal Friuli-Venezia Giulia (98.570,46 ettari) e dal Piemonte (86.847,97 ettari). Veneto e Lombardia continuano a contribuire significativamente, con rispettivamente 79.981,19 ettari e 79.084,31 ettari. La Toscana registra una crescita tangibile, raggiungendo 51.926,77 ettari, mentre Emilia Romagna e Marche arrivano rispettivamente a 27.855,07 e 14.610,05 ettari. Lazio, Basilicata e Abruzzo rimangono stabili, mentre Liguria, Umbria e Calabria registrano lievi aumenti.
Un aspetto significativo riguarda i servizi ecosistemici delle foreste certificate. Nel 2024 sono state rilasciate 15 nuove attestazioni, di cui 14 legate al carbonio e 1 alla biodiversità. Pefc Italia conta attualmente 35 certificati di servizi ecosistemici, coinvolgendo 27.856 ettari. Questi dati riflettono l’attenzione crescente verso la tutela della biodiversità, il turismo forestale e i benefici ecosistemici, supportati da progetti di finanziamento delle aziende italiane.
La certificazione di Catena di Custodia, che garantisce la tracciabilità dei materiali dal bosco al consumatore finale, ha visto un notevole aumento. Nel 2024, 236 nuove aziende hanno ottenuto questa certificazione, segnando un incremento del 16,8% rispetto al 2023. Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige guidano per numero di aziende certificate, con il Piemonte che registra il maggior numero di nuove adesioni.
I settori dell’edilizia e del packaging in legno emergono come trainanti, con una crescita significativa nelle categorie di pannellistica, segheria e legno lamellare. La certificazione di gruppo continua a favorire le piccole aziende, con il 53,4% delle nuove certificazioni ottenute tramite questa modalità.
Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia, conclude: “L’aumento delle certificazioni Pefc rappresenta un cambiamento culturale verso la sostenibilità e la trasparenza nelle filiere produttive. In un periodo segnato dalla crisi climatica, questa certificazione assume un ruolo fondamentale per la gestione responsabile del patrimonio forestale e per il benessere della collettività.”

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Ventotene e il Manifesto: un segnale di risveglio tra cultura e memoria

Fabio Masi, proprietario della storica libreria Ultima Spiaggia a Ventotene, racconta l’importanza del Manifesto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Questo documento, simbolo di una visione europea più unita, è al centro di un dibattito che, secondo Masi, merita maggiore attenzione e diffusione. Il libraio esprime preoccupazione per le difficoltà di trasmettere il messaggio del Manifesto, superando le polemiche politiche legate alle recenti dichiarazioni della premier Giorgia Meloni.
“Quando ho appreso dello scontro alla Camera sul Manifesto, sono rimasto stupito e colpito.” Masi, che in quel momento si trovava nella sua libreria di Camogli, racconta di essere stato sommerso da messaggi che lo informavano del dibattito politico in corso. “Ventotene è tornata a essere al centro del discorso pubblico, ma con toni divisivi che mi hanno rattristato.” Per lui, il Manifesto di Ventotene dovrebbe rappresentare un patrimonio condiviso, non un motivo di conflitto.
Nonostante ciò, la discussione sta portando a un effetto positivo: un crescente interesse verso il Manifesto. “Molti stanno acquistando il libro, mentre altri lo rileggono per comprendere meglio come sia stato strumentalizzato,” afferma Masi. Il Manifesto, che ha raggiunto il tredicesimo posto tra i libri più venduti su Amazon, evidenzia un rinnovato interesse per i suoi contenuti e il messaggio europeo che trasmette.
Riflettendo sul legame tra Ventotene e l’Europa, Masi sottolinea come l’isola stia lentamente recuperando la sua identità storica. “Negli anni ’80, molti isolani tendevano a nascondere la loro storia legata al confino politico,” spiega. Luoghi significativi come i cameroni, le mense e le botteghe, dove prese forma lo spirito europeo del Manifesto, sono stati abbattuti, e oggi manca sull’isola un museo o un percorso dedicato ai confinati. “C’è ancora tanto da fare per valorizzare questa storia.”
Un ulteriore problema è rappresentato dalla scarsa diffusione del Manifesto in Europa. “In molti Paesi non esistono traduzioni locali del documento,” sottolinea Masi. “Un tedesco può leggerlo online, ma non trovare una copia cartacea nella sua lingua.” Solo di recente, edizioni in inglese e francese sono state rese disponibili. Per Masi, è necessario intensificare gli sforzi per dare maggiore visibilità al Manifesto.
Commentando il flash mob organizzato dal Partito Democratico a Ventotene, Masi lo definisce un’iniziativa valida, ma invita a fare di più. “Non basta un evento isolato; occorre lavorare costantemente sul messaggio del Manifesto,” afferma. Secondo lui, sarebbe importante istituire un appuntamento annuale sull’isola, coinvolgendo la sinistra italiana ed europea, per promuovere una riflessione collettiva sul futuro dell’Europa.
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Villa Mondragone apre le porte per le Giornate di Primavera 2025

Villa Mondragone, prestigioso centro congressi e di rappresentanza dell’Università di Roma Tor Vergata, sarà protagonista delle Giornate di Primavera 2025 organizzate dal Fondo Ambiente Italiano (FAI). L’evento, che celebra quest’anno il 50° anniversario del FAI e la sua 33ª edizione, si terrà sabato 22 e domenica 23 marzo, offrendo la possibilità di visitare la villa dalle 10:00 alle 18:00 (ultimo ingresso alle 17:30) senza necessità di prenotazione.
Durante queste giornate sarà possibile esplorare luoghi di grande fascino e importanza storica, tra cui la Sala degli Svizzeri, la Sala Rossa, il Giardino segreto, il Giardino all’italiana, il Teatro delle Acque, noto anche come Teatro della Girandola, e la Fontana dei Draghi. Villa Mondragone, la più grande tra le ville tuscolane, fu costruita alla fine del XVI secolo da Marco Sittico Altemps e successivamente ampliata e arricchita da Scipione Borghese, il celebre “cardinal nepote”. Grazie al suo intervento, la villa divenne la residenza estiva del papato fino al 1626, quando fu sostituita da Castel Gandolfo.
La storia di Villa Mondragone è una testimonianza di continuità attraverso i secoli. Costruita su una villa romana del I secolo a.C., appartenuta alla famiglia dei Quintili, fu trasformata tra il 1568 e il 1579 dal cardinale Marco Sittico Altemps per ospitare Papa Gregorio XIII. Il nome della villa, Mons Draconis, deriva dal dragone alato presente nello stemma della famiglia Boncompagni. Qui, nel 1582, Papa Gregorio XIII promulgò la bolla Inter gravissimas, introducendo il Calendario Gregoriano, che sostituì il precedente Calendario Giuliano.
Nel 1613, la villa passò al cardinale Scipione Caffarelli Borghese, che ne curò l’ampliamento e la valorizzazione artistica. La proprietà rimase alla famiglia Borghese fino al 1863, quando Marcantonio V Borghese e sua moglie Thérèse de La Rochefoucauld decisero di affidarla ai Gesuiti. Questi trasformarono la villa nel prestigioso Nobile Collegio di Mondragone nel 1865. Nel 1981, la villa fu acquistata dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che la restaurò e la adattò a sede di rappresentanza e centro congressi.
Villa Mondragone custodisce un ricco patrimonio che abbraccia archeologia, arte, architettura e paesaggio. Grazie a strumenti multidisciplinari, questi tesori vengono continuamente studiati e valorizzati. Recentemente, un rilievo con laser scanner 3D ha rivelato che la villa romana su cui è costruita ha una superficie maggiore rispetto alla villa attuale. Sono stati mappati dettagliatamente gli ambienti, la facciata e il complesso sistema idraulico, inclusa un’ampia cisterna romana (35×25 metri) ancora in uso.
Tra le opere di rilievo, spiccano gli affreschi fiamminghi del Palazzetto della Retirata e la Cappella di San Gregorio Magno, attribuiti alla fase Altemps. L’architetto Vasanzio, al servizio di Scipione Borghese, lasciò il suo segno nel Portico, nel maestoso Teatro della Girandola e nella Fontana dei Draghi, recentemente restaurata grazie a fondi della Regione Lazio.
La villa conserva anche arredi, macchinari e documenti legati al Nobile Collegio, oltre a una copia del Codice Voynich, il misterioso manoscritto venduto dai Gesuiti nel 1912, oggi conservato presso l’Università di Yale.
Numerosi eventi scientifici e culturali hanno avuto luogo a Villa Mondragone. Nel 1611, Galileo Galilei effettuò qui esperimenti con il cannocchiale, osservando il paesaggio insieme agli accademici dei Lincei. Nel 1932, Guglielmo Marconi installò un sistema radio di collegamento tra la villa e il Vaticano. Inoltre, sotto la guida dei Gesuiti, furono creati laboratori scientifici, tra cui l’Osservatorio Meteorologico Tuscolano, fondato nel 1868 da Padre Angelo Secchi, uno dei pionieri dell’astrofisica.
La villa è anche legata alla memoria della Seconda Guerra Mondiale, quando i Gesuiti offrirono rifugio a famiglie ebree, guadagnandosi il titolo di House of Life dalla Fondazione Wallenberg. Inoltre, Padre Lorenzo Rocci, docente del Collegio, completò qui il celebre Vocabolario Greco-Italiano.
Oggi Villa Mondragone è un luogo di incontro tra passato e futuro. Ospita un museo, laboratori di ricerca e progetti di valorizzazione del patrimonio storico. Tra le iniziative recenti, spiccano il nuovo percorso delle fondazioni della villa romana dei Quintili e i lavori di restauro del Teatro delle Acque, che riportano in vita una complessa opera idraulica rinascimentale. La cisterna romana, continuamente restaurata, rimane una testimonianza viva del passato.
Partecipare alle Giornate di Primavera FAI è un’occasione unica per scoprire la bellezza storica, artistica e paesaggistica di Villa Mondragone, un luogo che ha attraversato i secoli come centro di cultura, scienza e storia.
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Delitto di Garlasco: nuovi sviluppi nelle analisi di DNA e impronte

I tamponi custoditi presso il Dipartimento di Medicina dell’Università di Pavia, insieme alle impronte raccolte nella villetta di via Pascoli a Garlasco, tornano al centro delle indagini. Questi reperti, già analizzati in passato dal RIS di Parma, potrebbero ora offrire nuove informazioni grazie all’utilizzo di kit avanzati per l’analisi del DNA. L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, aveva portato alla condanna definitiva del fidanzato Alberto Stasi a 16 anni di carcere.
Le nuove indagini della Procura di Pavia si concentrano sul DNA. Si attende la decisione del gip per autorizzare ulteriori approfondimenti sul caso, che ora coinvolge Andrea Sempio come indagato. Sempio, amico del fratello della vittima, era stato escluso dalle indagini otto anni fa. Secondo quanto dichiarato dal procuratore Fabio Napoleone, il DNA rinvenuto sotto le unghie di Chiara Poggi potrebbe essere compatibile con quello di Sempio, suggerendo un contatto diretto. Tuttavia, questa conclusione entra in conflitto con le prove che portarono alla condanna di Stasi.
Il DNA analizzato è associato al cromosoma Y, fattore che rende impossibile un’identificazione certa dell’individuo. Inoltre, la traccia genetica non permette di stabilire una datazione precisa. La Procura ha intenzione di rianalizzare le impronte non attribuite a carabinieri, soccorritori o familiari, utilizzando la procedura dell’incidente probatorio. Particolare attenzione è rivolta agli oggetti che potrebbero essere stati toccati dall’assassino, come la porta della cantina. Quest’ultima, smontata e analizzata nei laboratori del RIS di Parma, non ha però rivelato impronte utilizzabili.
Tra gli elementi centrali della condanna di Alberto Stasi vi sono le tracce sul dispenser portasapone e l’impronta insanguinata sul tappetino del bagno. Sul dispenser, localizzato nel bagno dove l’assassino si sarebbe lavato o specchiato, erano state rilevate impronte di Stasi e altre tracce mai identificate. Tuttavia, il dispenser è stato distrutto in seguito alla chiusura del processo, lasciando disponibili solo i para-adesivi con le impronte rilevate.
Le impronte di Stasi e le scarpe insanguinate (numero 42) trovate sul tappetino del bagno furono decisive per la sua condanna. È complesso ipotizzare una presenza di Sempio sulla scena del crimine, dato che calza scarpe di numero 44, diverso da quello riscontrato durante le indagini.
Con il materiale genetico prelevato dalle unghie di Chiara Poggi ormai esaurito, l’attenzione si concentra sui tamponi conservati all’Università di Pavia. L’indagine deve però affrontare le difficoltà legate alla distruzione di alcuni reperti o alla restituzione di beni alla famiglia della vittima. Gli oggetti personali di Chiara, come braccialetti, collane, orecchini e il cellulare, furono analizzati subito dopo l’omicidio, ma non fornirono elementi utili per risolvere il caso.