‘Storie Bastarde’, a Milano Gabrielli e Nanni presentano il libro di Desario
“Poche frasi che ti colpiscono profondamente, scuotendo l’anima. Si evita di approfondire perché alcune verità sono difficili da accettare, e Oscar ormai non c’è più. Si chiude bruscamente la telefonata… Oscar non aveva mai lanciato un mayday. Era una persona abituata a donare sorrisi e compagnia, senza mai chiedere nulla in cambio. Sempre pronto ad aiutare gli altri, ma chi era lì per aiutare lui? Camminando per strada, sembra quasi di vederlo ancora, poi arriva quella data: lunedì 2 gennaio, il giorno del funerale.” Questo è un estratto dal libro “Storie Bastarde”, scritto da Davide Desario, direttore di Adnkronos, e pubblicato da Avagliano Editore, presentato al Piccolo Teatro Grassi di Milano.
Durante l’evento, moderato dalla giornalista Sabrina Scampini, hanno partecipato personalità di rilievo come Francesca Nanni, procuratrice generale presso la Corte d’Appello di Milano, e Franco Gabrielli, ex prefetto di Roma e già capo della Polizia, oltre che direttore di Sisde e Aisi. Tra i presenti in sala spiccavano la giornalista e opinionista Caterina Collovati, il compositore e pianista Roberto Cacciapaglia – noto autore dell’inno dell’Expo 2015 – e Andrea Polo di facile.it.
Nel corso della presentazione, Gabrielli ha rivelato un dettaglio significativo: “Avevamo stimato che il commissariamento di Roma per mafia avrebbe causato un danno economico equivalente al 2% del PIL nazionale.” E aggiunge: “Il nostro obiettivo era evitare il commissariamento. Era una sfida complessa, ma ad Ostia c’erano tutte le caratteristiche di un condizionamento da organizzazione di stampo mafioso.”
“Storie Bastarde” si compone di 27 episodi reali, intrecciati con eventi di cronaca significativi, come la tragedia di Vermicino. Il libro racconta di risse, scontri tra fazioni politiche, furti di motorini e scippi. Un racconto crudo di bambini cresciuti in un ambiente ostile, dove molti amici sono stati persi per strada: chi per overdose, chi vittima di violenza. “È un libro molto romano,” sottolinea l’autore, “ma anche profondamente italiano.” Desario spiega: “Molte persone mi hanno detto: ‘La tua Ostia era la mia Lecce, la mia Bergamo, la mia Udine.’ Sono storie quotidiane, di persone comuni. Siamo tutti parte di questa realtà. Questo è ciò che mi ha spinto a scrivere il libro.” Le storie narrate sono “tutte assolutamente vere”, precisa l’autore, aggiungendo che avrebbe potuto scriverne il doppio.
Secondo Gabrielli, il libro cattura una dimensione unica: “Una leggerezza che induce al sorriso, ma radicata in una realtà complessa, difficilmente riscontrabile altrove in Italia.” È, in sostanza, un romanzo di formazione, dove i grandi eventi di cronaca fanno da sfondo alle esperienze quotidiane di un gruppo di ragazzi, costretti a vivere in bilico tra speranza e disillusione.
La procuratrice Nanni pone l’attenzione su un aspetto rilevante: “Il confine tra il lecito e l’illecito emerge in maniera molto chiara. Tra la vita quotidiana e il fatto di cronaca il divario è minimo. La nostra normalità è incredibilmente vicina a eventi tragici o reati.” E aggiunge: “Quando si inizia a violare una regola, si sa dove si comincia, ma non si sa mai dove si finisce.”
Il libro esplora sfide innocenti e giochi pericolosi, raccontando un’umanità “de lama e de fero”, dove la città si trasforma in un teatro di contrasti. Un’opera che trasporta il lettore nell’infanzia e nella giovinezza, con una narrazione che parla il linguaggio della strada, ruvida e malinconica. “Storie Bastarde” ci ricorda chi eravamo e ci offre una chiave di lettura su chi siamo oggi. Alla fine, l’unica certezza è l’attaccamento alla vita. (di Marco Cherubini)

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Cultura
Pino Daniele, fino al 6 luglio a Napoli la mostra a Palazzo Reale

“Questo titolo è un invito a non fermarsi alla superficie delle cose esposte in questo percorso: oggetti, libri, e materiale inedito che raccontano l’uomo e l’artista. Invitiamo tutti ad andare oltre, a soffermarsi, leggere con attenzione ciò che abbiamo scritto, inclusi i dettagli sotto le fotografie che contestualizzano gli scatti di mio padre con la famiglia, offrendo uno sguardo profondo sul percorso umano di questo genio della musica e sulle vicissitudini della sua vita riflesse nelle sue canzoni.” Queste sono le parole di Alessandro Daniele, figlio di Pino Daniele e presidente della Fondazione Pino Daniele, rivolte alla stampa durante l’anteprima della mostra intitolata “Spiritual”, aperta al pubblico dal 20 marzo al 6 luglio presso Palazzo Reale di Napoli.
La mostra si articola in due sale, con un punto di riferimento essenziale: l’album capolavoro “Terra mia” del 1977. L’esposizione include migliaia di pezzi di materiale inedito, dalle chitarre e altri strumenti utilizzati dal celebre cantautore napoletano, agli spartiti, ai testi scritti a mano, fino alle fotografie che ritraggono l’artista con altri musicisti. Non mancano immagini private e inedite della famiglia, contributi audiovisivi sia pubblici che privati, materiali d’autore e amatoriali, oltre a oggetti personali come i suoi amati giubbotti di jeans e pelle, abiti di scena e altre fotografie.
La mostra offre anche una raccolta di pensieri, che spaziano dai suoi scritti personali alle riflessioni contenute in interviste di varia notorietà. Alessandro Daniele ha condiviso un momento personale: “Stamattina, appena vista la luce della mia camera da letto, ho pensato: aiutami papà, oggi stammi vicino.” Ha poi aggiunto: “Questo progetto è stato una vera e propria ricerca, mi sono sentito libero. Ringrazio il produttore Nicosia: questa mostra rappresenta un impegno economico significativo e mi ha permesso di inserire tutti gli elementi che desideravo, raccontando sia il Pino uomo che il Pino artista.”
Cultura
‘Erbe spontanee’, una guida ‘dal campo’ per riconoscere le...

L’arte del foraging e la valorizzazione delle piante selvatiche commestibili sono al centro del nuovo libro pubblicato da Gribaudo, intitolato ‘Erbe spontanee’. Questo volume è già disponibile in preordine sui principali store online e, dal 29 aprile, si potrà acquistare in tutte le librerie italiane. L’opera è frutto della collaborazione tra l’esperta di flora spontanea e guida botanica Wateki Taliana Tobert, i fondatori del progetto editoriale ‘Bosco di Ogigia’, Francesca Della Giovampaola e Filippo Bellantoni, e la talentuosa illustratrice Giada Ungredda.
Nonostante esistano già numerosi libri con lo stesso titolo, questo nuovo volume si distingue per il focus specifico sulla identificazione delle piante. Attraverso l’esame approfondito di 40 specie commestibili, accompagnate da 152 sosia e 58 varietà simili, il libro rappresenta una guida pratica e dettagliata per riconoscere le piante spontanee con precisione.
Il manuale è stato pensato per essere accessibile e facilmente trasportabile, ideale per chi desidera esplorare la natura e riscoprire il sapere tradizionale legato alle piante selvatiche. Questo sapere, un tempo trasmesso di generazione in generazione, oggi rischia di essere dimenticato. “L’uso eccessivo delle app per il riconoscimento delle piante sta generando una tendenza pericolosa: molte persone affidano completamente all’Intelligenza Artificiale la responsabilità di identificare ciò che intendono consumare”, avverte l’autrice Wateki Taliana Tobert.
“Con questo libro vogliamo offrire strumenti concreti per comprendere la flora in maniera approfondita e autonoma. Viviamo un momento storico in cui la conoscenza delle piante sta tornando in auge, e c’è una crescente necessità di risorse aggiornate e facilmente fruibili”, conclude l’autrice. Il volume è ricco di consigli pratici, osservazioni e suggerimenti utili per chi studia le piante selvatiche, aiutandolo a sviluppare maggiore sicurezza e competenze.
Inoltre, domani sera alle ore 21, il libro sarà presentato in anteprima durante un webinar gratuito sul canale YouTube di ‘Bosco di Ogigia’. Durante la diretta, Wateki Taliana Tobert parlerà delle piante spontanee disponibili in questa stagione, fornendo indicazioni su come riconoscerle e utilizzarle.
Cultura
Morto a 105 anni ultimo pilota sopravvissuto alla Battaglia d’Inghilterra

John ‘Paddy’ Hemingway, l’ultimo pilota sopravvissuto della Battaglia d’Inghilterra, si è spento all’età di 105 anni. La Royal Air Force (RAF) ha annunciato che il decesso è avvenuto lunedì 17 marzo nella sua abitazione a Dublino. Ai tempi del conflitto, Hemingway aveva solo vent’anni.
Nato a Dublino nel 1919, si unì alla RAF nel 1938. Avanzato al grado di capitano di squadriglia, si ritirò nel 1974. Era l’ultimo rappresentante dei leggendari ‘The Few’ (I Pochi), un gruppo di coraggiosi piloti che, nonostante la netta inferiorità numerica, riuscirono a respingere le forze tedesche durante la Battaglia d’Inghilterra.
Hemingway ebbe un ruolo cruciale nella difesa della Gran Bretagna contro i continui raid aerei della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca, tra luglio e settembre 1940, subito dopo la caduta della Francia. Secondo quanto ricordato dalla RAF, la sua squadriglia abbatté ben 90 aerei nemici in soli 11 giorni nel maggio 1940.
Durante gli scontri aerei nell’agosto del 1940, Hemingway fu costretto a lanciarsi con il paracadute dal suo cacciabombardiere Hurricane per ben due volte. In una di queste occasioni, si trovò a dover ammarare al largo delle coste orientali dell’Inghilterra, riuscendo poi a riunirsi al suo squadrone per continuare le operazioni. Per il coraggio dimostrato, nel 1941 gli fu conferita la Distinguished Flying Cross. In un’intervista rilasciata alla BBC nel 2020, Hemingway minimizzò il suo eroismo, affermando: “Il mondo era in guerra e non c’era modo di sottrarsi. La vera abilità era la fortuna. Non importa quanto fossi abile, dovevi essere fortunato. Ad esempio, il mio comandante, Dickie Lee, era il miglior pilota che avessi mai visto, ma fu abbattuto e ucciso. Io, invece, sono stato incredibilmente fortunato.”
Hemingway continuò a servire nella RAF anche negli anni successivi, durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1945, durante una missione nei cieli italiani per colpire una colonna corazzata tedesca, il suo velivolo fu abbattuto dalla contraerea. Sopravvissuto all’atterraggio di emergenza, fu salvato e nascosto da una famiglia italiana. Una bambina di nove anni, Carla Fabbri, lo aiutò a raggiungere le linee angloamericane, travestendolo da contadino.
Nel 2023, tramite un appello pubblicato su ‘Il Messaggero’, Hemingway espresse il desiderio di incontrare Carla Fabbri, ma scoprì che era morta circa dieci anni prima. Tuttavia, nel 2024, riuscì a incontrare a Dublino Lina Volpi, figlia di Carla, che all’epoca aveva 62 anni e che era cresciuta ascoltando i racconti di quel pilota straniero accolto e aiutato a fuggire grazie alla generosità della sua famiglia.
Il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha reso omaggio a Hemingway con queste parole: “Sono profondamente rattristato dalla notizia della scomparsa di John ‘Paddy’ Hemingway, ultimo pilota conosciuto della Battaglia d’Inghilterra. Ottant’anni fa, il coraggio e la determinazione di Paddy e di tutti i piloti della RAF hanno contribuito a porre fine alla guerra. Hanno volato senza paura sul territorio nemico per proteggere il Regno Unito e i suoi alleati, rischiando la vita.” Anche il principe William, in un post sui social media, ha voluto ricordarlo: “Dobbiamo molto a Paddy e alla sua generazione per le nostre libertà di oggi. Il loro coraggio e sacrificio non saranno mai dimenticati.”