Miller’s Girl: un viaggio che promette scandalo ma resta in superficie
Sarà capitato anche a voi di incrociare un trailer che vi fa sobbalzare, immaginando di trovarvi di fronte a un film capace di sconvolgere le certezze. Era successo pure a noi. Di recente, ci siamo lasciati stuzzicare dalle anticipazioni su Miller’s Girl, pellicola disponibile su Sky e NOW che metteva in scena qualcosa di fortemente proibito. Una studentessa dal fascino ambiguo, un professore che sfiora la cinquantina, il confine etico pronto a essere valicato. Il risultato, almeno stando alle promesse iniziali, pareva destinato a far discutere. E invece… le aspettative e la realtà non sempre viaggiano sullo stesso binario.
Ci hanno parlato di tensione, di seduzione, di trasgressione. Ci siamo seduti sul divano con la voglia di assistere a una storia tagliente, un po’ scomoda, che magari si sarebbe spinta a esplorare le dinamiche più oscure della psiche umana. Ma a visione conclusa, si avverte un vuoto. L’impressione è che Miller’s Girl abbia preferito suggerire, anziché mostrare. Siamo rimasti a metà strada, come se il film stesso temesse le conseguenze di quel fuoco che poteva divampare.
L’idea di partenza: una promessa forte
Quando si tocca il tema della relazione tra un’adolescente e un uomo maturo, è impossibile non pensare subito a Lolita, quel classico di Nabokov, riletto poi da Kubrick, che ha segnato generazioni di lettori e spettatori. Lo sappiamo tutti: è un’eredità ingombrante. Miller’s Girl si inserisce in questo solco con un ingrediente intrigante: Jenna Ortega, già amatissima dopo il ruolo da protagonista in Mercoledì e Martin Freeman, per lo più noto come volto rassicurante in produzioni più soft. Sembrava già di per sé un’accoppiata capace di creare dissonanza.
E infatti, la curiosità si è accesa: Ortega, nonostante i suoi 22 anni reali, interpreta qui una studentessa – Cairo Sweet – che vive in un ambiente familiare apparentemente dorato, e che decide di sedurre il suo professore di scrittura creativa, Jonathan Miller (interpretato da Freeman). Già scritta così, la trama ha in sé un potenziale dirompente. Ma la domanda che ci siamo posti più volte è: fino a che punto si sono spinti?
Un contesto che prometteva turbolenze
La storia prende forma in un liceo del Tennessee, anche se le dinamiche emotive dei protagonisti rimangono al centro. Da una parte lei, Cairo, una ragazza che vive sola in una villa lussuosa: i genitori, entrambi avvocati, viaggiano spesso, e la loro assenza si fa sentire. Ha un’amica, Winnie, che la sprona a cercare spunti per un racconto che la aiuti a colpire l’attenzione di Yale. Dall’altra parte c’è lui, Jonathan, un insegnante in crisi, che riversa in quella cattedra un passato da scrittore deluso e un presente segnato da un matrimonio in rotta.
Ed è proprio da questo intreccio che Miller’s Girl vorrebbe ricavare la propria essenza. Sottolineiamo “vorrebbe”. Perché, sulla carta, l’idea di un professore che si ritrova a fare i conti con i propri limiti morali poteva dar vita a una storia ricca di tensioni: lo sguardo di lei, la tentazione di lui, la consapevolezza di varcare territori inaccettabili. E almeno nelle prime battute, la pellicola sembra effettivamente pronta ad accendere la miccia: i dialoghi lasciano presagire scintille, la fotografia si sofferma su dettagli che preludono a una deriva passionale fuori controllo.
La miccia non esplode: dove si perde l’audacia
Poi arriva quell’istante, spesso impercettibile, in cui il film avrebbe dovuto alzare il livello del rischio. Si percepisce che i personaggi stanno per spingersi oltre e che la morale comune potrebbe essere infranta da un momento all’altro. Qui, però, invece di osare, la sceneggiatura sembra tirare il freno. La storia resta in un limbo: ammicca, insinua, ma non sprofonda mai in quell’abisso che – nel bene o nel male – avrebbe reso Miller’s Girl un’esperienza davvero sconvolgente.
Forse è colpa di un timore di risultare troppo espliciti, forse è la paura di suscitare polemiche incontrollate. Chissà. Rimane il fatto che quelle promesse iniziali di scandalo o di travolgente passione vengono ridotte a semplici allusioni, scene brevissime, sguardi intensi ma senza un vero culmine. È un peccato, in fondo, perché la costruzione era stata accurata. E sappiamo tutti quanto un film su un tema così controverso non possa permettersi mezze misure.
Le performance: ottimi attori, ma trattenuti
Jenna Ortega regala un’interpretazione di Cairo che trasuda potenzialità. È brava a navigare tra l’aria da ragazza sicura di sé e quei momenti in cui sembra più vulnerabile. Ma non le viene concesso abbastanza spazio per compiere un vero salto nell’ambiguità morale. Il suo personaggio resta una giovane fascinosa, sì, ma quasi imbalsamata nel ruolo di tentatrice mancata.
Martin Freeman, dal canto suo, conosciuto per un’innata empatia nei personaggi che interpreta, qui si misura con un uomo stanco della vita, in crisi coniugale, ma al contempo troppo passivo. È come se Jonathan Miller subisse più che agire, e l’effetto – voluto o meno – toglie spessore al nucleo del film. Chi si aspettava una discesa nell’ossessione, negli slanci di colpa e desiderio, resta a guardare un uomo che si lascia scorrere gli eventi addosso, senza esplodere davvero.
L’ombra di Lolita e l’eredità scomoda
Certo, il paragone con Lolita è duro da reggere. Nabokov ha scavato in profondità, trascinando il lettore in un viaggio sconcertante e doloroso. Kubrick, dal canto suo, ha saputo mettere in scena il tormento in modo elegante e disturbante. Qui, invece, la tensione resta sospesa: né davvero romantica, né davvero torbida. Forse un film a tema “relazione proibita” avrebbe meritato un taglio più netto: o la scelta coraggiosa di mostrarsi in tutta la sua scomodità o la decisione di mettere da parte l’elemento trasgressivo in favore di qualcos’altro.
Il problema, in definitiva, è che Miller’s Girl non intraprende nessuna di queste due strade in modo deciso. Sembra preferire il “giocare a fare il sovversivo” senza impegnarsi davvero. E la conseguenza è questa patina di timidezza che lascia perplessi.
Promozione altisonante, risultato tiepido
Ricordiamo bene come il trailer avesse puntato forte sull’aspetto scandalistico: la chimica tra i due protagonisti, le inquadrature cariche di tensione, quelle battute pungenti che trapelavano qua e là. Sembrava una mossa di marketing calcolata per spostare l’asticella dell’attesa molto in alto. Forse anche troppo. Perché, guardando il film, si percepisce che il clamore cercato all’inizio non trova piena rispondenza nello sviluppo narrativo.
C’è chi sostiene che si tratti di un compromesso voluto: rimandare l’effettiva trasgressione per evitare censure o giudizi troppo severi. Oppure, semplicemente, potrebbe essere un’occasione persa, in cui gli autori hanno rinunciato a una reale immersione nelle pieghe più scomode di questa vicenda. Qualunque sia la verità, il risultato è un film che galleggia tra potenzialità inespresse e cautela eccessiva.
Quello che poteva essere e non è stato
Resta la sensazione, a visione ultimata, di un “avrebbe potuto” che risuona costante. Avrebbe potuto sollevare scandalo vero, invece si è limitato a un brivido leggero. Avrebbe potuto riflettere con coraggio sul senso di colpa, sulle dinamiche di potere, sulla sottile linea tra manipolazione e trasporto sincero. Avrebbe, appunto.
Senza dubbio c’era la possibilità di uno sviluppo più profondo: mostrare come Jonathan, insegnante e scrittore fallito, trovasse un’inaspettata conferma di sé nello sguardo adorante di una giovane studentessa. Oppure, far emergere come Cairo stesse usando l’intera relazione per un suo tornaconto artistico. Entrambe le prospettive avrebbero reso la storia angosciante e tesa, ma anche più viva, più vera. Invece si percepisce una reticenza, come se la pellicola insistesse a sussurrare: “Non spingiamoci oltre, rimaniamo nell’area protetta.”
Un’occasione (quasi) sprecata
Nel complesso, Miller’s Girl è un film che consigliamo soltanto se ci si avvicina con le giuste aspettative: non aspettatevi un tuffo nel torbido, non aspettatevi un dramma morale che lascia senza fiato, e di certo non aspettatevi la carica polemica di un’opera che intende scandalizzare. Piuttosto, mettetevi comodi e preparatevi ad assistere a un racconto che sfiora i confini ma non li varca sul serio.
Se da un lato è vero che potrebbe deludere chi desiderava un’analisi spietata del rapporto studente-insegnante, dall’altro regala alcuni spunti interessanti su come certe illusioni nascano da un vuoto emotivo. Qui, però, neanche la più minima fiamma viene fatta divampare sul serio. Ed è un peccato, perché il cast poteva convincere, e i presupposti erano ghiotti.
Rimane, infine, la domanda: che senso ha sbandierare uno scandalo e poi non premere il grilletto? Forse la produzione ha preferito la prudenza. O forse siamo noi, come pubblico, a pretendere una crudezza che non tutti hanno voglia di offrire. Qualunque sia la risposta, ci troviamo di fronte a un’opera che fa intravedere una complessità enorme, ma sceglie di restare su un piano rassicurante, lasciando l’idea di un potenziale che non vede mai davvero la luce.
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