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MasterChef Italia, l’ora della verità in cucina

Siamo praticamente a un passo dal traguardo, lo sentiamo nello stomaco e un po’ nel cuore. La finale di MasterChef Italia incombe con tutto il suo carico di emozioni e aspettative e noi non stiamo più nella pelle. Quel giovedì 27 febbraio, attorno alle 21:15, ci troveremo di fronte allo schermo (Sky Uno e streaming su NOW) chiedendoci chi avrà la stoffa per diventare il nuovo “maestro dei fornelli”. Una domanda che ci accompagna da settimane, ormai, mentre seguiamo le storie e le sfide di quattro aspiranti chef con percorsi di vita diversissimi, ma un unico grande desiderio: brillare nell’olimpo della cucina.

Sembrava ieri quando, tra prove a tempo e giudizi spietati, iniziavamo a familiarizzare con i volti e i sapori di questa stagione. Ora restano Anna, Jack, Mary e Simone, quattro nomi divenuti sinonimo di determinazione e creatività. Forse qualcuno di voi ha un preferito, o forse osservate tutti con curiosità, cercando di indovinare chi sarà l’ultimo a posare il mestolo. Qui ci interessa raccontarvi perché ciascuno di loro è davvero speciale.

Anna: la magia di una doppia eredità culinaria

C’è un pezzo di Milano e un pezzo di Cina nel bagaglio di Anna, e forse è proprio questa fusione, a tratti poetica, che ha rapito i giudici. Ha 32 anni, un sorriso timido ma idee molto chiare: sogna di aprire un ristorante sostenibile, strizzando l’occhio a quei riconoscimenti “verdi” tanto cari alla nuova cucina. Ogni piatto che prepara somiglia a un racconto familiare, a una ricerca di identità. Ammettiamolo, la sua storia – quella di una famiglia che ha superato barriere e distanze, unendosi infine in Italia – ci fa sentire tutto il peso di un amore che passa anche dal cibo. E poi, l’attenzione all’ambiente non è un dettaglio: Anna non concepisce ricette che non siano anche rispettose di quello che ci circonda.

C’è un pubblico enorme che lo segue sui social, e non è difficile capire perché. Jack, milanese di 26 anni, ha conquistato la ribalta online con video che mescolano tecnica e ironia, post colorati e ricette da far venire l’acquolina in bocca. Eppure, dietro quelle clip frizzanti c’è un ragazzo che ha studiato, sperimentato, investito tempo ed energie per arrivare sin qui. Quello che stupisce è l’eleganza con cui unisce l’estetica “pop” a una sapienza culinaria seria, curata. Durante tutta la gara, i suoi piatti hanno fuso i canoni dell’alta cucina con la capacità di fare spettacolo: un mix che potrebbe condurlo dritto a realizzare il suo sogno di diventare private chef. Chi lo conosce solo come fenomeno del web potrebbe restare sorpreso dalla sua tecnica sul piano di lavoro. E forse, è proprio l’effetto sorpresa una delle sue armi più potenti.

Mary: tra discipline d’ufficio e profumo di Sicilia

Nel quotidiano si dedica alle risorse umane, ma appena scende la sera si trasforma in un vulcano di energia ai fornelli. Mary, 30 anni, è il risultato di un intreccio geografico che l’ha formata nel carattere e nelle competenze: l’infanzia fra i sapori siciliani, poi una vita professionale che affonda le radici nella frenesia lombarda. Forse, proprio per questo, la sua è una cucina che non si ferma alla tradizione, ma sposa l’innovazione con una consapevolezza quasi manageriale. E che dire della sua determinazione? In ogni prova, abbiamo visto quanto sappia mantenere la calma, organizzare i processi, ottimizzare i tempi. Un approccio quasi scientifico, col tocco passionale di una donna del Sud: un binomio formidabile.

Certe volte basta un dettaglio, come un tartufo o un vino pregiato, per portarci con la mente alle colline delle Langhe. Simone, 36 anni, arriva proprio da lì, da Alba, culla di eccellenze gastronomiche. Ha sempre dichiarato di voler fondere la tradizione piemontese con idee fusion, e infatti ogni sua portata racconta di un viaggio mentale attraverso culture diverse. La cura quasi maniacale per gli ingredienti, unita alla voglia di osare, l’ha reso una presenza costante nelle vette delle classifiche settimanali. Non è mai apparso impaurito dalle sfide più ardue, anzi, in certi momenti sembrava quasi cercarle. Forse è questa sicurezza a renderlo un potenziale finalista di ferro. O magari è quella sensibilità nel parlare dei suoi piatti, come fossero storie da narrare.

L’arrivo di Mauro Colagreco: un mentore da tre stelle Michelin

La finale non avrebbe lo stesso fascino senza un ospite di calibro internazionale. Mauro Colagreco, visionario chef del ristorante Mirazur di Mentone (tre stelle Michelin), approderà in studio per guidare i concorrenti in un’ultima prova da togliere il fiato. Dicono che ogni suo consiglio sia oro, e c’è da crederci: la sua filosofia innovativa, unita a una ricerca ossessiva della perfezione, mette pressione e regala ispirazione nello stesso istante. Sarà davvero interessante vedere come Anna, Jack, Mary e Simone reagiranno di fronte a sfide che, con tutta probabilità, spingeranno il loro talento al limite.

Il momento dell’incoronazione

Alla fine, il percorso dei tre finalisti si concluderà con la presentazione di un menù degustazione costruito a regola d’arte. Quella sarà la prova che rivela non solo la tecnica, ma anche l’anima di ognuno. In palio, c’è l’ambito titolo di nuovo MasterChef italiano, un tesoro da 100.000 euro in gettoni d’oro, la gioia di vedere il proprio libro di ricette prendere forma e un corso di alta cucina all’ALMA, per perfezionare ulteriormente ogni gesto, ogni taglio e ogni cottura.

Qualcuno di voi si starà chiedendo come si possa gestire la tensione di un momento così decisivo. Durante l’ultima sfida, ogni dettaglio conta. Un pizzico di sale di troppo, una decorazione mal posizionata, uno sguardo insicuro: basta un nulla per segnare il confine tra il successo e la sconfitta. E noi, spettatori affascinati, ci fermeremo a scrutare i volti dei giudici, a interpretare le loro espressioni e a domandarci se la prossima portata sia quella che deciderà tutto.

Poi, a telecamere ancora accese, calerà il verdetto: uno soltanto avrà la meglio. Uno soltanto potrà sollevare il trofeo, sorridere e iniziare un cammino che promette di trasformarsi in un’avventura incredibile. Ed è questo, in fondo, il senso di MasterChef Italia: non solo un concorso, ma un viaggio che insegna a rimettersi in gioco, a condividere la propria storia attraverso i sapori, e a sognare in grande. Perché la cucina è fatta di intuizioni, passione e colpi di scena, ma soprattutto di persone che ci mettono la faccia – e il cuore – su ogni piatto.

Non resta che puntare la sveglia per giovedì 27 febbraio e immergersi nella finale più avvincente della stagione. Tutto può ancora succedere, in un mix di adrenalina, emozioni e profumi che ci terranno incollati allo schermo fino all’ultimo assaggio. Chi avrà la stoffa per imporsi? Lo scopriremo solo varcando la soglia della cucina più famosa d’Italia.

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Intrattenimento

Orrori d’altri tempi, come l’analog horror ci trascina dentro l’incubo

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Sembra quasi di respirare polvere e segnali disturbati, come se qualcosa si fosse appena intrufolato attraverso lo schermo. È un pensiero che ci mette i brividi, vero? Noi ci siamo ritrovati a fissare queste atmosfere vintage e a domandarci: che cos’hanno di tanto magnetico gli horror analogici? Perché film come Late Night with the Devil ci afferrano lo stomaco e non ci lasciano andare?

Vogliamo parlarne insieme a voi, senza troppi giri di parole. Abbiamo visto arrivare di recente su Prime Video questo film di Colin e Cameron Cairnes, un fenomeno curioso nel 2024. Sul serio: all’inizio eravamo scettici, poi abbiamo acceso la TV e ci siamo ritrovati catapultati nella notte di Halloween del 1977, dentro l’ultimo episodio di uno show paranormale andato tragicamente storto. Padroni di casa: il fittizio Night Owls with Jack Delroy, condotto da Jack Delroy (interpretato da David Dastmalchian). Qualcosa è successo durante quella diretta. Qualcosa di inspiegabile. E adesso noi ci ritroviamo con quei filmati che sembrano usciti da una vecchia scatola polverosa, graffiati eppure così vivi.

Il mistero di un sottogenere affascinante

Late Night with the Devil si inserisce nel found footage, quel filone che costruisce la tensione attorno a registrazioni (audio o video) apparentemente ritrovate. Non so voi, ma noi amiamo questo tipo di narrazione. Ti dà la sensazione che qualcuno abbia montato alla buona ciò che resta di una storia più grande, mai del tutto compresa. Bobine, VHS, file digitali corrosi dai bit, insomma frammenti di un racconto spaventoso. C’è un che di inquietante e familiare al tempo stesso in tutto questo.

Oggi viviamo immersi in un flusso infinito di informazioni, eppure ci sentiamo come se ci mancasse sempre un pezzo. Questi materiali, messi insieme come un puzzle privo di istruzioni, riflettono proprio tale smarrimento: sappiamo che ci manca qualcosa, ma non lo vediamo bene. O forse non abbiamo il coraggio di guardarlo a fondo.

L’anima analogica: un tuffo nelle vecchie TV

Un passo più in là troviamo l’analog horror, costola inquietante del found footage. Il suo biglietto da visita? Qualità bassa, distorsioni video, glitch, rumori audio disturbanti. Immaginate i programmi televisivi degli anni Settanta, con i loro colori sbiaditi e le interferenze, mixati a messaggi criptici che compaiono improvvisamente in sovrimpressione. Un orrore che si insinua, talvolta, senza ricorrere a grandi spaventi saltando fuori dallo schermo.

Pare quasi di affondare in un sogno sporco. O in un incubo. L’analog horror non si limita a farci paura per le immagini, ma ci sbatte in faccia il nostro rapporto di amore e dipendenza dalla tecnologia. Siamo circondati da video di alta qualità, da streaming perfetti, eppure quando vediamo linee tremolanti e colori sfasati ci sentiamo più a disagio che mai.

Andare a fondo: creepypasta e Backrooms

Avete mai sentito parlare di creepypasta? Sono storie brevi, cresciute su forum come 4chan. Racconti dell’orrore scritti per incutere timore, tramandati da utente a utente, rielaborati fino a diventare leggende virtuali. Da lì sono nati personaggi come Slender Man, quell’oscura figura slanciata e inquietante che ha finito per ispirare videogiochi e addirittura un film.

Poi ci sono le Backrooms, nate sempre online, che evocano stanze giallastre e infinite, prive di uscita. Spazi liminali, desolanti e deserti, colmi di un silenzio che ci fa girare la testa. Quando vediamo quelle pareti gialle e sentiamo il ronzio dei neon, quasi ci manca il respiro. È l’idea di poterci cadere dentro per errore, e non uscire più, a gelarci il sangue.

Da No Through Road a Local 58: i pionieri dell’orrore in Rete

In questo viaggio, abbiamo scoperto progetti amatoriali come No Through Road, una webserie inglese creata da un diciassettenne nel 2009, o Local 58, lanciata nel 2015 e incentrata su trasmissioni televisive locali interrotte da segnali spaventosi. Questi esperimenti hanno aperto la strada a titoli più noti, come The Mandela Catalogue, The Walten Files o la webserie Backrooms, sbocciata nel 2022. Quest’ultima è arrivata a coinvolgere perfino la casa di produzione A24 per una trasposizione cinematografica.

Viene da sorridere, eppure è tutto così serio. Queste opere, generate sul web, creano reti di appassionati. Ragazzi e ragazze che si scambiano teorie e alimentano universi narrativi in continua espansione. Un frammento di video distorto diventa l’occasione per immaginare un intero mondo.

Cinema e serie TV conquistate dal brivido d’annata

Naturalmente, il cinema non è rimasto a guardare. Archive 81 – Universi alternativi, uscita su Netflix nel 2022, ha messo in scena vecchi nastri segnati da presenze maligne e universi che si compenetrano. Skinamarink (2022) ha mostrato riprese casalinghe in stile VHS, con inquadrature di corridoi bui e bambini sussurranti, pronte a toglierci il sonno. È un orrore che punta sul non detto e sui vuoti di senso.

C’è chi, come il grande David Lynch, aveva già annusato tutto: Inland Empire (2006) fu realizzato con telecamere digitali a bassa definizione, tra squarci surreali e stravolgimenti narrativi. Nessuna chiarezza, nessuna direzione precisa. Solo la sensazione di perdersi in un groviglio di visioni frammentate.

Una ribellione alle certezze

Noi sentiamo che l’analog horror funziona così bene proprio perché scardina la nostra fame di certezze. In un mondo in cui possiamo vedere di tutto, questi filmati “sporchi” e incompleti ci mettono di fronte a zone d’ombra impossibili da spiegare. Usano la nostra stessa tecnologia per ribaltare la fiducia che riponiamo nello sguardo. Ci ricordano che non sempre comprendiamo ciò che guardiamo.

Forse è per questo che Late Night with the Devil ci fa tremare. Forse ci seduce l’idea di scoprire cosa si nasconde sotto la statica, come se un demone potesse prendere possesso dei nostri apparecchi in ogni momento. Siamo dentro stanze sconosciute, a un passo da mondi paralleli. E ci piace averne paura, almeno un po’.

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Intrattenimento

Amici 24, esordio tra sorprese clamorose e sfide a colpi di share

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Abbiamo seguito la prima serata di Amici 24 con l’aria friccicarella di chi non vedeva l’ora di scoprire come sarebbe iniziato il nuovo viaggio. Voi, davanti allo schermo, forse speravate in un debutto più tranquillo? Niente da fare. Già all’inizio, qualcuno aveva sussurrato che ci sarebbero state due eliminazioni. E così è stato. Ma andiamo con ordine, o quasi.

L’energia in studio e il testa a testa con Rai 1

Non ci aspettavamo certo una partenza sottotono, però i numeri hanno comunque sorpreso parecchi di noi: più di 4 milioni di telespettatori, un 27,9% di share che ha scavalcato Ne vedremo delle belle di Carlo Conti su Rai 1, fermo a 3 milioni circa. Interessante, vero? Come se il pubblico avesse scelto un sabato sera all’insegna del canto e del ballo, lasciando poco spazio alla concorrenza. E se pensiamo all’access prime time, Affari Tuoi ha superato i 5,9 milioni di spettatori, aumentando ancora il divario. Sì, un dominio netto, che molti ritenevano quasi scontato ma che continua a fare notizia.

Il monologo di Siani e le reazioni di Amadeus

Nel bel mezzo della diretta, ecco la parentesi comica di Alessandro Siani. Ha lanciato frecciatine leggere a chiunque: Stefano De Martino? Gli ha ricordato i “pacchi” di Affari Tuoi. Carlo Conti? Qualche allusione al Festival di Sanremo. E poi una bella stoccata ironica a Maria De Filippi, definendola una sorta di “macchina” in grado di far diventare un ballerino cantante (o viceversa?). In quel momento, era divertente vedere l’espressione di Amadeus, anche lui presente in studio: un sorriso di circostanza, qualche sguardo d’intesa, ma nessun cenno di stizza. Tutto molto composto, forse fin troppo.

Il momento più amaro: due eliminazioni

Spostiamoci sull’aspetto più tosto: i tagli, le lacrime e la tensione. Fra i sedici talenti in gara, ci aspettavamo qualche faccia stravolta. Asia, ballerina nella squadra di Lorella Cuccarini ed Emanuel Lo, si è ritrovata a competere con Luk3. Dopo la sfida, l’hanno salutata con la promessa di un’esibizione futura accanto ai professionisti. Un colpo duro, eppure ha ricevuto l’incoraggiamento di Maria De Filippi: “Non mollare”.

Poi, nel ballottaggio finale, Francesca contro Vybes, un rapper seguito da Rudy Zerbi. Ecco l’altra eliminazione: Vybes ringrazia tutti, svela l’orgoglio di aver calcato quel palco, quindi pubblica sui social un pensiero dedicato ai suoi “concerti nel salotto di casa” e alla canzone “Chiedere aiuto”. C’è chi l’ha visto come un tributo alla sensibilità su temi delicati, specie la salute mentale. “È solo una partenza”, ha detto, quasi volesse ricordarci che la vera sfida inizia adesso.

Uno spettacolo che continua

Non sappiamo voi, ma noi sentiamo la voglia di scoprire come proseguirà questa edizione. Abbiamo assistito a eliminazioni repentine, ascolti esorbitanti e momenti di puro intrattenimento. Con giudici come Amadeus, Cristiano Malgioglio ed Elena D’Amario, di certo non mancheranno altri colpi di scena. Amici 24 promette un cammino fatto di musica e coreografie che, tra una sfida e l’altra, potrebbe riservare ulteriori sorprese. E a questo punto la domanda sorge spontanea: chi arriverà fino in fondo? Restiamo qui, pronti a raccontarvelo passo dopo passo.

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Intrattenimento

Beautiful: risveglio domenicale su Canale5, tutto quello che vi attende

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Ci sentiamo quasi sollevati nel dirvelo: finalmente aggiungiamo un tassello in più alle nostre consuete abitudini televisive. Beautiful, la soap che seguiamo da una vita, si riaffaccia anche la domenica sul palinsesto di Canale5. È un passaggio che alcuni di voi forse aspettavano da un po’ (e ammettiamolo, anche noi!), perché con l’arrivo della primavera ci sembrava strano restare senza Forrester Creations durante il fine settimana.

Un ritorno che cambia il weekend

Sappiamo che per mesi abbiamo visto la famiglia Forrester dal lunedì al sabato, e la domenica era rimasta libera per Amici, il talent di Maria De Filippi. Ora che quel programma sta virando verso la fase serale, nella fascia pomeridiana di Canale5 si libera spazio per un ritorno che ci fa battere il cuore. Da questo weekend, infatti, Beautiful va in onda la domenica verso le 14, dandoci così un appuntamento quotidiano (sabato e domenica inclusi). Magari non è un cambiamento epocale, però ci aiuta a riavvicinarci alle trame americane, senza restare troppo indietro.

Vi state chiedendo se potrebbero esserci ulteriori variazioni d’orario? A quanto pare, la programmazione potrebbe subire degli aggiustamenti, ma per ora ci limitiamo a goderci l’idea che ogni giorno della settimana, da lunedì a venerdì (ore 13.45) e nel weekend (intorno alle 14), possiamo immergerci di nuovo in quelle storie intrecciate, magari con una tazza di tè in mano.

Riduciamo il divario con gli Stati Uniti

Le vicende della famiglia Forrester, stando alle puntate d’Oltreoceano, si trovano in un momento cruciale per Steffy e per tutto il suo clan. In Italia eravamo un po’ più indietro. Tornando alla domenica, possiamo rosicchiare qualche puntata di distacco e sentire meno il peso dello spoiler: sapete, quando scorre la timeline dei social e ogni tanto compare quell’anticipazione che non volevamo vedere.

C’è da dire che Beautiful mantiene sempre viva la nostra curiosità. Quelle alleanze e rivalità all’interno della Forrester Creations hanno un fascino quasi magnetico, e ritrovarle anche di domenica è un piccolo regalo. In fin dei conti, molti di noi hanno iniziato a seguire queste storie da ragazzini, e continuare a farlo ora ci sembra quasi un rito che non vogliamo abbandonare.

A voi, dunque, la scelta: trascorrere la domenica pomeriggio con la Forrester Creations (magari tra un impegno e l’altro) oppure recuperare in streaming? Noi sappiamo già cosa faremo. E non vediamo l’ora.

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