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Von der Leyen e Costa attesi a Kiev il 24 febbraio

Annuncio su X: sostegno al popolo ucraino e a Zelensky

Il prossimo 24 febbraio cadrà il terzo anniversario dell’avvio dell’invasione russa su larga scala in territorio ucraino. In occasione di questa data, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha reso noto, tramite un messaggio pubblicato su X, l’intenzione di recarsi a Kiev insieme a Ursula von der Leyen. L’obiettivo dichiarato è ribadire il sostegno all’eroico popolo ucraino e al presidente democraticamente eletto Volodymyr Zelensky.

Supporto per l’Ucraina e incontro con la leadership

Costa ha sottolineato che la visita, programmata precisamente per lunedì 24 febbraio, mira a manifestare solidarietà e appoggio concreto nei confronti delle istituzioni ucraine. La scelta della data coincide con un momento particolarmente significativo per il Paese, che segna tre anni dall’inizio delle ostilità su larga scala. In questo contesto, la presenza di von der Leyen e Costa intende offrire un segnale di vicinanza ai cittadini dell’Ucraina, definita “eroica” nel messaggio ufficiale. La stessa dichiarazione rimarca inoltre l’importanza del sostegno al presidente Zelensky, espressamente riconosciuto come leader eletto nel pieno rispetto del processo democratico.

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Esteri

Trump: “Accordo imminente su terre rare e dialogo sulla centrale di...

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Stati Uniti e Ucraina sono prossimi alla formalizzazione di un’intesa cruciale riguardante le terre rare, mentre le trattative includono anche la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Ad annunciarlo è Donald Trump, che ha fatto il punto sui negoziati in atto con Kiev e, parallelamente, con Mosca.

Durante una serie di incontri a Riad, in Arabia Saudita, la delegazione statunitense ha avviato colloqui con entrambe le parti coinvolte nel conflitto. “Ci sono sviluppi promettenti. Il nostro obiettivo è porre fine alla guerra e ridurre gli ingenti costi economici che stiamo sostenendo. È arrivato il momento di agire”, ha dichiarato Trump nel corso di una riunione del suo gabinetto alla Casa Bianca.

Il presidente ha sottolineato che i colloqui sono in pieno svolgimento, sebbene non sia stata ancora raggiunta alcuna decisione definitiva. “Stiamo discutendo di territori, di linee di confine e della proprietà degli impianti energetici, con particolare attenzione alla grande centrale nucleare di Zaporizhzhia. La nostra esperienza in questo settore è indiscutibile”, ha aggiunto.

Secondo Trump, sia l’Ucraina che la Russia hanno manifestato interesse a concludere un accordo. “L’Ucraina ne ha bisogno e la Russia lo desidera. Abbiamo una squadra di esperti dedicata a portare avanti questa mediazione”, ha spiegato, mettendo in evidenza il ruolo centrale svolto da Washington in questa delicata fase negoziale.

Inoltre, i negoziati con l’Ucraina comprendono un importante accordo relativo allo sfruttamento delle terre rare, risorse minerarie strategiche che sono essenziali per numerosi settori industriali. “L’intesa è praticamente definita e sarà formalizzata a breve”, ha concluso il presidente.

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Esteri

Ucraina e Russia, rotte diplomatiche in evoluzione: Trump rilancia l’idea di fermare Putin

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Guardate, è tutto un groviglio. Un labirinto infinito di strade, senza fine. Ci sta Trump che dice di essere lui l’unico capace di spegnere sta guerra, che è lui quello giusto per fermare Putin. Un’affermazione forte, ma forse anche un po’ troppo convinta, no? Dall’altra parte c’è il Cremlino che frena: calma, calma, non aspettatevi miracoli improvvisi, non è mica tutto facile. E in mezzo? Gente che si incontra in Arabia Saudita, riunioni fitte, incontri lunghi, parole su parole. Speranze sì, tante, forse pure troppe. E noi qui, con mille dubbi e qualche briciolo di speranza vera, che ci domandiamo: voi, voi davvero ci vedete una via d’uscita? Un piccolo spazio, almeno una minima luce concreta in fondo a questo labirinto?

Trump e la fiducia in se stesso

Trump lo ha detto apertamente, senza giri di parole: “Soltanto io posso fermare Vladimir Putin”. Sì, un’affermazione che suona forte e netta. L’ha ribadita mentre parlava con il sito Outkick, esprimendo la convinzione che le sue passate discussioni con il presidente russo possano rappresentare un ponte per risolvere l’impasse. Noi ci sentiamo a metà tra lo scetticismo e la curiosità. Da un lato, fa un po’ impressione vedere con quanta sicurezza si proponga come mediatore. Dall’altro, non possiamo ignorare che nei suoi trascorsi ha avuto contatti frequenti con Putin, e magari i due si rispettano abbastanza per provare a tessere un dialogo.

Le parole del Cremlino
Eppure, Mosca non si mostra particolarmente entusiasta. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha messo in guardia dall’illusione di un accordo immediato. “Il cammino è appena all’inizio”, ha detto con espressioni che fanno pensare a una maratona, non certo a uno sprint. Del resto, quando la posta in gioco è una possibile tregua, ci si aspetta trattative complicate, piene di ostacoli e ritorni al punto di partenza. Noi restiamo qui ad attendere sviluppi, ben consapevoli che un processo di pace richiede tempo, volontà e diplomazia.

Gli incontri a Riad

Nel frattempo, in Arabia Saudita, qualcosa si muove per davvero. La delegazione americana e quella ucraina si sono incontrate a Riad. Rustem Umerov, ministro della Difesa di Kiev, ha spiegato in un post che i colloqui mirano a rafforzare la sicurezza delle strutture energetiche e di altre infrastrutture cruciali. Non è roba da poco, perché sappiamo quanto l’energia sia un tassello vitale in questo conflitto. Umerov è affiancato da esperti militari ed energetici, e sembra piuttosto determinato a portare a casa risultati tangibili.

Domani tocca ai russi e agli americani
Stando a quanto trapela, il giorno successivo sarà dedicato al confronto diretto tra funzionari russi e statunitensi. L’obiettivo principale? Definire i contorni di un’eventuale tregua, partendo da temi tecnici come la sicurezza nel Mar Nero, la movimentazione di grano e carburante. Qui la diplomazia si fa concreta, tangibile: noi immaginiamo quei tavoli di lavoro, pieni di carte e mappe, con le delegazioni che discutono una linea di controllo e i possibili meccanismi di verifica.

Delegazioni e protagonisti

Vorremmo tutti avere uno sguardo privilegiato su ciò che accade in quelle stanze. Per ora, sappiamo che per l’Ucraina sono presenti Umerov e il consigliere militare della Presidenza Pavlo Palisa, insieme a una squadra di specialisti in infrastrutture navali e aeree. Per la Russia, l’agenzia Tass riferisce di un diplomatico di spicco, Grigory Karasin, e di un consigliere del direttore dell’Fsb, Sergey Beseda. Per gli Stati Uniti, Keith Kellogg guida un gruppo che include Michael Anton, responsabile della Pianificazione politica presso il Dipartimento di Stato, e consulenti che fanno capo a Michael Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale.

L’ottimismo di Waltz
C’è chi parla di pace con toni che mescolano ottimismo e prudenza. Michael Waltz, infatti, sostiene che la situazione stia evolvendo nella direzione giusta: “Mai siamo stati così vicini alla pace”, ha dichiarato, condividendo l’idea che la nuova fase di dialogo possa portare risultati reali, soprattutto dopo le ultime telefonate tra Trump e Putin. Pare che un cessate il fuoco sulle infrastrutture aeree sia già in atto. Ora, aggiunge Waltz, si valuta una tregua marittima nel Mar Nero per consentire a entrambi i Paesi di spostare merci, grano e combustibili.

Da parte nostra, non possiamo fare a meno di notare quanto sia delicato riaprire corridoi di scambio nelle acque del Mar Nero. I porti e le rotte commerciali sono un nodo cruciale nella guerra in corso, e un’intesa in quel settore farebbe ben sperare sull’idea di portare avanti un cessate il fuoco più ampio. Si riesce a immaginare un lento ritorno alla normalità?

Lo spettro di una Terza Guerra Mondiale

Trump, nelle sue dichiarazioni, è tornato più volte su un punto: il timore che il conflitto ucraino-russo possa degenerare in qualcosa di molto più grave. “Non sono soldati americani, ma potremmo rischiare di precipitare verso la terza guerra mondiale”, ha affermato. Noi avvertiamo una certa tensione nelle sue parole, perché in fondo sa che un’escalation globale sarebbe devastante sotto ogni punto di vista.

Peskov su possibili contatti riservati
Intanto, dal Cremlino trapela che potrebbero esserci stati più contatti di quanti ne siano stati resi noti tra Putin e Trump. “Vi informiamo di ciò di cui siamo a conoscenza, ma non escludiamo il resto”, ha detto Peskov, gettando un velo di mistero su quelle che potrebbero essere state conversazioni private. Noi ci chiediamo se dietro le quinte si stia giocando una partita ancora più complessa di quella pubblica.

Le voci su una tregua entro Pasqua

Alcune fonti mediatiche, tra cui Bloomberg, riferiscono che l’amministrazione Trump stia puntando a una tregua entro il 20 aprile. E sappiamo che quest’anno, secondo il calendario, la Pasqua cattolica e quella ortodossa coincidono proprio in quella data. Un segnale simbolico, se vogliamo: una pace che arrivi in un giorno di festa condivisa. Tuttavia, gli stessi americani considerano questa scadenza ambiziosa. Effettivamente, mettere d’accordo due nazioni in guerra aperta non è questione di pochi giorni.

Noi cerchiamo di capire se davvero ci sia un margine concreto per arrivare a un fermo totale delle ostilità. Gli esperti di politica estera parlano di possibili “congelamenti delle linee” e di qualche forma di interposizione, magari con meccanismi di verifica o forze terze a sorvegliare il rispetto degli accordi. Nell’aria si respira una combinazione di cautela e speranza.

Tra scetticismo e desiderio di pace

Per un attimo, proviamo a metterci nei panni di chi vive queste giornate da protagonista, seduto a un tavolo di negoziazione a Riad o a Mosca. C’è chi non vorrebbe cedere un solo centimetro, temendo di mostrarsi debole. C’è chi anela a far ripartire gli scambi commerciali nel Mar Nero, perché il grano e il carburante sono fondamentali per la sopravvivenza della popolazione. C’è poi chi spera di arginare un conflitto che potrebbe coinvolgere progressivamente altri Paesi.

Forse, la vera grande incognita è la volontà politica di tutte le parti in causa. Trump ne è convinto: con la sua mediazione, Putin e Zelensky potrebbero trovare un accordo ragionevole. Il Cremlino, però, mette le mani avanti dicendo che la strada è lunga e faticosa. E intanto, a noi resta il compito di raccontarvi tutto questo, cercando di non perdere di vista la sostanza: una guerra in corso e la concreta possibilità di innescare processi di pace.

Noi incrociamo le dita, sperando che questi incontri in Arabia Saudita siano davvero l’inizio di qualcosa di più solido. Forse l’obiettivo di una tregua entro Pasqua è audace, ma non bisogna sottovalutare la forza simbolica di una data che unisce diverse comunità religiose. Se a Riad si comincia a parlare di corridoi sicuri e cessate il fuoco mirati, allora c’è un seme di speranza. Certo, nessuno vuole illudersi: sappiamo che i negoziati sulla linea di controllo e sul mantenimento della pace sono solo un primo passo. Però vale la pena rimanere con gli occhi puntati su queste trattative. Se davvero riuscissero a fermare il fuoco, anche solo per un giorno, sarebbe un piccolo miracolo diplomatico.

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Esteri

Ucraina-Russia, Meloni: “Trump punta a un’intesa che non possa essere contestata”

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La Presidente del Consiglio: “Non ho preso le difese di Zelensky? Mi dispiace si preferiscano sempre polemiche sterili”.

In merito al conflitto tra Ucraina e Russia, e a seguito delle recenti tensioni tra Trump e Zelensky, Giorgia Meloni – ospite del programma XXI secolo su Rai1, in onda in seconda serata – ha spiegato che “non è un momento semplice per nessuno, tanto meno per me, quando ci si ritrova a dover prendere decisioni che inevitabilmente influenzeranno il futuro della propria nazione, dell’Europa e dell’intero scenario geopolitico”.

La premier ha quindi proseguito affermando che “non sono scelte da compiere con leggerezza” e che, proprio per questo, occorre “ponderare con attenzione ogni passo, mantenere la calma e ragionare con lucidità, ricordando sempre quale sia l’obiettivo e la priorità”. L’interesse nazionale italiano resta al centro per Meloni, convinta che per l’Italia sia fondamentale evitare “qualsiasi possibile frattura in seno all’Occidente, poiché divisioni di questo tipo ci renderebbero tutti più vulnerabili”.

Per questa ragione, aggiunge la Presidente del Consiglio, “in una fase in cui prevaleva molta emotività, ho ritenuto opportuno chiedere un confronto sincero su come affrontare la questione della guerra in Ucraina, ma anche le principali sfide che Europa, Stati Uniti e l’Occidente si trovano ad affrontare”.

“Trump non può permettersi un accordo che venga disatteso”
Secondo Meloni, “al di là di quello che può sembrare, l’obiettivo è condiviso: tutti vogliamo la pace in Ucraina, una pace giusta, stabile e definitiva”. La questione centrale, osserva, è garantire una sicurezza tale per l’Ucraina da evitare il ripetersi del conflitto, un interesse comune “ai Paesi europei che si sentono comprensibilmente minacciati dalla Russia e a Donald Trump, leader forte che non può permettersi di firmare un’intesa che in seguito qualcuno potrebbe violare”.

“Non ho difeso Zelensky? Mi spiace prevalga la polemica fine a se stessa”
Sul tema delle presunte mancate difese di Zelensky, Meloni commenta che “dispiace si preferisca sempre la polemica fine a se stessa: quando esplose la guerra, e io ero all’opposizione del governo Draghi, offrimmo comunque il nostro sostegno. Ci sono momenti in cui bisogna smettere di fare polemiche e impegnarsi seriamente per ricomporre, piuttosto che dividere ulteriormente. A chi serve la tifoseria?”.

La premier ribadisce di star lavorando per ricomporre, consapevole che qualcuno potrebbe anche non condividere questa posizione, ma è un impegno “sotto gli occhi di tutti, grazie anche alla possibilità di dialogare con tutte le parti in causa, cosa che può dare un contributo utile in un contesto così delicato”.

“Non manderemo soldati a Kiev”

A proposito dell’idea di un invio di truppe europee, ipotizzato da Francia e Gran Bretagna, Meloni sottolinea che l’Italia “ha espresso perplessità, dato che si tratta di una questione di difficile attuazione e non sono convinta della sua efficacia. Per questo – come noto – non manderemo militari italiani in Ucraina”.

Tuttavia, la premier riconosce che qualsiasi proposta nata con l’obiettivo di trovare una soluzione in questo contesto “può essere utile”. E aggiunge che la sua linea è stare “con l’Italia, in Europa, per l’Occidente, e lascio ad altri le letture semplificate, che in questo momento non possiamo permetterci”.

Si domanda, infine, se quando alcune forze di opposizione affermano che l’Italia debba sostenere l’Europa “senza se e senza ma”, ciò implichi anche l’invio di soldati italiani in Ucraina, come pensano di fare Francia e Regno Unito. Meloni spiega che “gli slogan sono affascinanti, ma poi bisogna compiere scelte concrete: gradirei maggiore chiarezza anche dalle opposizioni, proprio perché su temi come questi sarebbe preferibile trovare una posizione condivisa”.

“Dazi? Il nostro interesse è l’opposto rispetto a quanto dichiara Trump”
Sui dazi, la Presidente del Consiglio ricorda che “l’interesse nazionale italiano è in totale contrasto con quanto sostiene Donald Trump”. E prosegue: “In ogni caso, avviare una guerra commerciale, con dazi seguiti da contro-dazi europei, non conviene a nessuno, nemmeno agli Stati Uniti. Tuttavia, è chiaro che su questo tema possono esistere punti di vista diversi”.
Essendo l’Italia un Paese esportatore, l’adozione di dazi “non ci favorisce, dunque farò tutto il possibile per scongiurare che ciò accada”, conclude Meloni.

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