PlayStation Network in blackout globale: milioni di gamer bloccati per ore
L’8 febbraio si è trasformato in un incubo per milioni di videogiocatori PlayStation. Senza preavviso, il PlayStation Network (PSN) è crollato a livello globale, lasciando offline tutti i servizi e impedendo qualsiasi attività online. Immaginate la scena: venerdì notte, il momento clou per rilassarsi con gli amici dopo una lunga settimana e improvvisamente niente partite, niente chat, niente store. I social media sono stati immediatamente sommersi da migliaia di segnalazioni e commenti furiosi. C’è chi, con amara ironia, ha scherzato “Ora dovrò davvero interagire con la mia famiglia? Che orrore!”, mentre altri hanno espresso rabbia e delusione più dirette. Su Reddit e su X (il vecchio Twitter) l’hashtag #PSNdown è esploso, tra meme e sfoghi di utenti che si sentivano “persi” senza la loro dose di gioco online del weekend.
Un blackout globale nel momento peggiore
Il blackout è iniziato intorno alle 01:00 di notte (ora italiana) tra venerdì e sabato, quando le prime disconnessioni hanno colpito i giocatori. Nel giro di pochi minuti, tutti i servizi PlayStation Network – dalla gestione account al PlayStation Store – sono risultati indisponibili. Il problema, di portata globale, ha interessato PS5, PS4 ma anche le “vecchie” PS3 e PS Vita, segno di un guasto esteso all’intera infrastruttura di Sony. Purtroppo è successo nel momento peggiore: un venerdì sera. Moltissimi utenti hanno visto svanire i propri piani di gioco programmati per la serata, ritrovandosi davanti a un “muro invalicabile” quando tentavano di accedere alle partite online o anche solo alla lista amici. In Italia, il sito Downdetector ha registrato un picco di oltre 1.600 segnalazioni nel giro di poche ore, a riprova di quanti si siano accorti all’istante del disservizio.
Alcuni hanno provato ad attendere speranzosi: in piena notte le segnalazioni sembravano diminuite (forse perché molti hanno rinunciato andando a dormire), ma all’alba le lamentele sono riesplose. Ore ed ore di blackout senza precedenti recenti: in mattinata il PSN risultava ancora completamente KO e sarebbe rimasto così per quasi tutta la giornata. Solo nel tardo pomeriggio sono apparsi i primi segnali di miglioramento, con qualcuno che riusciva a vedere la lista amici o scaricare un gioco dalla libreria. Per la maggior parte dei giocatori, tuttavia, l’errore di connessione continuava imperterrito a comparire ad ogni tentativo, rendendo impossibile giocare online praticamente per oltre 15 ore consecutive.
Giochi popolari inaccessibili e disagi a catena
Le conseguenze del down sono state a cascata su tutto l’ecosistema PlayStation. Non parliamo solo dell’ovvia impossibilità di giocare in multiplayer: alcuni non sono riusciti nemmeno ad avviare giochi single-player acquistati digitalmente, perché la console non poteva verificare la licenza online, restituendo messaggi di errore surreali (“Cannot connect to server to verify your license”). In pratica, anche chi voleva farsi una partita in solitaria è rimasto al palo. Figuriamoci chi puntava a sfide competitive: titoli amatissimi come Call of Duty: Modern Warfare III, Fortnite, Grand Theft Auto Online, EA Sports FC 24 (FIFA) o Destiny 2 sono risultati del tutto inaccessibili durante il blackout. I giocatori non potevano connettersi alle partite, ai server o persino al proprio profilo, con il risultato che leaderboard, eventi speciali del weekend e modalità online sono rimasti deserti.
Anche servizi aggiuntivi come PlayStation Video e lo shop digitale PS Store erano fuori uso, impedendo di fatto qualsiasi acquisto o download. Persino il cloud saving e le funzionalità dell’app mobile PSN hanno smesso di funzionare, dato che tutto il network Sony era in tilt. Insomma, un’interruzione totale che ha mandato in crisi sia i giocatori casual che i pro-player: c’è chi si è ritrovato tagliato fuori da un torneo online, chi ha visto svanire l’evento a tempo limitato del suo gioco preferito e chi semplicemente non ha potuto godersi la serata di svago programmata da tempo – il tutto proprio durante il fine settimana, quando il gaming per molti diventa protagonista.
Sony rompe il silenzio (in ritardo) sulle cause
Mentre il malcontento montava, in tanti si sono chiesti: cosa sta succedendo a PSN? Si tratta di un guasto tecnico o di qualcosa di più grave? Per ore Sony è rimasta insolitamente silenziosa. Inizialmente la pagina ufficiale di stato PSN non riportava problemi, nonostante migliaia di utenti stessero già segnalando il contrario. Solo dopo circa 45 minuti dall’inizio del blackout, il sito di status è stato aggiornato, ammettendo che “tutti i servizi sono in manutenzione”. Sui social ufficiali, tuttavia, le informazioni sono arrivate col contagocce. PlayStation (via il suo account di supporto “Ask PlayStation”) ha riconosciuto la situazione con un breve messaggio su X intorno alle 3 di notte: “Siamo consapevoli che alcuni utenti potrebbero attualmente riscontrare problemi con PSN. Stiamo lavorando per risolvere il problema il prima possibile”.
Un annuncio stringato, senza alcun dettaglio sulle cause, che ha lasciato molti utenti ancora più irritati. “Almeno diteci perché non funziona!”, era il sentimento comune leggendo le risposte al tweet di Sony. Nessuna spiegazione ufficiale, dunque, almeno nell’immediato. Guasto tecnico imprevedibile? Problemi di server? Attacco hacker? – tutte ipotesi sul tavolo, ma senza conferme. La stessa Sony, al momento, non ha fornito alcuna spiegazione precisa sull’origine del problema. Questo alone di mistero ha fatto volare la fantasia (e la preoccupazione) della community: in molti hanno temuto il peggio, riecheggiando lo spettro del famigerato attacco del 2011, quando un’intrusione hacker mandò KO il PSN addirittura per 23 giorni consecutivi.
Fortunatamente, finora non ci sono segnali concreti che si tratti di un nuovo data breach o di qualcosa di altrettanto grave. Più probabilmente, si è trattato di un grave guasto tecnico a livello di server o infrastruttura – un evento raro per Sony, che negli ultimi anni aveva evitato interruzioni prolungate di questo tipo. Resta il fatto che la vicenda ha messo a nudo la dipendenza dei nostri giochi preferiti dal funzionamento dei server centrali: un singolo blackout ha paralizzato un intero ecosistema digitale.
Rabbia e richieste di indennizzo
Comprensibilmente, l’umore dei giocatori col passare delle ore è passato dalla sorpresa alla frustrazione, fino alla rabbia aperta. Sui forum e su X, molti utenti hanno definito “inaccettabile” la mancanza di comunicazione da parte di Sony nelle fasi iniziali del down. Pagare un abbonamento annuale (PS Plus) per ritrovarsi senza servizio proprio nel weekend ha fatto infuriare più di qualcuno. “We pay for your services… a refund will be what is due” ha tuonato un giocatore, chiedendo rimborsi per il disservizio. L’idea di qualche forma di indennizzo ha preso piede rapidamente: c’è chi pretende il rimborso di una quota di abbonamento, chi spera almeno in qualche giorno di PS Plus gratis o in contenuti extra in omaggio come segno di scusa.
Le richieste di compensazione si moltiplicano man mano che le ore passavano senza una soluzione. Finora, però, Sony non ha annunciato né promesso alcun “regalo” o estensione degli abbonamenti per farsi perdonare – probabilmente concentrata prima di tutto a ripristinare i servizi e capire le cause. In passato l’azienda giapponese aveva offerto bonus ai giocatori dopo lunghi blackout (celebre il “Welcome Back” del 2011 con giochi gratuiti e abbonamenti estesi), ma in questo caso non è detto che accada lo stesso, visto che la situazione si è risolta in meno di 24 ore. Al momento, l’unico impegno ufficiale di Sony è stato quello di risolvere il problema il prima possibile e ripristinare la normalità.
Un weekend da dimenticare, in attesa di risposte
Questa “notte buia” per il PlayStation Network si è conclusa solo sul finire di sabato 8 febbraio, con i servizi che pian piano tornavano operativi e i giocatori che hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Resta però la macchia di un weekend rovinato e di una comunicazione non all’altezza delle aspettative della community. Episodi come questo sollevano interrogativi importanti sull’affidabilità delle piattaforme online e su come le aziende gestiscono le crisi: i gamer chiedono maggiore trasparenza e magari qualche gesto di buona volontà quando le cose vanno storte. Sony, dal canto suo, dovrà probabilmente fornire spiegazioni più dettagliate nei prossimi giorni: cosa ha mandato in tilt il PSN a livello mondiale?
Un aggiornamento andato male, un problema ai server centralizzati, o magari un attacco esterno sventato? La speranza è che l’azienda faccia luce sull’accaduto e prenda misure per evitare che un simile blackout globale si ripeta. Nel frattempo, i videogiocatori di tutto il mondo hanno imparato quanto possa essere fragile quella routine quotidiana fatta di partite online e amicizie digitali: bastano poche ore di offline per scatenare il caos e ricordarci quanto diamo per scontato poter giocare sempre e comunque. Questo fine settimana ce lo ricorderemo a lungo – e si spera, anche Sony.

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Attualità
Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.
La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale
Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.
Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.
Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori
Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.
Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.
Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.
Attualità
Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.
Un processo fra indignazione e memoria
Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.
Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.
Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.
Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.
Attualità
Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.
La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”
Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?
Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.
Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no
Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.
Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.
Corruzione e proteste: drammi condivisi
Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?
Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump
Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.
Un rifugio per animali (e per noi)
Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.
I problemi del lago Trasimeno
Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.
Una pausa dai social?
In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.
Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate
Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.
Come eravamo: Giappone 1963
Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.
Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.
Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!