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Gaza, sì gabinetto sicurezza Israele a tregua. Netanyahu: “Guerra se accordo fallisce”

Il premier israeliano: "C'è ok Usa". Primi tre ostaggi liberi domenica, tregua da domani: i rapiti liberati nella prima fase saranno 33 in cambio di 1.700 palestinesi rilasciati

Murales per gli ostaggi israeliani trattenuti da Hamas a Gaza - Fotogramma /Ipa

Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato l'accordo con Hamas sul cessate il fuoco a Gaza e sullo scambio di ostaggi con prigionieri palestinesi. Lo riferisce l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu. L’accordo dovrà ora essere votato oggi dal governo. La tregua, in caso di foto favorevole, dovrebbe partire già da domani.

Prima dell'inizio della riunione, Netanyahu ha incontrato i negoziatori israeliani di ritorno da Doha, dove l'accordo è stato firmato nelle prime ore di oggi, per valutare la situazione.

Il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir e il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich hanno votato contro l'accordo durante la riunione del gabinetto di sicurezza, rende noto l'emittente israeliana N12. L'accordo è stato comunque approvato dal gabinetto di sicurezza e a breve sarà votato dal governo israeliano.

Netanyahu ha ottenuto garanzie sia dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, quanto dal futuro inquilino della Casa Bianca Donald Trump, che potrà riprendere la guerra nella Striscia di Gaza se non dovesse reggere la seconda fase dell'accordo con Hamas. Durante la riunione del gabinetto di sicurezza, Netanyahu ha letto ai ministri la trascrizione di alcuni dei suoi colloqui con Biden e con Trump. Ai due leader americani, il presidente israeliano ha chiarito di disporre di tutti i mezzi per garantire la sicurezza dello Stato di Israele.

Domenica primi ostaggi liberi, sono 3 donne

I primi ostaggi ancora a Gaza verranno rilasciati domenica, come da accordo, chiarisce l'ufficio del premier israeliano, spiegando in una nota che appena l'accordo entrerà in vigore dopo l'ok del governo, "il rilascio degli ostaggi potrà essere effettuato secondo lo schema pianificato". Quindi, tre donne in ostaggio saranno rilasciate domenica, 33 in tutto i rapiti in lista.

Hamas comunicherà domani alle 16 (le 15 in Italia) i nomi degli ostaggi che verranno rilasciati. I media locali confermano che saranno tre donne. Anche l'ufficio del primo ministro israeliano ha chiarito che i nomi degli ostaggi israeliani verranno resi noti solo dopo che saranno consegnati alle Idf e le loro famiglie saranno informate.

1.700 palestinesi rilasciati in cambio di 33 ostaggi

Sono 1.700 i prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati dalle carceri di Israele nella prima fase dell'accordo con Hamas per la liberazione di 33 ostaggi, a partire da domenica, scrive il Times of Israel, che ha visionato una copia dell'accordo.

Nel dettaglio, spiega il giornale, si tratta di "700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l'ergastolo, mille cittadini di Gaza catturati dall'8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia e 47 prigionieri arrestati nuovamente dopo l'accordo per la liberazione del caporale Gilad Shalit del 2011".

In una nota del Prisons Service si afferma che saranno le autorità israeliane, non la Croce Rossa, a occuparsi della prima parte del trasporto dei prigionieri. L'obiettivo è quello di garantire che "i terroristi non si discostino dalle rigide linee guida di sicurezza e si astengano da qualsiasi espressione di gioia all'interno del territorio israeliano".

L'Egitto si prepara a riaprire valico di Rafah

L'Egitto si sta preparando a riaprire il valico di Rafah al confine con la Striscia di Gaza. Lo hanno indicato fonti della sicurezza egiziana a Sky News Arabia, mentre si avvicina l'inizio dell'attuazione dell'accordo sul cessate il fuoco e gli ostaggi.

Governo Netanyahu in bilico

Netanyahu si trova intanto ad affrontare una grave crisi politica , dopo la reazione negativa da parte di alcuni membri della coalizione. Due partiti di estrema destra hanno minacciato di lasciare il governo se l'accordo dovesse andare in porto, una mossa che potrebbe essere il catalizzatore per la perdita della maggioranza del primo ministro in Parlamento, ricorda la Cnn.

Le fibrillazioni nel governo israeliano sono legate soprattutto al nome di Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra israeliano Otzma Yehudit e ministro della sicurezza nazionale. "Se l'accordo sarà approvato e attuato, presenteremo le nostre dimissioni e non faremo parte del governo", ha detto Ben Gvir.

"Questo accordo - ha poi dichiarato - vanificherà tutti i risultati che abbiamo garantito allo Stato di Israele", ha affermato quindi affermato aprendo il suo intervento davanti alla stampa. "L'accordo che sta prendendo forma è sconsiderato, e determinerà la fine della guerra in un momento in cui Hamas non è ancora stato sconfitto e noi non abbiamo raggiunto gli obiettivi della guerra".

Hamas: "Israele sta causando massacri orribili per bloccare l'accordo"

Hamas ha accusato Israele di provocare "massacri orribili" a Gaza per "bloccare" l'accordo sul cessate il fuoco annunciato mercoledì e che dovrebbe entrare in vigore domenica. In una nota la fazione palestinese ha puntato il dito contro l' "intensificazione deliberata" degli attacchi aerei sull'enclave. Secondo quanto riferito da Al-Jazeera, nei raid condotti sulla Striscia dopo l'annuncio dell'accordo sono morte almeno 113 persone, tra cui 28 minori e 31 donne, e 264 sono rimaste ferite.

Israele sta "deliberatamente commettendo questi massacri nel suo tentativo di bloccare l'accordo di cessate il fuoco", ha sostenuto Hamas, esortando i mediatori a fare pressione su Israele affinché "fermi i massacri".

Il sondaggio

Il 73% circa degli israeliani è a favore dell'accordo per il rilascio degli ostaggi. Questo quanto emerge da un sondaggio di 'Maariv', pubblicato oggi, dal quale risulta che il 19% del campione è invece contrario all'intesa e l'8% dichiara di non avere un'opinione in merito. Diverse le risposte degli elettori dei partiti di opposizione (91% a favore dell'accordo) e quelle dei sostenitori dei partiti della coalizione (52% a favore, 37% contrario), seconda l'inchiesta citata dal Jerusalem Post. Dallo stesso sondaggio emerge che il 45% del campione ritiene che il governo stia solo parzialmente raggiungendo gli obiettivi dell'offensiva bellica, il 36% crede che non ci stia riuscendo affatto. Solo l'8% ha detto di considerare pienamente raggiunti gli obiettivi prefissati.

La pressione Usa

Il leader israeliano sta anche affrontando da tempo pressioni internazionali per porre fine alla guerra a Gaza. E l'imminente ritorno al potere del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump non ha fatto altro che aumentare l’urgenza per il premier di concludere finalmente l’accordo.

"Guerra riprenderà dopo prima fase"

Le richieste del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich al primo ministro Netanyahu, che Israele continui la guerra contro Hamas a Gaza una volta conclusa la prima fase dell'accordo e abbia il controllo sulla distribuzione degli aiuti umanitari, sono state accettate, riportano intanto i media israeliani, aggiungendo che Smotrich e il suo partito, il Sionismo religioso, voteranno contro l'accordo, ma rimarranno al governo.

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Esteri

Germania, Reza Pahlavi: “Governo ha bloccato mia...

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Il figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia ha denunciato che il governo tedesco, su "pressione" della Repubblica islamica, gli ha ritirato l'invito a partecipare alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza che si apre domani

Germania, Reza Pahlavi:

Reza Pahlavi, figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia, ha denunciato che il governo tedesco, su "pressione" della Repubblica islamica, gli ha ritirato l'invito a partecipare alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza che si apre domani. L'ufficio stampa di Reza Pahlavi ha precisato in una nota di aver ricevuto una comunicazione dagli organizzatori dell'evento in cui si sottolinea che "gli esponenti dell'opposizione iraniana e i rappresentanti della società civile iraniana sono stati ospiti abituali della Conferenza" e lo stesso Reza Pahlavi è stato a Monaco l'ultima volta nel 2023. "Il direttore della Conferenza di Monaco, l'ambasciatore Christoph Heusgen, aveva invitato informalmente il signor Pahlavi quest'anno. Dopo aver consultato il governo tedesco, Heusgen ha deciso di non formalizzare l'invito al signor Pahlavi", si precisa.

Sempre secondo l'ufficio stampa del figlio dello Shah, la nota degli organizzatori "conferma che il governo tedesco è intervenuto direttamente per bloccare la partecipazione del principe Reza Pahlavi alla conferenza su pressione diretta della Repubblica islamica".

"L'ayatollah sta tirando i fili a Berlino", ha commentato in un post su X lo stesso Reza Pahlavi, riferendosi alla Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei. "Questo è un tradimento sia del popolo iraniano che dei valori democratici della Germania - ha aggiunto - Questo governo tedesco non solo ha messo a tacere la voce del popolo iraniano, ma ha anche eseguito attivamente gli ordini della Repubblica islamica".

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Esteri

Nato, Rutte avverte: “Adottare mentalità da tempo di...

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Il segretario generale dell'Alleanza: "Ucraina? Mai concordato che negoziati di pace comportino adesione. Negoziati? Preso atto di iniziativa Trump"

Mark Rutte - Afp

Come Paesi Nato, "dobbiamo passare a una mentalità da tempo di guerra e la nostra industria deve seguirci in questo cambiamento". A dirlo è il segretario generale dell'Alleanza Mark Rutte durante la conferenza stampa di chiusura della prima ministeriale Difesa del 2025, dove è emersa la necessità di potenziare sia la spesa militare di ogni Paese che la base industriale, per garantire la capacità produttiva necessaria per mantenere forte la deterrenza degli alleati.

"Il settore industriale ha già adottato misure per migliorare la capacità produttiva, ma può fare di meglio. I segnali di domanda sono chiari e continueranno a crescere. Oggi abbiamo concordato un piano d'azione aggiornato per ricostruire un'industria della difesa forte su entrambe le sponde dell'Atlantico. Un'industria della difesa robusta renderà l'Alleanza più forte e creerà più posti di lavoro in Europa e Nord America", spiega Rutte.

"Ucraina? Preso atto iniziativa Trump, alleati già fanno di più"

Alla prima riunione del 2025 tra i ministri alla Difesa della Nato "gli alleati hanno preso atto dell'iniziativa del presidente Donald Trump per i colloqui di pace" tra Ucraina e Russia, "già illustrata dal segretario Pete Hegseth nelle nostre consultazioni all'interno del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina ieri pomeriggio. Abbiamo discusso dell'importanza del nostro continuo sostegno all'Ucraina, cruciale affinché questa brutale guerra di aggressione possa concludersi in modo giusto e duraturo, e abbiamo parlato della necessità che gli alleati europei e il Canada facciano ancora di più", ha detto ancora.

Rutte ha reiterato che i Paesi membri stanno già alzando l'ambizione. "Nel 2024, gli alleati della Nato hanno fornito all'Ucraina oltre 50 miliardi di euro in assistenza per la sicurezza, di cui quasi il 60% proveniente da Europa e Canada. Questo supera ampiamente i 40 miliardi che avevamo promesso". Il nuovo comando Nato a Wiesbaden, in Germania, "è in prima linea nel coordinare questi contributi", spiega, aggiungendo che tra ieri e oggi gli alleati hanno annunciato nuovi pacchetti di supporto militare.

"Tali misure aiuteranno l'Ucraina nella sua lotta attuale e nel rafforzamento a lungo termine delle sue forze armate. Tutto questo invia un segnale chiaro: Europa e Canada stanno assumendo una quota maggiore della responsabilità transatlantica. Abbiamo avuto un confronto franco e diretto tra di noi e con l'Ucraina, e usciamo dalle riunioni delle ultime 24 ore con un chiaro senso di scopo, impegno e urgenza", dice Rutte.

"Mai concordato che negoziati comportino adesione Kiev a Nato"

Al summit di Washington di luglio 2024 "la Nato ha ribadito il suo impegno per l'adesione futura dell'Ucraina, ma non è mai stato concordato che i negoziati di pace debbano necessariamente concludersi con l'ingresso dell'Ucraina nella Nato. È un'ipotesi possibile, ma non è mai stata sancita esplicitamente", ha poi evidenziato Rutte.

Il commento segue la dichiarazione di ieri del nuovo segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth secondo cui l'adesione di Kiev, per Washington, è una prospettiva "irrealistica", poche ore prima che il presidente Usa Donald Trump annunciasse di aver concordato unilateralmente di avviare i negoziati per la pace con l'omologo russo Vladimir Putin. Quei negoziati, sottolinea Rutte di fronte alle domande della stampa, "non sono nemmeno iniziati".

"Tutti gli alleati presenti e anche la Casa Bianca ritengono che sia fondamentale garantire la pace in Ucraina, porre fine alla guerra di aggressione che ha già causato centinaia di migliaia di morti o feriti gravi su entrambi i lati del confine. Ma i colloqui devono essere condotti in modo che il risultato non sia percepito come una sconfitta per l'Occidente. Inoltre, bisogna evitare che l'accordo venga messo in discussione subito dopo, come è avvenuto con l'annessione della Crimea e gli accordi di Minsk nel 2014: Putin ha dimostrato che un accordo senza solide garanzie può essere facilmente eroso. Qualunque sia l’esito dei negoziati, bisogna garantire che Putin non possa mai più tentare di attaccare l'Ucraina", dice Rutte, evidenziando che "ci sono molte opzioni per garantire la sicurezza di Kiev nel lungo periodo" all'infuori dell'adesione alla Nato.

E ancora: "Ci sono consultazioni intense tra gli alleati, inclusi gli Stati Uniti. Io stesso sarò a Monaco domani, dove incontrerò il vicepresidente J.D. Vance. Il rappresentante speciale per del presidente Donald Trump per l'Ucraina, Keith Kellogg, sarà alla Nato lunedì. Ieri sera c'è stato un incontro con il nuovo segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth. La Nato e i governi alleati stanno coordinandosi intensamente, e lo stesso vale per molti Stati membri dell'Ue con Washington".

Rutte quindi rassicura: "Le ultime 24 ore sono servite a rafforzare una posizione comune. La Nato è un’alleanza democratica e non sempre si parte con posizioni unanimi, ma c’è stato un forte senso di unità e convergenza. Non su ogni dettaglio, ma comunque l’Alleanza si muove compatta".

"Chiaro che dobbiamo investire di più"

"È chiaro che dobbiamo investire molto di più". Questa la conclusione della prima ministeriale Difesa Nato, riassunta dal segretario generale dell'Alleanza in conferenza stampa. "Nell'incontro di oggi sono stati annunciati aumenti della spesa e mi aspetto che molti ministri tornino a casa con un senso di urgenza ancora maggiore", aggiunge.

"Abbiamo anche discusso della necessità di incrementare la produzione nel settore della difesa. Mentre aumentiamo la spesa per la difesa, la nostra industria deve essere in grado di produrre ciò che i nostri fondi aggiuntivi ci permettono di acquistare. Negli ultimi anni, abbiamo già assistito a un aumento significativo della produzione di difesa in tutta l'Alleanza. Stiamo producendo più e più rapidamente di quanto abbiamo fatto da decenni, ma possiamo e dobbiamo fare di più per garantire la credibilità della nostra deterrenza e difesa negli anni a venire", sottolinea Rutte.

I commenti seguono l'esortazione di Washington, reiterata ieri dal neo segretario alla Difesa Pete Hegseth, di aumentare la spesa militare rispetto al pil al 5%. Rutte avverte che gli altri Paesi membri dovranno tendere al superamento del 3%. L'Italia è tra i pochi Paesi Nato a non aver raggiunto l'obiettivo minimo di 2% deciso anni prima dell'aggressione russa all'Ucraina.

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Esteri

Trump-Putin, Zelensky: “Non accetto accordi senza...

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Il presidente ucraino non intende assistere passivamente. Il messaggio ai leader mondiali: "Non fidatevi di Putin"

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina non intende assistere passivamente al negoziato tra Donald Trump e Vladimir Putin. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky reclama un ruolo di primo piano al tavolo. ''Non è stato bello'' che il presidente americano Trump abbia avuto un colloquio telefonico con il leader del Cremlino anticipando Zelensky e relegando il presidente ucraino in seconda fila.

Trump, aggiunge oggi Zelensky, aveva assicurato che ''voleva parlare contemporaneamente con i due presidenti. In ogni caso non è stato piacevole'', ha ribadito.

I paletti di Zelensky

"Come paese indipendente semplicemente non possiamo accettare accordi raggiunti senza di noi. E lo dico chiaramente ai nostri partner: non accetteremo nessun negoziato bilaterale sull'Ucraina senza la nostra partecipazione", ha affermato, evidenziando che colloqui con la Russia dovrebbero avvenire solo dopo la definizione di "un piano per fermare Putin".

"Non fidatevi di Putin"

"Ho anche messo in guardia i leader mondiali dal fidarsi delle affermazioni di Putin sulla sua volontà a porre fine alla guerra", ha scritto poi in un post su X il presidente ucraino, che riferisce di un colloquio con il premier polacco, Donald Tusk.

"Abbiamo parlato delle condizioni necessarie per una pace duratura e reale in Ucraina e concordato che nessun negoziato con Putin può iniziare senza una posizione unita di Ucraina, Europa e Stati Uniti", osserva, dopo il colloquio telefonico di ieri con il presidente americano.

"Ho informato Tusk della mia conversazione con Trump e abbiamo parlato - aggiunge Zelensky - della necessità di coordinare le posizioni di tutti gli europei per risultati positivi per l'Europa intera".

"Ho sottolineato che l'Ucraina deve negoziare da una posizione di forza, con garanzie di sicurezza forti e affidabili e che l'adesione alla Nato sarebbe la più conveniente per i partner. Un'altra garanzia cruciale sono investimenti seri nell'industria della difesa in Ucraina", ha scritto ancora.

Mosca si prepara

A Mosca, intanto, sono iniziate le operazioni per definire la delegazione che prenderà parte ai negoziati con gli Stati Uniti, ha precisato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. L'incontro tra Putin e Trump, ha aggiunto Peskov non pare imminente: per organizzare il summit tra i due presidenti potrebbero servire "mesi". "Finora non sono state prese decisioni, né a livello operativo, né al livello più alto", ha affermato Peskov. "Naturalmente, ci vorrà del tempo per preparare un incontro del genere. Potrebbero volerci settimane, potrebbe volerci un mese, potrebbero volerci diversi mesi", ha aggiunto.

Ucraina resiste nel Kursk

La guerra intanto continua e l'Ucraina difende le proprie posizioni nella regione russa del Kursk: la presenza di truppe di Kiev nel territorio nemico è considerata una carta da giocare al tavolo delle trattative. Oggi l'Ucraina ammette di controllare circa terzo del territorio inizialmente conquistato nella regione russa, teatro dell'offensiva delle truppe di Kiev lanciata nell'agosto dello scorso anno.

"Oggi abbiamo la nostra zona di sicurezza sul territorio della Federazione russa, lungo il confine con l'Ucraina. Copre circa 500 chilometri quadrati", ha scritto sui social il capo delle Forze Armate ucraine, Oleksandr Syrsky, dopo che in passato era stato rivendicato il controllo di un'area di circa 1.400 chilometri quadrati.

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