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Gaza: Studio britannico rivela stime di vittime ben più elevate rispetto ai dati ufficiali

Secondo un’analisi statistica pubblicata sulla prestigiosa rivista medica The Lancet, il numero delle vittime nella Striscia di Gaza potrebbe essere notevolmente superiore a quanto riportato dalle fonti ufficiali. La ricerca, condotta da un team della London School of Hygiene & Tropical Medicine guidato dall’epidemiologa Zeina Jamaluddine, stima che i decessi legati al conflitto abbiano già superato la soglia dei 70.000, una cifra di almeno il 40% più alta rispetto ai dati ufficiali diffusi dal Ministero della Salute palestinese.

Un bilancio drammatico

L’analisi prende in esame il periodo compreso tra l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024, stimando che in quel lasso di tempo le vittime siano state 64.260, a fronte delle 37.877 dichiarate ufficialmente. I dati più recenti del Ministero della Salute palestinese, aggiornati al 9 gennaio 2025, riportano un totale di 46.006 decessi in 15 mesi di guerra. Tuttavia, lo studio suggerisce che il numero reale potrebbe essere sottostimato di circa il 41%.

A ottobre 2024, secondo i ricercatori, il numero complessivo di morti per lesioni traumatiche avrebbe già oltrepassato i 70.000. A questi si aggiungono le vittime indirette causate dall’interruzione dell’assistenza sanitaria, dalla malnutrizione, dalla scarsità d’acqua e dalle condizioni igieniche precarie, nonché dalle malattie aggravate dal conflitto.

Una crisi umanitaria senza precedenti

Secondo lo studio, le violenze hanno provocato la morte di circa il 3% della popolazione della Striscia di Gaza. Un dato particolarmente significativo riguarda la composizione demografica delle vittime: il 59% dei decessi riguarda donne, bambini e anziani, evidenziando l’impatto devastante sui civili.

I ricercatori hanno utilizzato il metodo statistico del “cattura-ricattura”, che consente di stimare il numero totale di decessi sovrapponendo informazioni provenienti da diverse fonti. Tra queste, i registri dell’obitorio dell’ospedale del Ministero della Salute palestinese, un sondaggio online e necrologi pubblicati sui social media. Tale approccio è stato necessario a causa della difficoltà di raccogliere dati completi in un contesto di infrastrutture sanitarie gravemente compromesse.

Il ruolo delle infrastrutture sanitarie

Il deterioramento del sistema sanitario nella Striscia di Gaza rappresenta uno dei principali fattori alla base della sottostima delle vittime. La distruzione di ospedali, la carenza di personale medico e la difficoltà di accedere alle aree colpite hanno reso quasi impossibile un conteggio accurato dei decessi. “L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha già condannato l’elevato numero di civili uccisi nella guerra a Gaza”, afferma Zeina Jamaluddine. “I nostri risultati indicano che il numero di decessi per lesioni traumatiche è sottostimato di circa il 41%. Questo evidenzia l’urgenza di interventi mirati per proteggere i civili e ridurre ulteriori perdite di vite umane”.

Implicazioni e urgenza di interventi

Lo studio lancia un appello alla comunità internazionale, sottolineando l’importanza di interventi tempestivi per mitigare le sofferenze della popolazione civile. Le conclusioni dei ricercatori mettono in evidenza la necessità di garantire l’accesso a cure mediche, acqua potabile e servizi essenziali per prevenire ulteriori tragedie.

L’analisi rappresenta un monito sull’entità della crisi umanitaria in corso e sull’urgenza di trovare soluzioni che possano porre fine al conflitto, salvaguardando al contempo la vita di migliaia di persone innocenti.

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Attualità

Vaticano: Appello all’accoglienza e nuove norme per...

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ROMA – Il recente appello di Papa Francesco in favore dell’accoglienza dei migranti si accompagna a una rigorosa revisione normativa volta a rafforzare la sicurezza interna del Vaticano. Le nuove disposizioni, che prevedono pene severe per gli ingressi illegali, hanno sollevato un dibattito che ha coinvolto anche esponenti politici di rilievo.

Le misure introdotte includono pene detentive fino a quattro anni e sanzioni amministrative che possono raggiungere i 25mila euro. Questi provvedimenti mirano a disciplinare l’accesso al territorio della Città del Vaticano, garantendo al contempo il rispetto delle normative vigenti. Secondo fonti interne, l’obiettivo è preservare la sicurezza e la tranquillità di uno degli Stati più piccoli e simbolicamente rilevanti al mondo.

La critica politica

Non sono mancate reazioni critiche. L’eurodeputato della Lega Roberto Vannacci ha commentato la notizia attraverso un post pubblicato sulla piattaforma X (ex Twitter). Nel suo messaggio, Vannacci ha evidenziato una presunta contraddizione tra il messaggio di apertura e accoglienza espresso dal pontefice e le nuove norme adottate dal Vaticano. “Il Papa blinda il Vaticano: fino a 4 anni di carcere e 25mila euro di multa per ingressi illegali, in contrasto con l’appello all’accoglienza dei migranti”, ha scritto Vannacci, stimolando un acceso dibattito online.

Il Vaticano, nonostante le sue dimensioni ridotte, è frequentemente al centro dell’attenzione globale. Ogni decisione presa all’interno delle sue mura ha un impatto simbolico che supera i confini del piccolo Stato. La duplice esigenza di promuovere un messaggio di solidarietà e, al contempo, garantire la sicurezza interna rappresenta una sfida complessa, che coinvolge sia aspetti pratici che implicazioni morali e politiche.

Implicazioni e reazioni

La scelta di adottare pene così severe è stata giustificata come misura preventiva, mirata a scoraggiare ingressi non autorizzati in un luogo di altissimo valore spirituale e culturale. Tuttavia, la concomitanza tra queste misure e il rinnovato appello all’accoglienza di Papa Francesco ha alimentato un dibattito pubblico che coinvolge cittadini, analisti e politici.

Se da un lato alcuni sostengono la necessità di bilanciare apertura e sicurezza, dall’altro non mancano voci che interpretano le nuove norme come un segnale di incoerenza. Il confronto prosegue, con il Vaticano che si trova, ancora una volta, al centro di un delicato equilibrio tra ideali universali e gestione concreta delle proprie responsabilità interne.

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Attualità

Cremlino: contatti tra Stati Uniti e Russia ritenuti...

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La necessità di dialogo tra Stati Uniti e Russia è stata sottolineata dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha ribadito l’importanza di contatti diretti tra il presidente eletto statunitense, Donald Trump, e il leader russo, Vladimir Putin. Tuttavia, l’organizzazione di un vertice tra i due leader non è ancora in fase di preparazione. Le dichiarazioni sono state riportate dall’agenzia di stampa Tass.

In risposta a una domanda sulle offerte di Svizzera e Serbia di ospitare un eventuale incontro tra Trump e Putin, Peskov ha chiarito che, al momento, ogni discussione su una sede per il summit sarebbe prematura. “È troppo presto per parlare di questo”, ha dichiarato, indicando che i preparativi per un incontro di tale portata non sono ancora stati avviati.

La prospettiva di contatti diretti tra le due potenze è vista come un passo necessario da entrambe le parti, secondo quanto affermato dal portavoce. Questo segnale di apertura giunge in un momento delicato delle relazioni internazionali, dove il dialogo tra Washington e Mosca potrebbe avere implicazioni significative per la stabilità globale.

L’offerta di ospitare un summit, avanzata da paesi come la Svizzera e la Serbia, riflette il crescente interesse della comunità internazionale per un possibile riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia. Nonostante queste proposte, il Cremlino sembra voler mantenere un approccio prudente, evitando di accelerare i tempi senza una preparazione adeguata.

Per ora, il focus rimane sulla costruzione di un canale di comunicazione stabile tra i due leader, un aspetto che molti osservatori considerano cruciale per affrontare questioni geopolitiche di rilievo. Tuttavia, l’assenza di dettagli su una possibile data o sede per il vertice suggerisce che il processo diplomatico è ancora in una fase preliminare.

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Attualità

Marine Le Pen riflette sull’espulsione del padre dal Front...

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A pochi giorni dall’ultimo saluto a Jean-Marie Le Pen, Marine Le Pen ha rilasciato dichiarazioni cariche di emozione e autocritica in un’intervista pubblicata sul sito de Le Journal du Dimanche. Tornando su una delle decisioni più controverse della sua carriera politica – l’espulsione del padre dal Front National – Marine ha confessato: “Non mi perdonerò mai quella decisione, perché so che gli provocò un dolore immenso”.

Una rottura difficile

La frattura tra i due leader politici avvenne nel 2015, quattro anni dopo che Marine Le Pen aveva assunto la guida del partito di estrema destra, succedendo al padre. Jean-Marie Le Pen, fondatore del movimento, si trovò al centro di pesanti polemiche per alcune dichiarazioni che scossero profondamente l’opinione pubblica. Tra queste, l’affermazione che “l’occupazione tedesca non era stata particolarmente disumana” e un commento giudicato offensivo nei confronti di Patrick Bruel, noto cantante di origini ebraiche e impegnato nella lotta contro l’estremismo di destra.

Marine Le Pen decise di reagire con fermezza, revocando al padre la tessera di “presidente onorario” del partito e sancendo ufficialmente la sua esclusione. Questo gesto, che mirava a rinnovare l’immagine del Front National – oggi Rassemblement National – ebbe conseguenze personali profonde, segnando un punto di non ritorno nel loro rapporto.

Dubbi e riflessioni

“Prendere quella decisione è stata una delle cose più difficili della mia vita,” ha dichiarato Marine Le Pen nell’intervista. “Fino alla fine della mia esistenza, mi porrò sempre la domanda: ‘Avrei potuto fare altrimenti?’” Nonostante l’amarezza, la leader politica ha sottolineato come il giudizio sul padre non dovrebbe limitarsi alle polemiche che hanno segnato i suoi ultimi anni di attività pubblica. “È un po’ ingiusto giudicarlo soltanto alla luce di quelle provocazioni. Su 80 anni di vita, è inevitabile che emergano temi controversi, a meno che non si sia un ectoplasma sarkozysta o socialista.”

Marine Le Pen ha tuttavia riconosciuto come fosse “triste” che Jean-Marie si fosse “rinchiuso in quelle provocazioni”, riferendosi alle dichiarazioni che hanno alimentato scandali e divisioni.

Omaggi inaspettati

Nonostante il passato segnato da tensioni, Marine ha espresso sorpresa e gratitudine per gli omaggi ricevuti dal padre da parte della classe politica francese. “Non avrei mai pensato che fossero capaci di rendergli omaggio,” ha ammesso, sottolineando come questa dimostrazione di rispetto abbia superato le sue aspettative.

In merito alle parole del presidente Emmanuel Macron, che ha affermato che “la Storia giudicherà” Jean-Marie Le Pen, Marine ha risposto con una stoccata. Secondo lei, il giudizio della Storia sarà ben più severo nei confronti dello stesso Macron, accusandolo di essere un leader che “non ha visto niente e, soprattutto, non ha fatto niente”.

Un’eredità controversa

Le dichiarazioni di Marine Le Pen arrivano in un momento di riflessione per la famiglia e il partito. Mentre la Francia osserva con interesse le dinamiche interne del Rassemblement National, queste parole mettono in luce il peso delle scelte politiche e personali che hanno segnato la carriera di Marine e il destino di una delle figure più polarizzanti della politica francese.

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