Da Londra (e non solo) a Sambuca di Sicilia, dove le case costano 3 euro
Sambuca di Sicilia, incastonata tra le colline della Valle del Belice, è oggi un simbolo di rinascita per i piccoli borghi italiani. Il progetto delle “Case a 3 Euro“, che ha portato famiglie da tutto il mondo a trasferirsi nel borgo siciliano in provincia di Agrigento, è solo l’ultima iniziativa di una lunga serie pensata per affrontare il problema del ripopolamento delle aree rurali e dei centri storici minori, spesso svuotati da decenni di emigrazione verso le città. Il caso più recente è quello della famiglia londinese di Lyndsey e Robert, che con i loro figli hanno scelto di acquistare (pagandola solo la base d’asta di 3 euro) e ristrutturare una casa a Sambuca, segnando un nuovo capitolo nella storia di rigenerazione urbana di questo affascinante borgo.
La sfida del ripopolamento dei borghi italiani
Negli ultimi decenni, il fenomeno dello spopolamento ha colpito migliaia di borghi in tutta Italia, con conseguenze profonde per il tessuto sociale, economico e culturale delle comunità locali. Le cause di questa crisi sono molteplici e si intrecciano con dinamiche globali come l’urbanizzazione e la riduzione delle opportunità lavorative nei contesti rurali. In molte aree, i giovani sono stati costretti a trasferirsi in città per studiare o lavorare, lasciando dietro di sé una popolazione sempre più anziana e un patrimonio immobiliare in stato di abbandono.
Questo esodo ha trasformato interi borghi in luoghi silenziosi, privi di vitalità e di prospettive. Case vuote, negozi chiusi e strade deserte sono diventate immagini emblematiche di una crisi che minaccia non solo l’identità di queste aree, ma anche la loro sostenibilità a lungo termine. Tuttavia, questa situazione ha spinto molte amministrazioni locali a sperimentare soluzioni innovative per invertire la tendenza, attirando nuovi residenti e investitori.
In questo contesto, Sambuca di Sicilia si è distinta come esempio virtuoso. Dopo aver subito l’abbandono di numerose abitazioni a seguito del terremoto del 1968 nella Valle del Belice, il Comune ha deciso di adottare un approccio proattivo. Attraverso iniziative come la vendita di case a prezzi simbolici, ha saputo trasformare una crisi in un’opportunità, attirando famiglie da tutto il mondo e creando un modello replicabile per altri borghi italiani.
Sambuca di Sicilia: un modello di rinascita urbana
Il caso di Sambuca di Sicilia rappresenta una delle storie di successo più significative nella rigenerazione dei borghi italiani. Nel 2016, il titolo di “Borgo più bello d’Italia” ha acceso i riflettori su questa cittadina siciliana, aprendo la strada a un flusso costante di visitatori e potenziali nuovi abitanti. La vendita di case a un euro, lanciata nel 2019, è stata solo la prima di una serie di iniziative che hanno attirato l’attenzione internazionale, spingendo giornali e televisioni di tutto il mondo a raccontare la rinascita di Sambuca.
Il progetto delle “Case a 3 Euro”, avviato di recente, rappresenta un ulteriore passo avanti. L’obiettivo non è solo quello di riempire le case vuote, ma anche di creare una comunità multiculturale e dinamica. Ogni immobile venduto non è solo una casa recuperata, ma un simbolo di rinascita per il borgo. Finora, più di 200 famiglie, provenienti da Paesi come Stati Uniti, Francia, Germania e Giappone, hanno scelto Sambuca come nuova casa, contribuendo a trasformare il borgo in un esempio di integrazione e innovazione.
Dietro questo successo c’è una visione strategica che coinvolge non solo l’amministrazione locale, ma anche gli abitanti storici. Le case messe in vendita sono situate principalmente nel quartiere saraceno, un’area ricca di storia e di fascino, ma che necessitava di interventi di restauro. La condizione imposta ai nuovi proprietari – completare i lavori entro tre anni – ha garantito che ogni acquisto portasse con sé un contributo concreto alla rigenerazione del borgo, creando un circolo virtuoso di investimenti e miglioramenti.
Il valore della rigenerazione
La rigenerazione dei borghi non è solo una questione abitativa, ma anche un’opportunità per rilanciare le economie locali e preservare il patrimonio culturale. A Sambuca, il ripopolamento ha avuto un impatto diretto su settori come il turismo, l’enogastronomia e l’artigianato. Nuove attività commerciali, bed & breakfast e ristoranti hanno aperto i battenti, mentre i visitatori attratti dall’iniziativa delle case a tre euro hanno contribuito a promuovere le eccellenze locali.
L’arrivo di famiglie straniere ha inoltre portato un’energia nuova, stimolando scambi culturali e arricchendo la vita del borgo. Per i residenti storici, l’integrazione con i nuovi arrivati è stata un’occasione per riscoprire il valore della propria comunità e per costruire un futuro più inclusivo. Questo senso di appartenenza condivisa è uno degli elementi chiave per il successo di iniziative come quella di Sambuca, che dimostrano come la rigenerazione urbana possa essere una risposta efficace al declino demografico.
Demografica
Dal trattamento dell’obesità a quello della fertilità, il...
I nuovi farmaci agonisti del recettore del GLP-1 (GLP-1RA) stanno rivoluzionando il trattamento di diabete e obesità. Oltre ai benefici metabolici, recenti segnalazioni hanno evidenziato un curioso effetto collaterale: un aumento del tasso di concepimenti tra le donne in terapia, tanto che sui social media i neonati concepiti durante l’assunzione di questi farmaci sono stati soprannominati “baby Ozempic”. Secondo la Società Italiana di Diabetologia (SID), queste molecole agiscono su un ormone umano naturale, il peptide simile al glucagone 1 (GLP-1), che regola l’appetito e i livelli di zucchero nel sangue.
Peso, fertilità e sistema riproduttivo
Le terapie a base di GLP-1RA (come liraglutide, dulaglutide, semaglutide e tirzepatide) potrebbero influenzare la fertilità in modo indiretto attraverso la perdita di peso o, in alcuni casi, tramite un’azione diretta sul sistema riproduttivo. Gli esperti della SID ipotizzano anche che questi farmaci possano interferire con l’assorbimento dei contraccettivi orali, riducendone l’efficacia e aumentando il rischio di gravidanze non pianificate.
La dottoressa Veronica Resi, coordinatrice del Gruppo di Studio congiunto SID – AMD Diabete e Gravidanza, sottolinea come la perdita di peso abbia effetti positivi sulla fertilità. “Una riduzione del 5% del peso corporeo migliora significativamente la probabilità di concepimento. L’elevato peso pre-gravidico è un predittore di sovrappeso e obesità nei figli, con un impatto intergenerazionale”.
Ovaio policistico e nuove opportunità terapeutiche
Tra le cause di infertilità, la sindrome dell’ovaio policistico è una delle più comuni, interessando circa il 10-12% delle donne. Questa condizione è spesso associata a elevati livelli di insulina, che alterano l’equilibrio ormonale e ostacolano l’ovulazione. Le linee guida 2023 sul trattamento della PCOS includono i farmaci GLP-1RA come opzione terapeutica.
Gli esperti sottolineano che l’uso di questi farmaci può rappresentare un valido supporto pre-concepimento, anche per le donne che ricorrono a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno i meccanismi attraverso cui queste terapie influenzano la fertilità.
Consigli e precauzioni per la gravidanza
Gli esperti della SID raccomandano di sospendere i farmaci GLP-1RA almeno due mesi prima del concepimento o un mese nel caso della tirzepatide, in linea con le indicazioni dei produttori. Se la gravidanza è già avviata, l’interruzione immediata del trattamento è fondamentale, poiché gli effetti sui feti non sono ancora del tutto noti.
“Il trattamento dell’obesità deve essere affrontato in modo multifattoriale”, spiega la dottoressa Raffaella Buzzetti, presidente della SID. “Un piano che includa counseling nutrizionale e supporto psicologico è essenziale per prevenire il rapido recupero del peso perso dopo la sospensione dei farmaci GLP-1”. Questo aspetto è cruciale non solo per la salute materna, ma anche per il benessere del nascituro. “Numerosi studi infatti hanno sottolineato che dopo la sospensione dei trattamenti con GLP-1 si può verificare un recupero del peso, un rischio da contenere per i potenziali effetti negativi su mamma e bambino. Sono quindi necessarie discussioni aperte sul desiderio di maternità nelle pazienti in età fertile obese valutando il progetto a 3-5 anni, fertilità e contraccezione devono essere argomenti da considerare attentamente negli studi medici insieme all’informazione che un minore Bmi materno è associato ad una migliore salute dei figli”, conclude Buzzetti.
Un eccesso di peso durante la gravidanza può aumentare il rischio di complicazioni come diabete gestazionale, ipertensione e necessità di parto cesareo. Sebbene i difetti congeniti nei neonati siano meno preoccupanti, la salute metabolica della madre ha un impatto diretto sulla prole. Un indice di massa corporea (BMI) più basso è infatti associato a una migliore salute nei figli.
Le evidenze attuali aprono nuove prospettive per il trattamento combinato di obesità, diabete e fertilità. Tuttavia, la scelta terapeutica deve essere attentamente personalizzata, considerando non solo gli obiettivi di salute a breve termine, ma anche i progetti di vita delle pazienti. La discussione sul desiderio di maternità, insieme alla pianificazione di strategie contraccettive efficaci, dovrebbe diventare parte integrante della consulenza medica per le donne in età fertile.
Demografica
Nasce nella sala parto 6, riposa nel letto 6 della stanza...
“È un angioletto, non un diavolo. Dopo il biberon si addormenta e non ci ha mai fatto passare una notte insonne”. Una frase che lascerebbe indifferenti, se non fosse che il bambino in questione si chiama Lucifero (Lucifer). A scegliere questo nome è stata una coppia della piccola cittadina del North Yorkshire, ma alla base non c’è l’adorazione per Satana.
Perché hanno chiamato il figlio Lucifero
Stefan, 27 anni, e Jess, 25 anni, hanno scelto il nome “Lucifer” pensando al significato etimologico di “portatore di luce”, dal latino lux-lucis (luce) + ferre (portare). A ispirarli, come hanno dichiarato, è stata la celebre serie TV Netflix Lucifer, dove il protagonista, interpretato da Tom Ellis, dà vita a una versione carismatica e ironica della figura diabolica.
A rendere tutto più intrigante (o inquietante, a seconda dei punti di vista) ci ha pensato anche una coincidenza numerica curiosa: il bimbo è nato nella sala parto numero 6, prima di essere trasferito nel letto 6 della stanza 6 all’interno del reparto di Ostetricia (formando 666, ovvero il ‘numero del diavolo’). La coppia assicura di aver scelto il nome già prima di questa coincidenza: “Abbiamo deciso questo nome appena abbiamo scoperto che stavamo aspettando un bambino,” ha dichiarato Stefan.
E, come a voler sfatare ogni stereotipo negativo legato al nome, i genitori hanno descritto Lucifer come il bambino più tranquillo che si possa immaginare: “È un angioletto, non un diavolo. Dopo il biberon si addormenta e non ci ha mai fatto passare una notte insonne”.
Le critiche della comunità
L’annuncio del nome, reso pubblico nel contesto della tradizionale rassegna di fine anno sui neonati, ha suscitato una pioggia di reazioni sui social media. Molte critiche sono arrivate dalle generazioni più anziane, che hanno sollevato dubbi sull’impatto di questo nome sul futuro del bambino: “Che succederà quando andrà a scuola? Come affronterà il giudizio degli altri?”.
Non meno contestata è stata la decisione di chiamare il piccolo Gery come secondo nome, in onore dello zio defunto della madre.
La madre, rispondendo alle critiche, ha sottolineato che il Regno Unito non pone limiti sui nomi, se non per parole volgari o inappropriate: “Ci è stato suggerito di chiamarlo Romeo, visto che sua sorella si chiama Giulietta. Ma sarebbe stato molto peggio di Lucifero”.
Un precedente simbolico e il dibattito sulle scelte dei nomi
L’episodio riapre una riflessione sui diritti dei genitori nella scelta dei nomi per i propri figli e sull’equilibrio tra libertà personale e conseguenze culturali o sociali. Nel Regno Unito, a differenza di altri Paesi, non esistono regolamentazioni stringenti in materia. In Francia, ad esempio, le autorità possono intervenire se un nome viene considerato lesivo per il benessere del minore, così come in Italia.
Sarebbe legale in Italia?
In Italia, chiamare un bambino “Lucifero” sarebbe illegale. La legge italiana vieta l’assegnazione di nomi che possano arrecare pregiudizio morale o che siano ridicoli, vergognosi o offensivi. Nomi come Lucifero e Satana rientrano in questa categoria, poiché possono essere associati a connotazioni negative legate alla religione e alla cultura. Allo stesso modo, chiaramente, non si può chiamare il proprio figlio “Dio”, “Gesù” o simili.
Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 396/2000, i nomi devono rispettare specifiche regole per garantire la dignità del bambino. I nomi che possono causare imbarazzo o derisione sono esplicitamente vietati. Una questione simile è stata sollevata nel nostro Paese in occasione del ragazzo di origini ghanesi chiamato “Silvio Berlusconi Boahene”, in onore del Cavaliere. Se nel caso del ragazzo di origini ghanesi nato a Modena la scelta è lecita, non sarebbe stato lo stesso per “Lucifero”.
Non c’è un elenco completo dei nomi vietati, ma delle regole che stabiliscono quali sono i nomi vietati in Italia:
- Nomi dei genitori o dei fratelli, anche se preceduti da junior, come spesso accade oltremanica;
- Nomi ridicoli o che possano provocare senso di vergogna al figlio;
- Nomi di personaggi storici controversi come “Benito”, “Adolf” e “Osama” (in riferimento a Mussolini, Hilter e Bin Laden);
- Nomi “controversi” provenienti dalla letteratura come “Bestia”, “Biancaneve” o “Dracula”;
- Nomi che incitino all’odio o alla violenza, per esempio “Satana”;
- Nomi di oggetti o marchi commerciali: a nessuno venga mai in mente di chiamare il proprio figlio “Samsung”, “Macchina” o “Danone”!
- Ai bambini di cittadinanza italiana non può essere dato un nome scritto con lettere di un altro alfabeto (per esempio cinese, giapponese o cirillico);
Pertanto, sebbene ci siano stati casi di battaglie legali per registrare nomi controversi, la scelta di chiamare un bambino Lucifero non sarebbe generalmente accettata dalle autorità italiane.
Intanto, la giovane coppia inglese rassicura sulla bontà delle proprie intenzioni: “Abbiamo persino contattato un prete per battezzarlo!”
Demografica
Pandoro-gate neologismo Treccani: il caso Ferragni fa storia
Probabilmente Chiara Ferragni voleva solo dimenticare la storiaccia che ha segnato gli ultimi due anni, ma così non sarà. Oltre agli strascichi legali della vicenda, ci pensa la Treccani che ha inserito tra i neologismi 2024 il termine ‘pandoro-gate’, a dimostrazione di quanto lo scandalo abbia colpito l’Italia intera e sia entrato nella società come simbolo della poca chiarezza della pubblicità on line, specialmente se si intreccia con la beneficenza e il personal branding.
Il pandoro-gate, nella definizione che ne dà l’Enciclopedia, è “lo scandalo legato alla pubblicizzazione e alla vendita di una marca di pandoro”. Ma perché è stato così significativo?
Le tappe principali del pandoro-gate
La vicenda è nota e comincia nel novembre 2022. Ferragni lancia una campagna social in collaborazione con l’azienda Balocco per pubblicizzare un’edizione speciale del classico pandoro, la ‘Pink Christmas’. Un prodotto brandizzato Ferragni – quindi rosa – e venduto al triplo del dolce normale (9,37 euro invece di 3,68). La campagna suggeriva che parte del ricavato che sarebbe andata all’Ospedale Regina Margherita di Torino per sostenere le cure dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing, cosa che agli occhi dei consumatori giustificava il prezzo elevato.
In seguito a un’indagine portata avanti dalla giornalista Selvaggia Lucarelli, però, saltò fuori che una donazione da 50mila euro era già stata fatta all’ospedale mesi prima, quindi in modo ‘forfettario’, a prescindere dalle reali vendite del pandoro rosa. Che peraltro si sono assestate su almeno 362.577 pezzi.
Si arriva così, il 15 dicembre 2023, alla multa dell’Antitrust, che ha sanzionato sia l’azienda di Ferragni sia la Balocco S.p.a. per oltre 1 milione di euro e 420 mila euro (rispettivamente) ritenendo che la pratica commerciale messa in atto fosse ingannevole e scorretta.
Le contestazioni, prima da dell’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) e poi delle Procure – la competenza infine è stata assegnata a Milano – riguardavano l’uso di “una pubblicità ingannevole condivisa via social media e web” per pandoro e colomba venduti in edizioni limitate. Già, perché al dolce natalizio del 2022, si è sono poi aggiunte le ‘Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate’ (Pasqua 2021 e 2022).
Lo scorso 4 ottobre la Procura di Milano ha chiuso le indagini e accusato Chiara Ferragni e altre tre persone di truffa aggravata e pratica commerciale fatta passare per beneficenza. L’imprenditrice rischia il processo.
Il numero di persone “indotte in errore”, sottolinea la Procura, non è quantificabile, ma “l’ingiusto profitto” per la società con il marchio ‘Dolci Preziosi’ è pari a circa 5,66 milioni (nel 2021) e quasi 7,46 milioni (nel 2022) per un totale di oltre 13 milioni di euro. “Tutti conseguivano, inoltre, – si legge nel provvedimento – profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica“. Nello specifico, Chiara Ferragni avrebbe dunque ingannato i consumatori e ottenuto dalle due campagne un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro, oltre che benefici non calcolabili a livello di immagine”.
Con i consumatori il caso si è chiuso a fine dicembre con un accordo tra l’imprenditrice, il Codacons e l’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Risarciti i consumatori che avevano acquistato il pandoro ‘Pink Christmas’ e rimborsate le spese legali sostenute da Codacons e Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Inoltre, 200mila euro verranno donati da Ferragni alle donne vittima di violenza.
L’impatto sulla società
Una delle problematiche emerse dal pandoro-gate è stata l’assenza di una regolamentazione chiara che disciplinasse le donazioni di beneficenza. La vicenda ha così portato all’adozione da parte del governo di quello che è stato chiamato ‘decreto-Ferragni’, che impone a influencer e micro-influencer regole più definite per le operazioni di questo tipo, ad esempio l’obbligo di comunicarle prima all’Antitrust.
Quanto alle donazioni, lo scandalo non sembra aver avuto grosse ripercussioni: secondo il rapporto ‘Noi doniamo 2024’ dell’Istituto Italiano della donazione, su 347 organizzazioni non profit solo il 5% ritiene che abbia influito negativamente sulla propria raccolta fondi.
Ma più in generale la storia ha aperto un vaso… di ‘Pandoro’ riguardo all’etica nella pubblicità e ai rischi del personal branding sia per le aziende sia per gli influencer: un tema sensibile e fondamentale nell’epoca dei social media, in cui i consumatori sono sempre più esposti a testimonial che sul web ‘spingono’ prodotti e servizi.
Gli influencer, per i quali la fiducia di cui godono da parte del pubblico è fondamentale, rappresentano oggi uno dei canali più potenti per fare pubblicità. Trasparenza e onestà dovrebbero essere la norma, ma non sempre è così e questo va a danno dei consumatori. Inoltre, quando la fiducia viene tradita, come nel caso del pandoro-gate, i danni reputazionali possono essere devastanti sia per i testimonial che per le aziende coinvolte. A proposito dello scandalo Ferragni, ad esempio, si è anche parlato di social-washing, ovvero del tentativo di migliorare la propria reputazione attraverso iniziative di responsabilità sociale non davvero efficaci o addirittura di facciata, il cui obiettivo è piuttosto un guadagno economico.
L’impatto su Ferragni
Il fattaccio ha avuto grosse ripercussioni sull’immagine dell’imprenditrice. A un anno dallo scoppio dello scandalo e dalla sanzione inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, uno studio di Arcadia – società di comunicazione specializzata in un monitoraggio delle dinamiche online – racconta il crollo dei profili social dell’imprenditrice e di quello che all’epoca era suo marito, Fedez: un’emorragia di follower, calo delle interazioni e un engagement in forte diminuzione. Non solo un problema di ‘vanità’ per i due: numerosi brand e sponsor di lusso nel 2023 e 2024 hanno interrotto le collaborazioni con lei.
Nel dettaglio, Ferragni ha perso 1 milione di follower su Instagram e 100 mila su TikTok; Fedez: 850 mila su Instagram e zero nuove acquisizioni su TikTok. L’engagement, indicatore chiave per la credibilità degli influencer, ha subito una vera e propria disfatta: Ferragni è passata dal 3,2% all’1% su Instagram (-69%) e dal 2,7% allo 0,73% su TikTok (-73%). Fedez ha visto il suo tasso di engagement scendere allo 0,79% su Instagram e allo 0,47% su TikTok.
Il dibattito pubblico è ruotato intorno a parole chiave che indicano cosa abbia ‘bruciato’ di più gli italiani: truffa aggravata e pratica commerciale hanno dominato il discorso online. La narrativa che si è sviluppata nei mesi è stata negativa, spinta anche dall’autogol comunicativo della Ferragni che in un video si è presentata a scusarsi spettinata, vestita modestamente e struccata. Un’operazione che è stata giudicata come ipocrita e come un tentativo di voler ripulire fintamente la propria immagine: l’imprenditrice infatti annunciava anche la devoluzione di 1 milione di euro all’Ospedale Regina Margherita (‘charity-washing’).
Trasparenza ed etica della comunicazione
Come hanno affermato Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef in occasione dell’accordo con l’imprenditrice, “questa vicenda rappresenta una lezione amara: quando il marketing supera i limiti della trasparenza, le conseguenze possono essere devastanti, non solo per le aziende come Balocco, ma anche per le celebrità che prestano il proprio volto e la propria immagine”.
In sostanza, la morale del pandoro-gate è che il ruolo degli influencer e delle aziende dovrebbe evolvere verso una comunicazione più responsabile. La trasparenza, l’onestà e l’impegno concreto sono diventati elementi imprescindibili: senza un adeguato equilibrio tra marketing e autenticità, il rischio di perdere credibilità è elevato, dimostrando quanto fragile possa essere una reputazione costruita sui social media. E quanto i consumatori debbano stare attenti a quello che si dice sul web.