Cancro al seno, crescono i casi in donne giovani e cala la mortalità prima dei 50 anni
A Genova il convegno 'Back From San Antonio'. Esperti, 'la ricerca italiana è all'avanguardia nella preservazione della fertilità'
I casi di tumore al seno fra le donne giovani sono in aumento in tutto il mondo. Tuttavia, la mortalità delle pazienti under 50 è in calo: in Italia, tra il 2006 e il 2021 è scesa del 16%. Un risultato che apre ad una serie di nuove problematiche da gestire per i clinici tra cui la preservazione della fertilità. Un ambito quest’ultimo dove gli specialisti italiani, e in particolar modo l’ospedale San Martino di Genova, sono stati pionieri sul versante della ricerca. Lo dimostrano i numerosi studi scientifici condotti a riguardo e presentanti nei più importanti congressi scientifici nazionali ed internazionali. E’ quanto emerso nel capoluogo ligure in occasione del meeting 'Back From San Antonio', che si apre oggi a Genova e dedicato alle principali novità dal 'San Antonio Breast Cancer Symposium', il congresso di riferimento mondiale che si tiene ogni anno a dicembre negli Stati Uniti.
"Ogni anno nel nostro Paese ancora più di 15mila donne perdono la vita a causa del tumore mammario - sottolinea Lucia Del Mastro, professore ordinario e direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova -. Tuttavia il calo dei decessi, tra le pazienti più giovani, è senza dubbio un dato incoraggiante e dovuto soprattutto ad un netto miglioramento delle possibilità terapeutiche. Quando colpisce una donna giovane, al di sotto dei 40 anni, il tumore è spesso biologicamente più aggressivo. Inoltre il rischio che si tratti di una neoplasia ereditaria, legata alla presenza di mutazioni patogenetiche Brca, è più elevato rispetto ai casi diagnosticati in età più avanzata".
In Italia, in 10 anni, i casi di carcinoma della mammella sono aumentati del 16%: erano 48mila nel 2013 e sono stati 55.900 nel 2023. Si tratta della neoplasia più frequente non solo fra le donne, ma in tutta la popolazione (sebbene i casi nei maschi siano rari, è bene che anche gli uomini non sottovalutino possibili campanelli d'allarme). "Dall’altro lato, fortunatamente, sono sempre più efficaci gli strumenti a disposizione dei clinici per affrontare la malattia e, oggi, oltre 834mila pazienti vivono dopo la diagnosi, l’87% delle pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi - sottolinea Del Mastro - Il percorso di cura, oltre a garantire le ottime probabilità di guarigione attualmente raggiunte, deve prevedere che le donne giovani possano avere, una volta superata la malattia, le stesse prospettive ed aspettative delle donne che non si sono ammalate. Tra queste prospettive riveste particolare importanza l’eventuale desiderio di gravidanza futura. Da anni qui a Genova stiamo studiando gli effetti collaterali legati alle terapie antitumorali e che possono portare a disfunzione ovarica, menopausa precoce ed infertilità. Grazie a trattamenti adeguati e personalizzati, messi a punto anche attraverso gli studi condotti dal nostro gruppo di ricerca del San Martino-Università di Genova, è oggi possibile diventare madre anche dopo il cancro".
"L’integrazione tra assistenza, ricerca e formazione - spiega Marco Damonte Prioli, Direttore generale dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova - è fondamentale per garantire la più alta qualità delle cure e la possibilità di effettuare attività di ricerca in grado di cambiare gli standard terapeutici a livello internazionale. E’ quanto accade all’Ospedale San Martino che è stato nuovamente riconosciuto, al termine di una procedura di accreditamento e verifica molto selettiva e condotta da esperti internazionali, come 'Comprehensive Cancer Center'. E’ il livello massimo di accreditamento previsto dall’organizzazione internazionale OECI (Organization of European Cancer Institutes). La Breast Unit, del nostro ospedale, rappresenta non solo l’hub regionale per la patologia ma anche un riferimento a livello nazionale ed internazionale per il trattamento e la ricerca sul carcinoma mammario".
"In Liguria ogni anno vengono diagnosticati circa 1.650 nuovi casi di tumore del seno e la maggioranza viene trattata nel nostro Ospedale - aggiunge Antonio Uccelli, Direttore scientifico dell’Irccs San Martino -. L’intensa attività di ricerca è testimoniata dalla percentuale, superiore alla media internazionale, di pazienti che vengono inserite in studi clinici: circa il 26%. Ciò consente alle donne un accesso precoce ai nuovi trattamenti, con potenziale miglioramento dei risultati terapeutici. Inoltre, il nostro Ospedale si distingue per l’elevato numero di studi cosiddetti 'accademici' vale a dire studi disegnati dai nostri ricercatori, attraverso i quali è possibile migliorare la qualità delle cure attraverso strategie che non sono basate esclusivamente sull’introduzione di nuovi farmaci".
Sempre al convegno di Genova sono illustrati i principali risultati di quattro studi che i ricercatori italiani hanno presentato nelle scorse settimane in sessione orale al San Antonio Breast Cancer Symposium. Al congresso americano Matteo Lambertini (professore associato di Oncologia Medica presso l’Università di Genova-Irccs Ospedale Policlinico San Martino) ha mostrato una nuova ricerca sul ruolo della chirurgia preventiva per la riduzione del rischio di recidiva tra le portatrici di mutazioni Brca. Sono stati analizzati i dati raccolti tra il 2000 e il 2020 di 5.290 pazienti under 40 con tumore del seno trattate in 109 istituti di tutto il mondo. Quelle che hanno subito una mastectomia bilaterale avevano un rischio di morte inferiore del 35% e una riduzione del 42% di recidiva del cancro o di un secondo tumore maligno. "Lo studio evidenzia nuovamente l’importanza della chirurgia di riduzione del rischio - afferma Lambertini -. E’ una scelta difficile, spesso dolorosa per una donna ma che può essere salvavita in determinate occasioni. I benefici della chirurgia sono stati osservati sia nelle donne Brca1 sia in quelle Brca2 mutate".
Valentina Guarneri, professore ordinario di Oncologia Medica presso l'Università di Padova e Direttore dell'UOC di Oncologia 2 dell'IOV Irccs di Padova ha invece portato negli Stati Uniti una ricerca sul carcinoma mammario triplo negativo. E’ stato valutato l’immunoterapico avelumab adiuvante per pazienti ad alto rischio di recidiva. "E’ un tipo di cancro al seno molto invasivo perché tende a crescere e a diffondersi più velocemente - aggiunge Guarneri -. Al momento vi sono poche opzioni di trattamento disponibili e tra queste vi è l’immunoterapia attualmente indicata come trattamento neoadiuvante. Il nostro studio ha dimostrato che l’anticorpo anti-PD-L1 avelumab, somministrato dopo il trattamento chemioterapico standard, migliora significativamente la sopravvivenza globale. Rispetto ad altre neoplasie, l’immunoterapia è arrivata relativamente tardi nella pratica clinica del carcinoma mammario. Sta però producendo evidenze scientifiche rilevanti in sottogruppo di malattia in cui le prognosi sono di solito più infauste".
Non solo. Luca Malorni, Direttore dell’unità di Ricerca Traslazionale dell’Ospedale di Prato, a San Antonio ha presentato i primi risultati del TOUCH trial. In 145 donne con carcinoma mammario in fase iniziale Hr+/Her2+ trattate con trastuzumab e pertuzumab come trattamento neoadiuvante - riporta una nota - sono stati confrontati paclitaxel e palbociclib, quest’ultimo in combinazione con letrozolo. "Sono tumori mammari in cui dobbiamo implementare le possibilità di cura - sostiene Malorni -. Nello specifico bisogna ridurre il ricorso alla chemioterapia, favorendo le terapie ormonali anche attraverso una più precisa selezione delle pazienti. Nello studio abbiamo per ora registrato un’ottima compliance al trattamento da parte delle donne che hanno ricevuto palbociclib e letrozolo al posto della chemioterapia. Servono ora studi più ampi, di medicina traslazionale, per valutare l’effettiva efficacia di palbociclib nella gestione di questo tipo di neoplasie".
Infine le pazienti over 70 a basso rischio con tumore mammario in stadio iniziale sono state al centro dello studio EUROPA presentato da Icro Meattini (Responsabile Breast Unit dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze). "Abbiamo confrontato gli effetti della radioterapia e della terapia endocrina come trattamenti monomodali dopo un primo intervento chirurgico - sottolinea Meattini -. Abbiamo per reclutato 731 donne in cura presso 17 centri italiani, più uno sloveno. Il trattamento ormonale è risultato associato ad una maggiore riduzione della qualità di vita rispetto a 24 mesi di sola radioterapia. Sono risultati provvisori e che suggeriscono come quest’ultima sia preferibile come terapia per pazienti anziane e quindi più suscettibili agli effetti collaterali delle cure anti-cancro".
"Gli studi dei colleghi italiani dimostrano l’ottimo livello raggiunto dalla ricerca oncologica italiana - conclude Del Mastro - che ha contribuito nel corso degli anni a stabilire nuovi standard di trattamento adottati in tutto il mondo. Per il futuro ci aspettiamo importanti novità non solo in termini di disponibilità di nuove terapie sempre più efficaci e personalizzate ma anche di nuovi strumenti diagnostici. In particolare la biopsia liquida, che stiamo già utilizzando nella malattia metastatica per scoprire mutazioni utili per la scelta terapeutica, potrebbe avere un ruolo importante per individuare precocemente le recidive ed intervenire tempestivamente col trattamento. I dati presentati a San Antonio dal Prof. Turner, così come i dati precedentemente presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology a Chicago, suggeriscono che attraverso la biopsia liquida, è possibile individuare una quota di pazienti che dopo l’intervento chirurgico presenta in circolo del Dna rilasciato dal tumore, e quindi indicativo della presenza di micrometastasi non individuabili con le normali tecniche strumentali di radiologia. Sono in corso vari studi per valutare se attraverso l’utilizzo di questi test è possibile migliorare la gestione terapeutica delle pazienti e migliorarne la prognosi".
Infine sempre all’evento di Genova anche in questa edizione, saranno assegnati due premi a giovani oncologi under 40, prime firme di lavori scientifici sul carcinoma mammario pubblicati nel 2024. Verranno premiati: Davide Soldato (rientrato a Genova dopo un periodo di lavoro presso il Gustave Roussy di Parigi) per il lavoro che dimostra l’importanza dell’attività fisica nelle donne operate per carcinoma mammario e Linda Cucciniello (del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano) per il lavoro relativo alla possibilità di prevedere la risposta completa al trattamento nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico Her2 positivo.
Salute e Benessere
Farmaci, da Aifa nota ai medici su anti-vampate e rischio...
Nuove indicazioni per il farmaco Veoza* (fezolinetant), usato per il trattamento dei sintomi più comuni della menopausa, tra cui le vampate di calore, dopo che è stato osservato un rischio di "grave danno epatico". L'Agenzia italiana del farmaco Aifa ha diffuso una nota - concordata con le autorità regolatorie europee - che informa i medici sulle nuove raccomandazioni per il monitoraggio della funzionalità epatica prima e durante il trattamento. "Si deve raccomandare ai pazienti di vigilare su segni o sintomi che potrebbero essere indicativi di danno epatico come stanchezza, prurito, ittero, urine scure, feci chiare, nausea, vomito, appetito ridotto o dolore addominale e di consultare immediatamente il medico se si manifestano", avverte l'Agenzia.
"E' stato osservato grave danno epatico con fezolinetant - si legge nella nota pubblicata sul sito - Prima dell'inizio del trattamento con fezolinetant è necessario eseguire test di funzionalità epatica (Lft). Il trattamento con fezolinetant non deve essere iniziato se i livelli sierici di alanina aminotransferasi (Alt) o di aspartato aminotransferasi (Ast) sono ≥ 2x Uln o se i livelli di bilirubina totale sono ≥ 2x Uln. Durante i primi tre mesi di trattamento, i Lft devono essere eseguiti ogni mese e successivamente in base al giudizio clinico. I test di funzionalità epatica devono essere eseguiti inoltre quando si manifestano sintomi indicativi di danno epatico".
Il trattamento con fezolinetant deve essere sospeso nelle seguenti situazioni: aumento delle transaminasi in misura uguale o superiore a 3 volte il limite maggiore del valore normale (≥ 3x Uln) con bilirubina totale > 2x Uln, oppure se i pazienti sviluppano sintomi di danno epatico; aumenti delle transaminasi > 5x Uln. "Il monitoraggio dei test di funzionalità epatica deve essere continuato fino alla loro normalizzazione", precisa l'Aifa.
Salute e Benessere
Rilancio Holostem, terapia salva-cornea a 1 paziente e già...
Era dicembre 2023 quando veniva annunciato che Holostem, l'azienda biotech di Modena nata per sviluppare terapie avanzate a base di cellule staminali e impegnata da anni per dare una speranza di terapia ai 'bambini farfalla', affetti da una rara malattia genetica, l'epidermolisi bollosa, era ufficialmente salva. Scongiurata la liquidazione, infatti, con l'intervento del ministero del Made in Italy e delle Imprese (Mimit) era stato avviato il percorso di acquisizione da parte della Fondazione Enea Tech e Biomedical. Il 2024 è stato l'anno del rilancio a livello internazionale sul fronte dello sviluppo di terapie cellulari e geniche per malattie rare e senza rimedio. Un rilancio che passa anche da una terapia salva-cornea.
Il 7 gennaio 2025, al Centre Hospitalier Universitaire de Liège, il professore Bernard Duchesne ha effettuato con successo la biopsia alla cornea di un giovane paziente che aveva subito un'ustione causata da agente chimico durante un'aggressione. Il giorno successivo alla biopsia, il team di esperti dell'officina farmaceutica Gmp della Holostem, nel Centro di medicina rigenerativa dell'università di Modena e Reggio Emilia, è stato in grado di estrarre le cellule staminali limbari della cornea per la preparazione della terapia Holoclar. Una accurata conta, estrazione e crescita delle staminali limbari è la condizione essenziale per lo sviluppo della terapia cellulare destinata all'impianto sul paziente, che è possibile ad oggi mettere in atto soltanto nei laboratori di Holostem. Altri pazienti sono già in lista per l'avvio della terapia a febbraio.
La terapia Holoclar è stato il primo prodotto di terapia cellulare al mondo che ha avuto nel 2015 il Conditional Approval per l'immissione in commercio in Ue e nel Regno Unito, rispettivamente dagli enti regolatori Ema (Agenzia europea del farmaco) e dalla britannica Mhra (Medicines and Healthcare products Regulatory Agency), ottenendo poi la Full Marketing Authorization nel primo semestre del 2024. Merito del risultato, ha sottolineato l'Ad della società, Alessandro Padova, deve essere riconosciuto al team di Holostem che ha lavorato incessantemente, con passione e impegno, per mettere di nuovo a regime i laboratori altamente specializzati dell'officina Gmp e far ripartire la produzione del prodotto cellulare terapeutico.
La commercializzazione di Holoclar, spiegano da Holostem in una nota, rappresenta l'avvio del nuovo piano industriale di Holostem che inoltre "prevede la creazione di attività ed investimenti finalizzati alla scoperta e sviluppo di terapie innovative personalizzate per malattie rare ad oggi senza terapia risolutiva, con un approccio di open innovation attraverso importanti partnership strategiche con centri ospedalieri italiani ed europei".
Il valore dell'innovazione e competitività dell'azienda, prosegue la nota, è stato riconosciuto anche dalla Commissione europea che ha selezionato Holostem per avere accesso ai finanziamenti Ipcei (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo) Med4Cure, in quanto una tra le 13 aziende europee in grado di perseguire l'obiettivo di sostenere la realizzazione di progetti innovativi e di rilevanza strategica per salute e sanità, al fine anche di migliorare la qualità e l'accesso alle cure del paziente.
"Senza l'apporto di ciascuno dei componenti del Consiglio di amministrazione ed il contributo del Collegio dei sindaci non sarebbe stato possibile, in un contesto estremamente complesso, arrivare alla definizione del piano industriale della società e così permettere all'azienda di ripartire nelle attività di produzione e ricerca - commenta il presidente della Holostem, Francesco Vetrò, manifestando soddisfazione per il risultato raggiunto - Il risultato, tuttavia, non sarebbe stato neppure lontanamente alla portata se la Fondazione Enea Tech e Biomedical ed il Mimit non avessero con lungimiranza salvaguardato e rilanciato un'azienda unica nel settore in Italia e all'estero". E, ricorda ancora, "nulla si sarebbe potuto realizzare se non vi fosse stato l'iniziale apporto di risorse della Chiesi Farmaceutici e senza la partnership con l'università di Modena e Reggio Emilia".
Salute e Benessere
Cancro pancreas Giorgi, oncologo Di Maio: “Cure...
Il presidente eletto di Aiom: "Passare dal trattamento antitumorale alla cosiddetta best supportive care non significa che per paziente non vi sia più nulla da fare"
"I pazienti con tumore al pancreas", come quello di cui è affetta Eleonora Giorgi, "hanno sì bisogno di trattamenti attivi antitumorali ma ad un certo punto noi oncologi optiamo per le cosiddette cure palliative (terapie di supporto per i sintomi, nonché supporto psicologico, nutrizionale) perché la malattia può dare molti sintomi, con un grande peso sulla qualità di vita. E allora possono fare la loro comparsa, o peggiorano, il dolore, la depressione, lo sconforto, la difficoltà a nutrirsi. Tuttavia, passare dai trattamenti oncologici che sono tossici alle 'sole' terapie di supporto non vuol dire che per il paziente non ci sia più nulla da fare. Anzi. Guai a pensarlo, su questo bisogna essere molto chiari". Così all'Adnkronos Salute Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) commenta l'intervista dell'attrice e regista 71enne a 'Verissimo' con la quale ha raccontato la sua lunga battaglia contro il tumore al pancreas che va avanti dal novembre 2023. "È un momento molto difficile. Sono a un bivio. L’ultima tac ci ha raccontato che è tutto molto progredito. Devo valutare percorsi palliativi, ma molto intrusivi" ha detto a Silvia Toffanin.
"Il messaggio che deve passare - tiene a precisare Di Maio che è Direttore dell’Oncologia Medica Universitaria dell’ospedale Molinette, Aou Città della Salute e della Scienza di Torino - è che comunicare ai pazienti, ai familiari e ai caregiver la scelta di passare dai trattamenti anticancro alla best supportive care, alle sole cure palliative, tra cui le terapie antalgiche per ridurre il dolore, è sì complicata e dalle forti implicazioni emotive non banali ma non è assolutamente un modo per abbandonare il paziente, al contrario ci focalizziamo ancora di più in modo concreto e fattivo sui bisogni di chi abbiamo in cura".
Sicuramente "è un momento complesso per il paziente e i suoi familiari, però è doveroso proporre qualcosa di utile anziché un'altra linea di terapia tossica, qualora riteniamo che il rapporto tra benefici e rischi sia sfavorevole" sottolinea l'oncologo che ricorda come "purtroppo il tumore al pancreas" sia "una delle patologie che hanno fatto meno progressi in oncologia negli ultimi anni a differenza degli altri tumori, anche con metastasi, nei quali abbiamo riscontrato avanzamenti anche dal punto di vista della qualità di vita". Il cancro del pancreas "è più difficile da trattare, più resistente alla chemioterapia e risponde peggio ai trattamenti" conclude. (di Francesca Filippi)