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Banco Bpm ricorre all’Antitrust contro l’Ops di Unicredit, è killer acquisition
L'obiettivo principale dell'operazione, secondo quanto prospettato, sarebbe l’eliminazione di un concorrente significativo in un momento di forte dinamismo per Piazza Meda, segnato dall’acquisto del 5% di Monte dei Paschi di Siena e dall’Opa su Anima Holding
Banco Bpm presenta un esposto all’Antitrust, sostenendo che l’offerta pubblica di scambio avanzata da Unicredit configurerebbe una tipica “killer acquisition”. Secondo quanto emergerebbe dall'esposto, l’operazione di Unicredit avrebbe come obiettivo principale l’eliminazione di un concorrente significativo in un momento di forte dinamismo per Piazza Meda, segnato dall’acquisto del 5% di Monte dei Paschi di Siena e dall’Opa su Anima Holding. Il termine “killer acquisition” si riferisce a strategie mirate a rimuovere dal mercato competitor rilevanti, limitandone l’operatività e la crescita.
Fonti finanziarie, citate dall'Adnkronos, suggeriscono che l’esposto tenga conto anche del peso di Banco Bpm nel Nord Italia, dove si posiziona come leader dopo Intesa Sanpaolo. Un’eventuale acquisizione da parte di Unicredit, secondo il ricorrente, ridurrebbe sensibilmente la concorrenza. Non è la prima azione legale intrapresa da Banco Bpm: un esposto era stato già depositato alla Consob, lamentando l’uso strumentale della passivity rule da parte di Unicredit.
Alcuni analisti considerano l’esposto un passo prevedibile per tutelare gli interessi di azionisti e stakeholder coinvolti in una potenziale Ops, uno strumento tecnico-giuridico peraltro giù utilizzato in precedenti operazioni finanziarie di acquisizione. Secondo l’esperto finanziario Giorgio Vintani, interpellato dall’Adnkronos, l’iniziativa legale rientra nella strategia di difesa del Banco, che si propone come una “preda” e descrive Unicredit come un “avvoltoio”. A proposito del dinamismo del Banco, Vintani sottolinea che l’acquisizione di Anima da parte di Piazza Meda "rappresenta una mossa preventiva contro eventuali manovre di Amundi, mentre il 5% di MPS appena acquisito è un tassello marginale rispetto alla quota che il Tesoro intende dismettere: le opzioni realistiche sul tavolo – conclude Vintani – restano essenzialmente due: che Banco Bpm finisca in mano a Unicredit oppure al Crédit Agricole, che già detiene il 15% del capitale. La terza via ipotizzata dall’amministratore delegato Castagna, almeno per ora, non si è concretizzata" (di Andrea Persili)
Finanza
Unicredit, Orcel ribadisce: “Siamo una banca...
"Siamo una banca italiana, abbiamo radici italiane. Crediamo nell'Italia ma anche nell'Europa e vogliamo portare il meglio che l'Italia ha all'estero". L'amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel in occasione della conferenza stampa di presentazione della partnership tra Unicredit e Ferrari a Milano ribadisce l'italianità dell'istituto bancario di Piazza Gae Aulenti e allo stesso tempo rivendica l'apertura ai mercati internazionali: "Se questo vuol dire non essere italiani mi dispiace molto - dice - perché la nostra industria crede molto in questo".
L'amministratore delegato parla poi della presunta contrapposizione tra Intesa e Unicredit. "Credo che abbiamo modelli di business e ambizioni simili - dice - ma anche diversi. Intesa ha un modello molto focalizzato sul nostro Paese. Noi abbiamo un modello di business molto più internazionale".
Orcel ribadisce che "in un Paese come il nostro ci sia molto valore aggiunto nell'accompagnare le imprese fuori dal nostro Paese" e in questo - prosegue ancora l'Ad - "l'accompagnamento non si fa con una filiale di rappresentanza, si fa con una leadership nel Paese di arrivo". Non manca una stoccata all'Unione europea: "Passa troppo tempo a esasperare le diversità e troppo poco tempo a unirsi per creare un blocco economico che crei opportunità per tutti".
Finanza
Intesa Sp, l’altolà di Messina al risiko:...
L'analisi di Giorgio Vintani: "Per Intesa Sp è molto difficile trovare dei target che siano così grandi da avere un impatto sui ricavi e sugli utili"
Evitare casini con operazioni di M&A. Il Ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina si sfila dal risiko del consolidamento bancario, conferma la strategia di stand alone e sembra avvisare Orcel e compagnia: “Sento tanto parlare di consolidamento bancario -afferma - ma l’Italia è Intesa Sanpaolo: più farai M&A, più sarai preso nei casini dell'integrazione e quindi anche per il futuro il riferimento sarà Intesa Sanpaolo". Giorgio Vintani, analista finanziario, osserva all'Adnkronos che "L'istituto è arrivato ad avere la forma che ha oggi e, a questo punto, il management dice basta", chiosa l'esperto.
Secondo Vintani il Ceo oggi ha voluto dire tre cose: "Chiamarsi fuori da qualsiasi possibile attività di M&A italiano in un momento in cui il mercato ribolle, e quindi prendere le distanze dai dossier Banco Popolare di Milano e Monte Paschi; ricordare che, a prescindere dai multipli dell’acquisito e dell’acquirente, le fusioni portano risultati solo dopo un certo periodo e se eseguite correttamente; l’execution risk in una fusione è molto alto; rimarcare che, considerata la dimensione di Intesa Sanpaolo, è molto difficile trovare dei target che siano così grandi da avere un impatto sui ricavi e sugli utili; e quindi riaffermare l’intenzione della Banca di crescere in modo organico e sul territorio Italiano".
"Una possibile fusione abbastanza grande da impattare sui conti di Intesa - dice Vintani - potrebbe essere quella con Unicredit, o con una grande banca straniera (Bnp Paribas, Santander) ma a questo punto queste ipotesi sono totalmente da escludere", sottolinea. "Quindi avanti così: banca Italiana, crescita organica e niente acquisizioni che potrebbero anche essere guidate dalla politica, (soprattutto nel caso del Monte Paschi dove il Tesoro è netto venditore)." (di Andrea Persili)
Finanza
Unicredit, l’economista Messori: “Bper nelle...
"La banca di Piazza Gae Aulenti potrebbe portare avanti le operazioni su Commerzbank e Banco Bpm, seguendo logiche diverse ma potenzialmente integrabili"
Risiko bancario, sempre Unicredit protagonista. In ambienti finanziari e non solo, qualcuno ipotizza che la banca di piazza Gae Aulenti possa essere distolta dall'obiettivo Banco Bpm per puntare verso un’altra preda: Bper. Una mossa complessa, spiega all’Adnkronos Marcello Messori, ex presidente delle Ferrovie dello Stato ed economista dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze. "Vista l’attuale configurazione, significherebbe entrare nella galassia Unipol, e questo pone alcune difficoltà", osserva Messori "Il cosiddetto Danish Compromise prevede condizioni agevolate per le banche capogruppo che incorporano attività assicurative o di asset management, limitando gli aggravi in termini di capitalizzazione. Questo principio non si applica al contrario: se la capogruppo è un’assicurazione. Quando la capogruppo è un’assicurazione, come nel caso di Unipol con Bper, il contesto operativo - chiosa l'esperto - è fortemente condizionato da vincoli normativi".
Rimangono due mosse, quelle più note, sullo scacchiere del risiko giocato dall'istituto guidato da Andrea Orcel. La prima è su Banco Bpm che offre vantaggi di integrazione notevoli per Unicredit, sia per le fabbriche prodotto molto redditizie, sia perché è presente in un'area ad alta redditività come quella settentrionale dove Unicredit è più debole. La seconda è su Commerz, seconda banca tedesca, in grado di poter condurre l'istituto milanese alla creazione di un colosso di dimensioni europee: "Unicredit - spiega Messori - potrebbe portare avanti entrambe le operazioni, Commerzbank e Banco Bpm, seguendo logiche diverse ma potenzialmente integrabili nel suo futuro strategico". Nel caso della seconda banca tedesca Orcel ha evidenziato l’apertura a diverse opzioni: da una possibile plusvalenza, trattandola come un investimento finanziario, a un’aggregazione a livello europeo. "Questa seconda ipotesi - spiega l'esperto - riflette la vocazione europea di Unicredit, uno dei gruppi bancari più proiettati verso un mercato finanziario unificato". Dato però che il mercato europeo non è ancora pienamente integrato, "la strategia -suggerisce ancora Messori - sembra quindi puntare a rafforzare prima la posizione sul mercato domestico, in preparazione a un’espansione più ambiziosa su scala europea. Questo spiegherebbe la combinazione delle due operazioni, anche se comporta rischi significativi, che Orcel sta cercando di minimizzare con un approccio prudente".
Due potenziali partner, appetibili, ma diversi: "Commerzbank rappresenta una scommessa sul mercato finanziario europeo e sulla ripresa economica della Germania - dice Messori - Banco Bpm risponde alla necessità di rafforzare ulteriormente le fabbriche prodotto e consolidare la presenza sul territorio nazionale". In entrambi i casi le strade non sono prive di ostacoli: su Commerzbank bisogna cerchiare il rosso le date delle elezioni politiche tedesche di febbraio, per quanto riguarda Bpm attendere che si capisca qualcosa in più sul possibile esercizio del Golden Power da parte del governo: da indiscrezioni si vocifera che i paletti possano essere due, mettere vincoli per mantenere il numero degli sportelli e tutelare i dipendenti impedendo licenziamenti. Ma non è detto che ciò pregiudichi il buon esito dell'operazione: "Nell'eventuale integrazione tra Unicredit e Banco Bpm - spiega Messori - non ci si attendono sovrapposizioni troppo sistematiche, ma alcune sovrapposizioni operative saranno inevitabili. Questo potrebbe creare la necessità di razionalizzare la rete degli sportelli, una dinamica già osservata in precedenti aggregazioni nel settore bancario. Tale razionalizzazione - spiega - paradossalmente potrebbe favorire il successo dell'Opa. Alcuni azionisti di Bpm potrebbero trarre vantaggio dall'acquisizione di sportelli, incentivando il buon esito dell’operazione. Questo modello - sottolinea - è già stato applicato con successo in passato, ad esempio durante le storiche aggregazioni che coinvolsero Intesa Sanpaolo, dimostrando come cessioni mirate possano aumentare la fattibilità di simili operazioni". Questo fermento non privo di difficoltà, sottolinea l'esperto, "potrebbe preparare le banche italiane a confrontarsi con il mercato europeo, favorendo la nascita di gruppi bancari in grado di affrontare le sfide internazionali. La strada è complessa, ma il movimento attuale lascia intravedere scenari di trasformazione positiva per il sistema bancario del Paese". (di Andrea Persili)