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Farmac, maculopatie: studio conferma efficacia del trattamento che riduce numero di iniezioni

I dati presentati al congresso Fiorentina, intervalli di cura estesi fino a 5 mesi con migliore qualità di vita

Farmaci, maculopatie: studio conferma efficacia del trattamento che riduce numero di iniezioni

A 2 mesi dal suo ingresso nella pratica clinica in Italia, aflibercept 8 mg si conferma una soluzione innovativa e promettente per il trattamento della degenerazione maculare neovascolare (nAmd) e dell’edema maculare diabetico (Dme). Le sue potenzialità sono state al centro di un simposio al Congresso Floretina 2024, in corso a Firenze, dove sono state presentate nuove evidenze scientifiche a supporto dell’efficacia del farmaco. Gli studi clinici continuano a dimostrare come aflibercept 8 mg offra un controllo rapido e duraturo dei fluidi, garantendo miglioramenti visivi e anatomici a 3 anni, consentendo di estendere gli intervalli tra i trattamenti fino a 5 mesi, con sole 3 iniezioni di loading, in entrambe le indicazioni, e con un profilo di sicurezza paragonabile a quello di aflibercept 2 mg, confermando l’affidabilità del trattamento. In particolare, il farmaco non solo assicura un’efficace gestione della malattia, ma riduce anche il numero di iniezioni necessarie, con un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.

Al recente American Academy of Ophthalmology Annual Meeting di Chicago - si legge in una nota - ulteriori dati a 3 anni dello studio Photon hanno confermato l’efficacia di aflibercept 8 mg nel trattamento del Dme, rafforzando ulteriormente il suo ruolo nella gestione della patologia. Gli stessi dati, presentati anche al Congresso Floretina 2024, confermano che aflibercept 8 mg offre miglioramenti visivi e anatomici fino a 3 anni. La maggior parte dei pazienti ha potuto inoltre beneficiare di intervalli di somministrazione prolungati di almeno 3 mesi, con dati particolarmente promettenti: il 45% ha raggiunto intervalli di somministrazione superiori a cinque mesi e il 25% ha completato il trattamento con somministrazioni ogni sei mesi.

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il rallentamento della ricomparsa del fluido retinico dopo la prima dose di aflibercept 8 mg, rispetto a quelli trattati con la dose da 2 mg. "Questi risultati a lungo termine sono senza precedenti e dimostrano quanto aflibercept 8 mg sia in grado di garantire un controllo sostenuto della malattia con intervalli di trattamento prolungati per la maggior parte dei pazienti, in un contesto che rispecchia la pratica clinica quotidiana - afferma Edoardo Midena, professore ordinario di Malattie dell'Apparato visivo e direttore della clinica Oculistica e della Scuola di specializzazione in Oftalmologia dell'Università di Padova - Alla luce di questi risultati, aflibercept 8 mg emerge come una potenziale nuova terapia standard nell’edema maculare diabetico. Rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto, offre la possibilità di prolungare gli intervalli tra i trattamenti, riducendo così il peso della malattia sui pazienti. Questo approccio facilita una maggiore aderenza terapeutica e contribuisce ad alleggerire il carico sul sistema sanitario”.

Aflibercept 8 mg si distingue per il potenziale di estendere gli intervalli di trattamento nei pazienti con Dme. L’efficacia, valutata in base alla non inferiorità in termini di variazione della migliore acuità visiva corretta (Bcva), è rimasta costante in tutti i gruppi trattati con aflibercept 8 mg per l’intero terzo anno (settimana 156) rispetto all'inizio dello studio di estensione (basale alla settimana 96). Il profilo di sicurezza si è confermato favorevole anche nel terzo anno, in linea con quello già consolidato di aflibercept 2 mg. I dati a lungo termine non hanno evidenziato nuovi segnali in nessuno dei gruppi di trattamento, inclusi i pazienti passati dalla dose di 2 mg a quella di 8 mg. I tassi di eventi avversi oculari emergenti dal trattamento sono risultati simili tra i gruppi, senza alcuna segnalazione di vasculite occlusiva. Inoltre, il tasso di infiammazione intraoculare è rimasto basso per tutta la durata dello studio: 1,4% nei pazienti passati ad aflibercept 8 mg e 1,5% in quelli trattati fin dall'inizio con questa dose.

Aflibercept 8 mg è l'unico trattamento anti-Vegf approvato per intervalli di trattamento fino a 5 mesi nel Dme e nella nAmd in mercati principali come l'Ue e il Regno Unito. E' stato sviluppato da Bayer insieme a Regeneron, che detiene i diritti esclusivi sul 2 mg e 8 mg negli Stati Uniti. Bayer ha in licenza i diritti esclusivi di commercializzazione al di fuori degli Stati Uniti.

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Cronaca

Neonata rapita a Cosenza: Rosa Vespa resta in carcere,...

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La donna, indagata per sequestro di persona, si è assunta ogni responsabilità. L'uomo al gip: "Convinto fino all'arrivo della polizia che fosse mio figlio"

La clinica di Cosenza dove è stata rapita la neonata, poi ritrovata

Resta in carcere Rosa Vespa, la donna che, lo scorso 21 gennaio, ha rapito una neonata dalla clinica 'Sacro Cuore' di Cosenza e che ora è indagata per sequestro di persona, mentre è stato scarcerato il marito Moses Omogo Chidiebere. A deciderlo, il gip di Cosenza Claudia Pingitore che, a seguito dell'interrogatorio di garanzia di questa mattina, ha convalidato la misura cautelare nei suoi confronti.

Rosa Vespa si assume ogni responsabilità. Il marito: "Pensavo fosse mio figlio"

Durante l'interrogatorio, alla presenza del pm Antonio Bruno Tridico e dei difensori, gli avvocati Gianluca Garritano e Teresa Gallucci, Vespa si è assunta ogni responsabilità dell'accaduto, mentre il marito ha ribadito di essere all'oscuro di tutto e di essere stato convinto, fino all'arrivo della polizia, che la piccola rapita fosse suo figlio. L'interrogatorio dei due è durato circa tre ore.

La finta nascita, la festa in casa e l'arresto

Come spiegavano fonti investigative, all'arrivo delle forze dell'ordine all'interno dell'appartamento della coppia, a Castrolibero, erano in corso i festeggiamenti con tanto di banchetto per la nascita del bambino. Ad attendere il loro arrivo in casa, i parenti di Vespa e il marito, ignari del rapimento.

La donna, infatti, avrebbe simulato per 9 mesi la gravidanza, raccontando ai familiari di essere in attesa di un maschietto e di essere stata trattenuta nella clinica alcuni giorni in più del previsto per degli accertamenti. Tutto era stato organizzato nei dettagli: la bimba era stata vestita di azzurro e gli allestimenti della festicciola erano di colore blu, proprio come se il nascituro fosse di sesso maschile. L'8 gennaio scorso, la donna aveva anche annunciato sui social la nascita di un bimbo, Ansel. "Dopo tanta attesa il nostro miracolo è arrivato! Alle ore 20:00 di oggi è nato Ansel. Mamma e Papà ti amano!", recitava il post.

“Al nostro arrivo nell’appartamento dei rapitori, c’era una festicciola organizzata per il rientro a casa. C’erano degli ospiti all’interno dell’abitazione, era un attimo di convivialità, di festa. Ci è stata indicata una stanza all’interno della quale c’era una culletta, con dentro adagiata la bambina che sonnecchiava. Una cosa organizzata sicuramente con la premeditazione di compiere il gesto”, le parole di Claudio Sole, poliziotto in servizio presso la Squadra Mobile della Questura di Cosenza, il primo a prendere in braccio la piccola Sofia.

“I due non hanno opposto resistenza, la donna è caduta in un mutismo totale, non ha proferito parola. Gli ospiti erano del tutto ignari, ma ci è sembrato ignaro anche lo stesso coniuge, poi questo è da valutare”, aveva detto.

“Pare che fossero andati anche alla pasticceria affianco per ordinare una torta con il nastro rosa, che poi comunque non è stata commissionata. La donna non era incinta, non ci sono riscontri di nascite o di parti", precisava Sole, per il quale "riconsegnare la bambina alla mamma, vederla sciogliersi completamente, per me che sono un operatore di polizia, è stata un’emozione grande”.

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Cronaca

Bolzano, morto bimbo di 3 anni: la madre indagata per...

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Sul corpo del piccolo numerosi lividi ed ematomi e gravi lesioni cerebrali

Carabinieri e ambulanza - Fotogramma

La Procura di Bolzano ha iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario in presenza di maltrattamenti la madre di Muhammad, il bambino pakistano di tre anni residente a Brunico morto il 26 dicembre scorso all'ospedale di Bolzano.

Secondo quanto spiega la procura in una nota il 23 dicembre scorso ''il 118 e una pattuglia dell’aliquota Carabinieri di Brunico sono intervenuti per prestare soccorso" al bimbo le cui condizioni apparivano ''fin da subito estremamente gravi''. Secondo quanto riportano le testate altoatesine la madre, che si trovava in casa quando il bambino fu portato in ospedale, aveva detto a carabinieri e sanitari che era caduto.

Il bambino è stato trasportato a Bolzano dove il personale medico ha segnalato la presenza di numerosi lividi ed ematomi sul corpo, manifestando dubbi sul fatto che lo stesso fosse stato vittima di maltrattamenti e che le gravi lesioni cerebrali riscontrate fossero conseguenza di atti dolosi. Il 26 dicembre il bambino è deceduto. La procura sottolinea che "è stato pertanto necessario procedere all’iscrizione nel registro delle notizie di reato di uno dei genitori del bambino, in particolare di quello presente nell’appartamento al momento del fatto, e disporre un accertamento autoptico".

L’accertamento si è svolto il 30 dicembre scorso all’ospedale di Bolzano. Non c'è ancora l'esito dell’autopsia. Da una prima e superficiale valutazione non sono emersi elementi a conferma dell’ipotesi investigativa, ma non si possono escludere, allo stato, azioni di natura dolosa.

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Cronaca

Caso Bellomo, l’ex giudice assolto da accusa violenza...

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L'uomo era stato arrestato nel 2019 e aveva trascorso tre mesi ai domiciliari. Nell'inchiesta emerse il dress code richiesto alle aspiranti magistrate

Corte di Appello di Bari - Agenzia Fotogramma

Francesco Bellomo è stato assolto dalla Corte di Appello di Bari "perché il fatto non sussiste": l'ex giudice del Consiglio di Stato era accusato di violenza privata. Il reato peraltro prescritto aveva comportato il suo arresto nel 2019 e la permanenza ai domiciliari per tre mesi, su disposizione del gip del tribunale del capoluogo pugliese.

L'inchiesta

L'inchiesta era stata condotta dalla Procura della Repubblica. All'inizio l'accusa era di estorsione ai danni di una delle studentesse che frequentavano i corsi di preparazione al concorso per la professione di magistrato tenuti dalla scuola 'Diritto e Scienza' di cui lo stesso Bellomo, barese, era direttore scientifico. Il reato, nel caso specifico, sarebbe consistito nella richiesta che lo stesso avrebbe fatto alla presunta vittima di lasciare il lavoro di valletta televisiva.

Nell'inchiesta, tra le altre cose, emerse che il giudice avrebbe istituito un vero e proprio codice, che prevedeva, tra l’alto, che le studentesse si presentassero alle lezioni con un abbigliamento particolare e ben definito. In quella occasione vennero contestati anche i reati di maltrattamenti e violenze private ai danni di altre studentesse. Questi procedimenti vennero riunificati a Bari. In base a questo processo Bellomo venne radiato dal Consiglio di Stato.

Il difensore: "Le accuse erano insufficienti fin dall'inizio"

"E' stato un processo emblematico, con un’accusa artificiale di estorsione costruita in laboratorio mediante una ricerca a tappeto di denunce e possibili quanto insussistenti reati effettuata da un pm che non aveva neanche la competenza ad indagare", dice all'Adnkronos l'avvocato difensore di Bellomo, Cataldo Intrieri. "Per farlo restare a Bari si era elevata una imputazione di estorsione, un reato molto grave, che subito il tribunale del Riesame di Bari e la Corte di Cassazione avevano dichiarato insussistenti. Ciò nonostante la Procura di Bari - continua Intrieri - per mantenere la competenza nel capoluogo pugliese e radicarne il processo, nonostante il diverso avviso della Cassazione, ha insistito nell'accusa. Ciò ha comportato anche l'arresto del dottor Bellomo che si è protratto fino all'udienza preliminare".

In quella sede il giudice di Bari ha nuovamente confermato che non si trattava di estorsione, reato insussistente, ha derubricato l'accusa a violenza privata, "cioè un semplice atto di costrizione, dichiarandola prescritta", sostiene l'avvocato. Per quanto riguarda le altre accuse le carte sono state inviate per competenza al tribunale di Bergamo, "confermando che non c'era competenza del tribunale di Bari", sottolinea Intrieri. Per il processo di estorsione la Procura di Bari ha fatto ricorso in Corte di Appello, chiedendo che fosse di nuovo qualificato il reato come estorsione. La difesa ha impugnato la sentenza chiedendo invece l'assoluzione nel merito, cioè sostenendo che il fatto anche come violenza privata non sussistesse, anche se prescritto. La Corte di Appello ieri ha rigettato l'appello della Procura e ha accolto invece l'appello della difesa, "dicendo nel merito che anche il reato di violenza privata è insussistente", conclude l'avvocato.

"A me sembra un caso evidente, soprattutto in questo periodo di polemiche sulla separazione delle carriere, di un grave danno che è stato arrecato a un imputato con una accusa, è questo il punto, che fin dall'inizio di questa indagine era apparsa insussistente", dice all'Adnkronos l'avvocato Cataldo Intrieri.

"Ciò nonostante - continua Intrieri, avvocato difensore di Bellomo - si è andati avanti, si è inflitta una custodia cautelare, si è causato al dottor Bellomo un danno anche economico, oltre che fisico, grave. E' stato sospeso dall'insegnamento ed è stato radiato dalla magistratura, fatto per il quale è in attesa di una pronuncia che arriverà prossimamente e si spera che gli darà ragione. Ha subito danni gravissimi con una serie di processi nei quali è sempre stato assolto o prosciolto. Non ci sono mai state condanne, questa è la cosa incredibile. E' una vicenda che ha fatto clamore per aspetti più o meno discutibili ma la cosa grave è che non c'è mai stata alcuna valida accusa di un serio reato. Ciò nonostante Bellomo ha subito la custodia cautelare, per una vicenda che, dopo una serie di processi possiamo dirlo, non doveva avere nessun risvolto in sede penale".

"Nel caso del dottor Bellomo sottolineo che la Corte di Cassazione in sede cautelare aveva già escluso il reato di estorsione, al massimo ci poteva essere una violenza privata. Questo avrebbe dovuto comportare immediatamente il trasferimento per competenza di questo processo ad altra sede. Invece il pm ha voluto mantenere l'accusa di estorsione, nonostante la bocciatura della Cassazione, per radicare il processo a Bari. Lo può fare ma dovrebbe trattarsi di casi gravi. Per questo ho definito questo processo un esempio di accanimento". Lo dice all'Adnkronos l'avvocato Cataldo Intrieri.

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