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Siria, Gentile (Pro Terra Sancta): ”Sgomento e terrore ad Aleppo, a Damasco tensione alta”
Il responsabile dei progetti della ong: ''I siriani sono disperati, temono di essere tornati indietro di 12 anni. La priorità sarebbe arrivare ad Aleppo in sicurezza, ma per ora ci occupiamo degli sfollati''
''Totale sgomento'', perché ''non c'era alcuna avvisaglia'' di un possibile attacco ad Aleppo e perché ''non c'è stata alcuna resistenza'' da parte delle forze governative. E ''terrore'', perché ''negli occhi dei siriani sfollati e in fuga verso Damasco e Latakia si vede la grande paura di essere ritornati indietro di 12 anni, alla guerra di Aleppo''. Così Giacomo Gentile, responsabile progetti di Pro Terra Sancta, racconta all'Adnkronos la realtà di questi giorni in Siria. Lui attualmente si trova a Damasco che ''è stata dichiarata un safe place'' ed è ''abbastanza vicina all'aeroporto di Beirut che è funzionante nel caso in cui dovesse esserci la necessità di evacuare. Anche il confine giordano non è lontano''. Ma anche a Damasco ''la tensione è molto alta'' e ci sono ''file lunghissime di persone che vogliono entrare''. Perché ''sono fuggiti subito in tantissimi anche se non c'erano grandi scontri, per la paura che si ripetesse la guerra ad Aleppo. Ora c'è il terrore per i bombardamenti siriani e russi, la disperazione delle famiglie in fila per entrare a Damasco o a Latakia'', è la sua testimonianza.
La prima tappa di Gentile era il Libano, ''sono arrivato a Beirut il 25 novembre per seguire i progetti a sostegno degli sfollati. Ce ne sono un milione solo a Beirut'', ma in Libano ''c'è la sensazione che la guerra non sia ancora finita nonostante il cessate il fuoco, ci sono tanti bombardamenti nel sud'' e così, la decisione di spostarsi in Siria. Destinazione Aleppo, per vedere lo stato dei progetti che Pro Terra Sancta gestisce in città insieme ai frati. ''Arrivato in Siria venerdì mattina molto presto dall'ingresso Beirut-Damasco, l'unico riaperto dopo i bombardamenti di Israele'', Gentile ad Aleppo non arriverà.
''Stavo andando a nord verso la città. Si parlava di scontri nell'area di Idlib, fino a 15 chilometri da Aleppo, ma a un certo punto abbiamo visto un numero esorbitante di carri armati siriani e russi sulla strada verso nord - racconta - Questo ci ha fatto capire che stava succedendo qualcosa nell'area governativa e poi ci siamo accorti che l'autostrada era stata chiusa dall'esercito perché l'ultimo tratto fino ad Aleppo era stato preso dai ribelli. I frati ci hanno detto di non andare, la nostra macchina ha deviato verso Latakia''.
'priorità sarebbe arrivare ad Aleppo in sicurezza ma per ora ci occupiamo degli sfollati'
Nella città portuale Gentile spiega che ''abbiamo cominciato ad accogliere le prime famiglie di sfollati che cercavano aiuto. Le abbiamo messe in contatto con persone che potevano ospitarle e abbiamo messo loro a disposizione case pagando di cui pagheremo i primi mesi di affitto''. In queste famiglie c'è ''rassegnazione'' e ''nei progetti di assistenza ed emergenza sarà inserita l'assistenza agli sfollati''. Serviranno ''cibo e medicine, materiale per l'inverno che sta arrivando''.
Intanto si ''cerca di capire come poter portare avanti i progetti di aiuto e assistenza attraverso Aleppo, in particolare attraverso i frati'' che ''sono tutti rimasti lì''. Il vescovo cattolico, aggiunge Gentile, ha fatto ''una riunione con i vertici del gruppo ribelle che ha garantito che non faranno nulla ai frati, che potranno tenere tutte le messe che vorranno e che potranno anche suonare le campane''.
''Oggi abbiamo fatto una riunione all'ambasciata italiana che ha fatto rientrare l'emergenza per Damasco'', conclude il responsabile di Terra Sancta, il cui auspicio è, ''senza rischiare, di poter arrivare il più vicino ad Aleppo in sicurezza, per noi sarebbe una priorità. Ma non credo che questa settimana si sblocchi la situazione o riaprano la via per raggiungerla. Quindi per ora ci occupiamo degli sfollati''.
Esteri
Italia-Usa, Tirelli (Cpi): “Rafforzare asse...
“L’Italia ha l’opportunità di assumere un ruolo più incisivo nella politica estera del Mediterraneo, grazie a una ritrovata intesa e collaborazione strategica con Washington. Questo potrebbe consolidare la posizione italiana come interlocutore privilegiato nell’area, in un contesto dove Francia e Regno Unito continuano a essere percepiti da molti paesi mediorientali come vecchie potenze coloniali, con tutte le difficoltà diplomatiche che ne derivano”. E' questo il punto di vista di Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, nonché dell’Istituto di Politica Internazionale e Studi Geostrategici (Ipisg), centro di ricerca dedicato all’analisi degli sviluppi geopolitici globali e delle dinamiche di sicurezza internazionale. Tirelli, in una intervista all'Adnkronos, prova a tracciare una prospettiva sui nuovi possibili equilibri in Medio Oriente, nel Mediterraneo e il ruolo dell’Italia che potrebbe assumere all'indomani dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
“Nonostante l’Italia rimanga una forza di ‘terza fila’ dietro Stati Uniti, Francia e Regno Unito, il nostro paese ha la possibilità di distinguersi nella competizione per l’influenza nel Mediterraneo - spiega Tirelli - La vera sfida geopolitica nella regione, infatti, non è più tra le vecchie potenze coloniali, ma tra l’Italia e la Turchia, che si sta affermando come una forza regionale di primo piano". Secondo il presidente di Ipisg "la Turchia sta consolidando la propria presenza in maniera aggressiva: in Albania, Ankara sta ristrutturando le forze armate di Tirana e ha un forte appeal sulla popolazione albanese, rafforzando il proprio peso nei Balcani. In Libia, la Turchia ha stabilito basi militari e una presenza significativa, contribuendo alla frammentazione politica e militare del paese, ma anche proiettando il proprio potere sul Mediterraneo centrale. Questa strategia evidenzia come Ankara non si limiti più a un ruolo balcanico, ma aspiri a una posizione dominante anche nel Mediterraneo. Il governo guidato da Giorgia Meloni, da parte sua, sta cercando di contrastare questa espansione turca attraverso un’opera meritoria di rilancio della presenza italiana nel Mediterraneo. L’obiettivo è non solo limitare l’influenza di Ankara, ma anche riaffermare il ruolo dell’Italia come forza stabilizzatrice nella regione".
"La Turchia, pur essendo un partner nella Nato, rimane un paese con fragilità democratiche e un crescente pericolo di islamizzazione politica, che potrebbe destabilizzare ulteriormente il Mediterraneo. In questo contesto, l’Italia potrebbe rappresentare per gli Stati Uniti un alleato più affidabile e democratico, capace di bilanciare l’ascesa turca”, precisa Tirelli. In questo contesto "il rafforzamento dell’asse Roma-Washington, all’interno dell’armonia della Nato, è una mossa strategica che gli Stati Uniti potrebbero favorire per mantenere la stabilità della regione. L’Italia, infatti, grazie alla sua storia e alla sua posizione geografica, potrebbe fungere da interlocutore credibile e non percepito come minaccioso dai paesi arabi. In definitiva, il rilancio del ruolo italiano nel Mediterraneo è una sfida cruciale per contrastare la crescente islamizzazione politica e per preservare gli equilibri nella regione. Un’alleanza più stretta con gli Stati Uniti rappresenta una grande opportunità per rafforzare la posizione dell’Italia e garantire un Mediterraneo più stabile e sicuro”.
Esteri
TikTok, Trump congela divieto negli Usa per 3 mesi
"La proroga di 90 giorni è qualcosa che molto probabilmente verrà fatta, perché è appropriata"
Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump "molto probabilmente" concederà a TikTok una proroga di 90 giorni per evitare il bando negli Stati Uniti.
Trump ha prospettato l'ipotesi in una intervista telefonica esclusiva alla Nbc News, spiegando che la proroga verrà concessa dopo il suo insediamento, lunedì 20 gennaio. Trump ha affermato di non aver ancora preso una decisione definitiva, ma sta valutando una proroga di 90 giorni della scadenza per la società madre di TikTok - ByteDance - con sede in Cina: domani scade il termine utile per vendere a un acquirente non cinese. Ieri la Corte Suprema degli Stati Uniti ha confermato all'unanimità la legge che prevede il 'ban', bocciando un ricorso presentato dalla piattaforma in nome della libertà di espressione.
"Penso che sarebbe, certamente, un'opzione che prenderemo in considerazione. La proroga di 90 giorni è qualcosa che molto probabilmente verrà fatta, perché è appropriata. Dobbiamo esaminarla attentamente. E' una situazione molto importante", ha detto Trump nell'intervista telefonica. "Se decido di farlo, probabilmente lo annuncerò lunedì", ha aggiunto il presidente, che ieri ha avuto anche un contatto telefonico con il presidente cinese Xi Jinping.
Esteri
Netanyahu e la tregua con Hamas: “Se fallisce...
Il premier parla per la prima volta dopo la firma dell'accordo e avverte: "Ci riserviamo il diritto di tornare in guerra con l'appoggio degli Stati Uniti"
Benjamin Netanyahu parla per la prima volta in pubblico dopo la firma dell'accordo per la tregua con Hamas in vigore da domani, 19 gennaio, alle 8:30, e avverte che se l'obiettivo fallirà Israele è pronta a scatenare una "tremenda forza" contro Gaza.
"L'accordo salta senza i nomi degli ostaggi liberi domani"
In una nota Netanyahu aveva già lanciato nel pomeriggio un avvertimento ad Hamas, affermando che ''l'accordo non andrà avanti fino a quando non si conosceranno ii nomi degli ostaggi che verranno liberati'' a partire da domani. "Non andremo avanti con l'accordo finché non riceveremo una lista degli ostaggi che verranno liberati, come concordato". "Israele non tollererà violazioni dell'accordo. La sola responsabilità ricade su Hamas", ha aggiunto.
"Trump ci darà le armi"
E se l'accordo dovesse fallire, il presidente eletto degli Stati Uniti Donald ''Trump farà in modo che noi avremo tutte le armi e le munizioni necessarie perché se non riusciamo a raggiungere questo obiettivo adesso, lo faremo con tremenda forza più avanti'', ha avvertito il premier israeliano. ''Dobbiamo mantenere la capacità di tornare a combattere se necessario'', ha aggiunto confermando l'appoggio degli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden e il futuro inquilino della Casa Bianca Trump ''hanno parlato entrambi con me e si sono congratulati sottolineando che questa prima fase dell'accordo è un temporaneo cessate il fuoco prima della prossima fase. Sia Biden sia Trump hanno pienamente appoggiato questo obiettivo'', ha evidenziato Netanyahu.
"Noi ci riserviamo il diritto di tornare in guerra con l'appoggio degli Stati Uniti", ha aggiunto, sottolineando che ''tutti hanno ripetuto nella regione che è stato Hamas a non rispettare l'accordo in precedenza''.
Più soldati Idf nel corridoio Filadelfia
''Non ci ritireremo dal corridoio Filadelfia'', anzi ''aumenteremo la presenza lì'' perché ''avremo il pieno controllo della zona cuscinetto", ha chiarito poi Netanyahu.
"Ostaggi a casa vivi"
Israele ''riporterà a casa ostaggi vivi grazie alla nostra determinazione'' e li ''riporterà a casa tutti'', assicura Netanyahu. ''Siamo riusciti a raddoppiare il numero degli ostaggi vivi che torneranno a casa nella prima fase'' dell'accordo, abbiamo ottenuto ''un incremento'' rispetto a quanto era stato proposto da Hamas.