La storia di Diego il clochard, ‘cacciato di casa per la droga e ora in strada a Roma’
"Sto in strada da sei mesi. I miei mi hanno cacciato di casa perché mi drogavo". Lui è Diego, ha 28 anni, nato e cresciuto in quelle che lui stesso chiama "borgate romane", e da cui i genitori lo hanno mandato via: "Dovevo fare un percorso di riabilitazione dalla tossicodipendenza, ma i centri diurni erano pieni. Sono andato a Bracciano al Sert ma ho visto che comunque non c'erano cambiamenti: stando in borgata e tornando a casa tutti i giorni, andavo a sbattere sempre contro le stesse persone, che volevano darmi qualcosa da prendere. Mia madre, in extremis, ha preso e mi ha cacciato di casa: "Mi ha detto 'vai per la strada tua'", racconta Diego, mentre si scalda tenendo fra le mani un bicchiere di tè caldo, portatogli da alcuni volontari.
La sua strada è via della Conciliazione, ora, sotto il colonnato di San Pietro, dove sono decine quelli che non hanno una casa e trovano rifugio fra le colonne marmoree e possono contare sull'assistenza fornita loro dal Vaticano e dalle organizzazioni di volontariato: "Io mica lo sapevo che c'erano questi rifugi e queste associazioni, prima di arrivare qui sono stato un mese al parco sotto la Basilica di San Paolo. Sono arrivato qui per un colpo di fortuna: un giorno mi sono addormentato sull'autobus e sono arrivato al capolinea, fermandomi proprio a San Pietro". Fra i sampietrini, la vita non è facile, soprattutto per chi non ha un soldo per sopravvivere: "Per mangiare, i primi tempi, lo devo ammettere, andavo a rubare un panino a pranzo e uno a cena. Niente di più di quello che mi serviva per sopravvivere, perché avevo fame, null'altro", giura Diego. Per difendersi dal freddo poi, una vera lotta: "Avevo un sacco a pelo, ma me l'hanno rubato. Purtroppo qui si gioca a rubarsi le cose fra di loro, anche quando si dorme. Per questo alcuni evitano di andare nelle strutture, perché non possono portare la loro roba e rischiano di perderla". Ma c'è anche tanta solidarietà in strada: "Grazie a un ragazzo ho avuto una tenda, un altro mi ha regalato una delle sue stecche per montarla. Una stecca per uno - sorride Diego - ma almeno dormiamo bene entrambi".
Prima di finire per la strada Diego ha lavorato per 12 anni nei cantieri: "Ogni giorno, quando i poliziotti ci vanno sgomberare per le 5 e mezza o le 6 del mattino, io cerco un lavoro, non demordo. Ho imparato un mestiere grazie a mio papà. Qualcosa si trova, magari in nero... Ma la mia speranza è quella di rimboccarmi le maniche. So che tutto questo è transitorio, molti stanno anche peggio di me e hanno storie che fanno venire i brividi. E l'ho detto anche a mia madre: quando le ho detto di questo percorso - conclude Diego - mi ha detto 'non me l'aspettavo' anche perché un percorso migliore di questo per disintossicarmi non c'è".
Cronaca
Cruciani: “La Zanzara ha fallito con il...
Il conduttore della trasmissione di Radio24 sulla vicenda che coinvolge Minnocci
"Con il Brasiliano, purtroppo, abbiamo fallito". Giuseppe Cruciani, in apertura della puntata della Zanzara oggi 5 dicembre 2024, si sofferma su una notizia di cronaca, relativa all'arresto di Massimiliano Minnocci - noto sui social come Brasiliano - per violenze ai danni della fidanzata, che sarebbe stata picchiata con un bastone. Minnocci è stato spesso ospite della Zanzara e nella trasmissione è stato protagonista di scambi coloriti con David Parenzo.
"Molti si aspettano alcune parole dal sottoscritto, anche se non c'entro nulla, su quello che è accaduto con Massimiliano Minnocci detto il Brasiliano", dice Cruciani, chiamato in causa nel corso della giornata dai post di alcuni utenti su X. "Massimiliano è stato arrestato per aver rotto un braccio a bastonate ad una donna. La prima vittima è la ragazza, non c'è nemmeno bisogno di dirlo. Anzi, l'unica vittima. Noi abbiamo cercato di recuperare Massimiliano in tutti i modi, abbiamo cercato di fargli capire che doveva smetterla con la cocaina. Abbiamo ripetuto in 500mila modi che era necessario smettere. Abbiamo raccontato gli effetti devastanti della cocaina", aggiunge.
"Il Brasiliano ha sempre avuto la propensione a risolvere i litigi in un certo modo, non con le istituzioni. In questi anni ha cercato di reprimere questa tendenza. I social avevano esaltato il suo tentativo di uscire dall'illegalità, La Zanzara ha fatto in parte questa operazione di recupero. Io ci ho creduto veramente e ancora ci credo in parte. Purtroppo, abbiamo fallito. La cocaina e la violenza spesso sono più forti. Paghi quello che deve pagare, non è una vittima. La vittima è quella che ha preso le botte", conclude.
Cronaca
Segre-Seymandi, lei: “Richiesta archiviazione?...
Per il pm va chiuso il caso sulle offese degli haters all'imprenditrice: "Su internet è quasi normale"
"Una richiesta di archiviazione con queste motivazioni lascia basiti, non solo me ma anche le tante persone che mi stanno mandando messaggi". Così all'Adnkronos Cristina Seymandi commenta le motivazioni con cui il pm torinese ha chiesto l'archiviazione delle indagini sulle offese via social indirizzate all'imprenditrice torinese, protagonista nell'estate dello scorso anno di una burrascosa separazione sentimentale dall'imprenditore Massimo Segre a seguito della quale divenne bersaglio dei cosiddetti 'haters'.
Il dileggio su internet
Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano La Stampa, per la procura il caso va chiuso, perché, tra i vari motivi, vi sarebbe anche il fatto che “la progressiva diffusione di circostanze attinenti la vita privata e la diffusione dei social ha reso comune l’abitudine ai commenti, anche con toni robusti, sarcastici, polemici e inurbani”, pertanto “occorre tenere conto della mutata condizione della società la quale, con l’uso dei social, è divenuta maggiormente sensibile agli avvenimenti privati delle persone” e quello che non è tollerato nel mondo reale, "nel mondo dei social è quasi normale".
Seymandi: "Non è punibile chi insulta sul web?"
“Definire una pratica ormai consueta sui social utilizzare un linguaggio non elegante e toni robusti lascia basiti tutti - sottolinea Seymandi - ma penso che innanzitutto lasci basiti i tanti ragazzi e professori che nelle scuole fanno corsi di cyberbullismo. Immagino un ragazzino di 12-13 anni a cui si è appena detto durante il corso che non si odia sui social, che bisogna avere rispetto, poi torna a casa e legge una notizia di questo tipo, che i toni robusti sono una pratica”. “E' anacronistico, soprattutto in questo momento - prosegue - è appena passato il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quindi la violenza è solo fisica, perché quella verbale non viene più contestata? Viene accettata? Mi rifiuto di accettare una cosa del genere. Non è punibile chi insulta un’imprenditrice di quasi 50 anni, mentre forse riconosciamo che su una donna di 20 o 25 anni o su un ragazzino di 18 l’insulto potrebbe avere effetti negativi tragici? I valori in una società civile vanno fatti rispettare sempre”, conclude.
Cronaca
Matteo Falcinelli e l’arresto choc a Miami:...
Il giovane è stato ascoltato dai pm di Roma che su quanto accaduto hanno aperto un fascicolo per lesioni a carico di ignoti
''E’ stata una vicenda traumatica che mi ha cambiato la vita, il Matteo che è stato per 25 anni non c’è più, ne sono uscito completamente vuoto, rivedo quelle immagini tutti i giorni”. Lo ha detto Matteo Falcinelli, il ragazzo legato e malmenato dalla polizia di Miami lo scorso febbraio durante un arresto, ascoltato oggi dai pm di Roma che su quanto accaduto hanno aperto un fascicolo per lesioni a carico di ignoti.
“Voglio risposte e giustizia per far sì che quello che è successo a me non succeda a qualcun altro. Continuo a essere in cura psichiatrica e psicologica, sto prendendo psicofarmaci, è dura andare avanti”, ha aggiunto il 25enne arrivando a piazzale Clodio accompagnato dalla madre e dal legale che lo assiste, l’avvocato Alessandro Maresca. Falcinelli ha ripercorso i momenti che lo hanno più segnato in questa vicenda, durante il suo arresto in Florida. “Il momento dell’incaprettamento è stato il più duro, ho pensato di morire: il dolore e la mancanza di respiro era troppo da sopportare, in quegli istanti ho pensato anche a farla finita’’.
"Oggi è il primo passo - interviene l’avvocato Maresca - Nel fascicolo al momento sono contestate le lesioni ma la procura sta valutando la sussistenza del reato di tortura. La procura chiederà la collaborazione a organi locali per atti di indagine e accertamenti e poi bisognerà vedere se eventualmente procederà il prosecutor americano”.