Da nuovi farmaci a telemedicina, la Salute del cervello al congresso Sin
Berardelli e Padovani: "Trattamenti biologi e genetici hanno rivoluzionato gestione clinica di patologie neurologiche fino a pochi anni fa orfane e intrattabili"
"Mai come quest'anno la neurologia italiana ha vissuto una inaspettata crescita e accresciuto il proprio valore clinico. Come testimoniato dagli oltre 1.500 contributi scientifici e dal numero di iscritti, ad oggi più di 2.000, il convegno è l'occasione per conoscere i progressi in atto in tutti i campi della neurologia. Infatti, l'esplosione dei trattamenti biologici e genetici ha rivoluzionato la gestione clinica di patologie che fino a pochi anni fa erano considerate orfane e intrattabili". Così il presidente della Società italiana di neurologia, Alessandro Padovani, e il presidente del Congresso nazionale della Sin, Alfredo Berardelli, fanno il punto sulla 54esima edizione in corso a Roma.
Tante le novità al centro del congresso, nel campo di sclerosi multipla, neuromielite ottica, miastenia gravis, atrofia muscolare spinale, cefalea, disturbi del sonno ed epilessia. "Molta attenzione verrà data alle patologie cerebrovascolari - spiegano Berardelli e Padovani - le quali, grazie al crescente utilizzo di trattamenti trombolitici, così come ad una convinta espansione delle 'reti stroke', hanno permesso di ridurre la disabilità mentre una più adeguata gestione dei fattori di rischio ha permesso di osservare una riduzione del numero di eventi".
Nel campo delle demenze e della malattia di Alzheimer, "vi sono importanti novità sull'efficacia dei farmaci antiamiloide - sottolineano i due neurologi - così come lo sviluppo di biomarcatori plasmatici consente di intravedere nel prossimo futuro la possibilità di diagnosi più precoci e la possibilità di monitorare l'effetto dei trattamenti. In questo contesto, alcuni dati sembrano suggerire che i nuovi farmaci contro il diabete potrebbero essere anche efficaci nel trattare le malattie di Alzheimer e Parkinson. Queste, così come altre malattie neurodegenerative, sono oggetto di numerosi studi per comprenderne i meccanismi soprattutto di quelle forme che paiono più strettamente associate ad una predisposizione genetica. Infatti, vi sono diversi studi in corso nell'ambito della stessa malattia di Parkinson, della malattia di Alzheimer, così come della sclerosi laterale amiotrofica, che indicano la possibilità di modificare l'espressione genica di alcuni geni direttamente coinvolti nei meccanismi patogenetici e di cambiare il decorso. Questo oggi è già realtà per la Sma, la malattia di Fabry, per l'alfamannosidasi". Anche nel campo dei tumori cerebrali "vi sono diverse novità che riguardano gli astrocitomi. Diversi studi sull'utilizzo delle Car-T cells sono promettenti - fanno notare Berardelli e Padovani - anche su tumori più aggressivi, creando forti aspettative in questo campo".
Il convegno Sin, fino a domani, porterà al centro della attenzione dei neurologi e delle neurologhe "il tema della salute del cervello, avendo promosso di concerto con le varie associazioni aderenti, le associazioni dei pazienti e dei loro familiari, numerose altre società scientifiche mediche e delle professioni sanitarie, unitamente alla Fnomceo, all'Ordine degli psicologi e all'Ordine dei farmacisti, il Piano strategico 'One Brain, One Heath' - ricordano i due neurologi - che mira a fare dell'Italia uno dei Paesi di avanguardia nel contrasto delle malattie neurologiche. In questo ambito, la Sin ha già in atto una interlocuzione con le istituzioni per la creazione di un 'Tavolo per la Salute del cervello' e una serie di iniziative che riducano il peso globale delle malattie neurologiche anche attraverso una attiva politica di prevenzione e conoscenza dei fattori di rischio".
Infine, uno sguardo sul Ssn. "Sin non poteva dimenticare quanto in atto nel nostro sistema sanitario. Saranno a tal riguardo diversi i simposi che affronteranno il tema della deospedalizzazione e della territorializzazione delle cure, della desertificazione delle periferie e degli scenari occupazionali, il tema della transizione demografica così come della torsione digitale che imporrà un nuovo modo di fare neurologia. Non solo telemedicina e eHealth, ma soprattutto intelligenza artificiale, big data e digital twins, una realtà nei confronti della quale Sin insieme a Sin Giovani ha proposto un percorso formativo e certificativo, recentemente presentato ad Agenas", concludono Berardelli e Padovani.
Salute e Benessere
Farmaci, esperti: “Fentanyl essenziale per terapia...
A Roma convegno sugli oppioidi per pazienti affetti da dolore, oncologico e non
Gli oppioidi sono una classe di farmaci essenziale per garantire una migliore qualità della vita ai pazienti affetti da dolore, oncologico e non. Ben altra cosa è il loro utilizzo illecito come sostanze d'abuso, dunque al di fuori del contesto medico, correlato al mondo della criminalità organizzata. Una deviazione pericolosa, sotto i riflettori per via dell'emergenza Fentanyl d'oltreoceano, che merita grande attenzione, ma che non deve confondere la percezione dell'opinione pubblica rispetto al valore di un farmaco ampiamente consolidato e apprezzato nella pratica clinica, che rappresenta uno strumento insostituibile nella lotta contro il dolore. E' il messaggio unanime espresso da rappresentanti del mondo della politica, delle istituzioni e della comunità scientifica, intervenuti oggi a Roma al convegno 'Fentanyl, fra sicurezza e salute: oltre l'emergenza', organizzato da Formiche in collaborazione con Istituto Gentili.
"Il Fentanyl è una molecola con oltre sessant'anni di esperienza clinica. E' l'oppioide più utilizzato al mondo in ambito anestesiologico e rappresenta un presidio insostituibile per trattare il dolore moderato-severo, specialmente in oncologia - ha spiegato Arturo Cuomo, direttore Sc Anestesia, Rianimazione e Terapia antalgica, Istituto nazionale Tumori - Irccs Fondazione Pascale, Napoli - Oltre ai benefici sulla qualità di vita, la terapia del dolore rappresenta a tutti gli effetti una terapia adiuvante alla cura del tumore, perché contribuisce a migliorare l'aderenza alle terapie oncologiche e quindi ad aumentare la sopravvivenza. Si tratta davvero di un'arma indispensabile nelle mani del medico per garantire il meglio delle cure ai pazienti per cui questo farmaco è indispensabile".
"C'è assoluta consapevolezza dell'utilità dei farmaci oppioidi per la terapia del dolore. Il Piano Fentanyl non intende in alcun modo demonizzare questo farmaco insostituibile in medicina, né condizionare la filiera legale - ha dichiarato Ugo Taucer, prefetto e consigliere del sottosegretario di Stato con delega al Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio - L'azione del Governo è volta a prevenire la diffusione del Fentanyl nei canali illeciti per proteggere la salute della popolazione da un consumo distorto della sostanza. C'è la volontà di rafforzare la sinergia tra tutti i soggetti coinvolti nelle attività di monitoraggio e presidio della filiera, che si affianca all'attività di controllo dei trasferimenti illegali di queste sostanze a livello internazionale".
"E' doveroso distinguere tra l'utilizzo dei farmaci oppioidi in ambito sanitario, fondamentale per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici e non solo, e l'uso illecito di queste sostanze nel contesto della tossicodipendenza - ha affermato Luciano Ciocchetti, vicepresidente della XII Commissione Affari sociali della Camera - E' importante mettere in campo azioni efficaci di prevenzione delle forme di abuso degli oppiacei e al contempo promuovere la cultura della lotta al dolore, sancita dalla legge 38/2010". Marta Schifone, membro della commissione, ha evidenziato che "l'Italia è stata tra le prime nazioni ad aver messo in campo un'azione di contrasto contro l'uso illecito del Fentanyl, che si fonda anche sull'importante ruolo della cooperazione fra Stati per contrastare il commercio illegale di queste sostanze".
"E' fondamentale promuovere una maggiore conoscenza su questi temi - ha detto Elena Murelli, membro della X Commissione permanente Affari sociali del Senato - da un lato per rimarcare gli importanti benefici dei farmaci oppioidi per i malati oncologici, dall'altro per evidenziare le problematiche correlate all'utilizzo illecito di queste sostanze e la necessità di contrastare il mercato illegale nel dark web a cui accedono soprattutto i più giovani".
Francesco Saverio Mennini, capo del Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn del ministero della Salute, ha rimarcato che "la terapia del dolore va vista sotto 3 aspetti fondamentali: l'impatto sul miglioramento della qualità della vita dei pazienti e sulla riduzione dei costi economici e sociali a carico delle famiglie e del sistema previdenziale; l'accesso alle terapie, che deve essere garantito a tutti i pazienti che possono trarre beneficio da questi farmaci, e infine il contrasto all'illegalità. L'introduzione totalizzante della ricetta dematerializzata ci consentirà, inoltre, di tracciare il percorso dei farmaci utilizzati per trattare il dolore e di intervenire in caso si anomalie, a tutela dei pazienti e per evitare un utilizzo inappropriato di queste terapie".
Salute e Benessere
Covid invade il cervello, ecco il ‘film’. E la...
Si insinua in diversi organi e potrebbe spiegare long Covid, nuovo studio documenta impatto su sequele neurologiche
Il covid lascia il segno, a lungo, anche dopo la guarigione. Un'invasione persistente, silenziosa, e oggi finalmente documentata con le immagini. Un team di scienziati ha rivelato come la proteina Spike del coronavirus Sars-CoV-2 si accumula e persiste nell'organismo per anni dopo l'infezione, in particolare nell'asse cranio-meningi-cervello.
Si comporta come un ospite sgradito e molesto, che potrebbe essere responsabile del Long Covid e delle sequele neurologiche che tormentano in particolare alcuni pazienti anche dopo che hanno archiviato l'infezione. Nonostante il boom di studi sul virus della pandemia, alcuni meccanismi sottostanti ai sintomi neurologici di lunga durata post Covid sono sempre rimasti poco chiari. Oggi ricercatori del centro di ricerca tedesco Helmholtz Munich sono riusciti a 'girare' il film di come il virus Sars-CoV-2 invade il corpo (in particolare il cervello), si accumula e rimane per anni rischiando di causare danni persistenti.
Le immagini fornite a corredo dello studio pubblicato su 'Cell Host & Microbe' sono ricostruzioni 3D e rendono bene la dinamica dell'invasione. Un'invasione contro la quale, precisano gli studiosi, "i vaccini a mRna aiutano, sebbene non possano fermarla" del tutto. La proteina Spike del virus è stata trovata sia nei modelli murini che nei tessuti umani post mortem molto tempo dopo il Covid. Ed è risultata associata a cambiamenti vascolari e infiammatori nel cervello insieme a danni neuronali.
Our new study shows that SARS-CoV-2 spike protein accumulates & persists in the body for years after infection, especially in the skull-meninges-brain axis, potentially driving long COVID. mRNA vaccines help but cannot stop it@cellhostmicrobe https://t.co/IEGx7HIrXf pic.twitter.com/3zbQZlNMIG
— Ali Max Erturk (@erturklab) November 29, 2024
"Per scoprire tutti i tessuti presi di mira dal Sars-CoV-2 - illustra uno degli autori, Ali Ertürk, riassumendo il lavoro fatto in alcuni post su X - abbiamo mappato quelli colpiti dalla proteina Spike di questo coronavirus rispetto alle proteine Ha", emoagglutinina, "dell'influenza". E' emerso che sono molti gli organi coinvolti, e sono stati poi osservati anche "accumuli di Spike nelle nicchie del midollo cranico e nelle connessioni cranio-meningi, rivelando una nuova via dei patogeni nel cervello. La proteina Spike è stata poi trovata "anche nelle nicchie del midollo osseo del cranio e nelle meningi delle persone morte di Covid". Sebbene il tessuto cerebrale dei pazienti affetti fosse negativo alla Pcr, proteina che viene prodotta quando ci sono ad esempio infezioni in corso, nel cervello era presente la proteina Spike, il che suggerisce" che questa ha "un'emivita più lunga rispetto alle particelle virali".
Gli scienziati hanno anche documentato nel topo l'impatto in termini di danni: la proteina Spike sembra essere sufficiente per indurre cambiamenti patologici e comportamentali nel cervello dei roditori, aumentando anche la vulnerabilità cerebrale e aggravando il danno neurologico.
"Sorprendentemente - continua Ertürk - abbiamo trovato un accumulo di Spike in circa il 60% delle persone che avevano avuto Covid in passato, molto tempo dopo la loro guarigione. Pertanto, la Spike identificata nel cranio umano oltre il tempo di rilevamento virale potrebbe essere un cofattore nello sviluppo di sintomi di Covid a lungo termine. Rispetto a un gruppo di controllo, i pazienti con Long Covid hanno mostrato livelli significativamente elevati di proteine correlate a malattia neurodegenerativa, come la proteina Tau e Nfl, nel liquido cerebrospinale".
Un'altra osservazione del team di ricerca è stata che nei topi vaccinati con il vaccino Pfizer-BioNTech è risultato "significativamente ridotto, ma non completamente eliminato, l'accumulo di proteina Spike. Ciò suggerisce che la vaccinazione può ridurre significativamente gli effetti a lungo termine del virus sul sistema nervoso, fornendo un supporto per ridurre il rischio di sequele" post Covid.
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Aids, infettivologo Guaraldi: “Con terapie long...
‘Sono 140mila italiani con virus Hiv. L’idea di un’iniezione ogni 2 mesi ha cambiato lo stigma associato all’infezione’
“In Italia sono 140.000 le persone che vivono con Hiv. Grazie alle terapie antiretrovirali questa malattia adesso è divenuta cronica, le persone con Hiv hanno la stessa speranza di vita delle persone Hiv negative, questo almeno per quei pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale in una condizione immunologica buona. Inoltre, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane: farmaci che avevamo già sotto forma di compresse, essenzialmente appartenenti a classi già disponibili da almeno dieci anni. Tuttavia, l’idea di una somministrazione long acting, in cui il paziente non deve più assumere una compressa quotidianamente, ma riceve un’iniezione ogni 2 mesi, ha completamente trasformato il livello di percezione. Ha cambiato lo stigma associato all’infezione da Hiv, percepita dal paziente stesso”.
Lo ha detto Giovanni Guaraldi, professore di malattie infettive all’Università di Modena e Reggio Emilia, uno tra i maggiori studiosi di clinica metabolica e immunosenescenza, intervistato da Mondosanità in occasione del World Aids Day 2024, la giornata mondiale dedicata ad accrescere la coscienza dell'epidemia mondiale di Aids dovuta alla diffusione del virus Hiv, che si celebra il primo dicembre di ogni anno.
“Le terapie attualmente disponibili – spiega Guaraldi – sono combinazioni di due o più principi attivi. Esistono studi comparativi che analizzano l’efficacia di associazioni di due e tre farmaci. Le attuali linee guida riconoscono come caposaldo la classe degli inibitori dell’integrasi, che possono essere associati a varie altre classi, come i farmaci nucleosidici o gli inibitori delle proteasi. L’obiettivo della terapia antiretrovirale non è più semplicemente quello di ‘uccidere’, in pratica neutralizzare il virus, ma punta a salvaguardare la salute del paziente nella sua complessità. Pertanto, una terapia efficace deve essere orientata verso il benessere complessivo del paziente. In passato, eravamo principalmente preoccupati per le tossicità dei farmaci, e la scelta terapeutica si concentrava nell’evitare la tossicità renale, la tossicità cardiaca o il rischio di dislipidemia. Oggi, piuttosto, ci si aspetta una terapia che consideri l’intero stato di salute del paziente, integrando gli antiretrovirali, a seconda dei casi con statine, con farmaci GLP-1, con antipertensivi o con gli antidepressivi”.
La scelta della terapia, secondo lo specialista “è dettata da criteri spefici”. Quando “valutiamo il beneficio della terapia e il suo impatto sulla salute – sottolinea Guaraldi - cercherò di comprendere quali sono i patient reported outcome, le condizioni che fanno sì che una specifica terapia, per un paziente specifico (non esisterà mai una terapia adatta a tutti), ottenga il miglior successo. Oggi questa condizione è stata analizzata attraverso un approccio mirato, che non solo consente di ridurre il carico farmacologico a una singola compressa, ma soprattutto offre la possibilità di terapie somministrate in modo dilazionato”.
“Attualmente, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane ma già sappiamo che avremo terapie long acting orali, con una compressa a settimana, e ultra long acting, che rappresentano il nostro grande obiettivo futuro, in cui potrò gestire la terapia antiretrovirale essenzialmente con un’iniezione ogni sei mesi. Questo rappresenta un cambiamento significativo, che si avvicina a quello che teoricamente mi sarei aspettato da un vaccino terapeutico, nel quale avrei sicuramente dovuto effettuare anche dei booster vaccinali”.
Infine, sul fronte prevenzione dell’infezione. “In Italia siamo un po’ un fanalino di coda rispetto al resto dell’Europa – sottlinea l’infettivologo - è soltanto da un anno che il nostro Ssn ha riconosciuto la profilassi pre-esposizione (PrEP) come strumento di sanità pubblica per la prevenzione delle infezioni da Hiv. È importante chiarire che le strategie di prevenzione dell’Hiv non vanno in una unica direzione, ma offrono un ventaglio di possibilità per consentire a ogni persona di tutelarsi, soprattutto nel contesto delle malattie a trasmissione sessuale, essendo l’Hiv una malattia principalmente di questo tipo”.
“Noi sappiamo di avere a disposizione una terapia antiretrovirale, una combinazione di soli due farmaci, in grado virtualmente di azzerare il rischio di infezione per le persone che, pur avendo avuto comportamenti sessuali a rischio, non si infettano se assumono questa terapia in modo continuativo, con una compressa ogni giorno, oppure nella modalità on demand, ossia solo in occasione di un comportamento sessuale a rischio. Questa terapia - conclude Guaraldi - è uno degli strumenti di prevenzione basilari. Ricordiamo che il condom è un altro strumento efficace di prevenzione, così come gli stili di vita rientrano nella prevenzione”.