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Pioggia di droni sull’Ucraina, il ‘terrore’ di Zelensky mentre la Russia avanza nel Donetsk

Il presidente ucraino attende l'ultima fornitura di missili da Biden e lancia un nuovo monito. Intanto il Cremlino parla di "segnali positivi" da parte di Trump sul conflitto

Volodymyr Zelensky - Fotogramma /Ipa

Pioggia di droni sull'Ucraina, con record di attacchi e almeno 145 lanci russi contro il Paese dalla serata di ieri. E dal leader di Kiev, Volodymyr Zelensky, arriva l'ennesimo monito agli alleati contro "il terrore russo" e sull'unica soluzione per sconfiggerlo, e cioè "non con le parole". Tutto nel giorno in cui la Russia rivendica la nuova avanzata nel Donetsk, con l'annuncio della presa di un'altra località.

Le truppe russe avrebbero infatti "liberato la località di Volchenka (Vovchenka)", ha reso noto il ministero della Difesa di Mosca, come riporta l'agenzia russa Tass. La località si trova non lontano da Kurakhove, nel distretto di Pokrovsk.

Zelensky: "Terrore russo non si ferma a parole"

"La Russia, la notte scorsa, ha lanciato un record di 145 droni Shahed e altri attacchi con droni contro l'Ucraina. Durante la settimana, la Russia ha impiegato più di 800 bombe guidate, ha sferrato circa 600 attacchi con droni e lanciato circa 20 missili di vario tipo", quanto scrive in un post su X il presidente ucraino, che denuncia il "terrore russo" confermando che mai così tanti droni avevano colpito l'Ucraina in poche ore.

"Questo terrore non può essere fermato con le parole", aggiunge Zelensky. "La sicurezza dal terrore - incalza - è impossibile senza decisioni coraggiose, è chiaro per tutti i paesi. Senza giustizia, non c'è pace duratura ed è abbastanza realistico per l'Ucraina raggiungerla".

Intanto, mentre l'Ucraina spinge per un incontro tra il president Zelensky e Donald Trump, che lavora ad un piano di pace per porre fine alla guerra con la Russia, dall'entourage del nuovo presidente americano arrivano messaggi allarmanti per Kiev, che teme un ridimensionamento del sostegno a stelle e strisce contro Vladimir Putin. Joe Biden intanto spedisce centinaia di missili intercettore a Kiev prima di lasciare la Casa Bianca.

L'amministrazione uscente, che pure non ha concesso a Kiev il via libera per colpire obiettivi in territorio russo con missili a lungo raggio, prova a congedarsi con un'ultima fornitura alle forze armate ucraine. Gli Stati Uniti stanno accelerando sull'invio di altre armi prima che inizi l'era Trump. I piani svelati dal Wall Street Journal evidenziano che il Pentagono sta mandando a Kiev oltre 500 intercettori per i sistemi di difesa Patriot e Nasams, che dovrebbero arrivare nelle prossime settimane.

Cremlino: "Segnali positivi da Trump, ma è imprevedibile"

Il Cremlino dal canto suo ritiene che Donald Trump abbia mostrato “segnali positivi” sul conflitto in Ucraina, ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitri Peskov in un'intervista.

“I segnali sono positivi. Trump, durante la sua campagna elettorale, ha detto che vede tutto questo attraverso accordi. E che può ottenere un accordo che porti alla pace - ha detto Peskov, aggiungendo tuttavia che è difficile prevedere - fino a che punto si atterrà alle dichiarazioni fatte in campagna elettorale”.

Trump, del resto, è più imprevedibile del presidente uscente Joe Biden e di Kamala Harris, pertanto è difficile sapere con certezza se una volta insediato alla Casa Bianca, darà seguito alle sue promesse elettorali, ha sostenuto ancora il portavoce presidenziale.

“Per quanto riguarda Harris e Biden, tutto è abbastanza prevedibile della linea che seguiranno fino a quando non lasceranno la Casa Bianca - ha detto Peskov -. Trump è meno prevedibile da questo punto di vista. E probabilmente è anche meno prevedibile fino a che punto si atterrà alle dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale”. Ha infine aggiunto che la Russia aspetterà e osserverà gli ulteriori sviluppi, ma “nel frattempo si farà gli affari suoi”.

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Salute e Benessere

Malattia misteriosa Congo, quali sono i sintomi: cosa...

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Tra ipotesi Oms agente patogeno respiratorio. Italia alza livello di attenzione in porti e aeroporti

Esami di laboratorio (Foto )

Non ci sono certezze sull'origine della 'malattia X' o malattia misteriosa in Congo che sta provocando morti e che come sintomi ha febbre, mal di testa, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie e anemia. La malattia sconosciuta allerta la comunità mondiale segnata dalla pandemia di Covid che non dimentica come anche allora tutto partì da un virus misterioso.

La malattia non ancora diagnosticata è stata segnalata a Panzi, località e zona sanitaria della provincia di Kwango nel Sud-Ovest del Paese. Panzi, 'epicentro' di questi casi, è una comunità rurale che si trova a più di 700 km dalla capitale Kinshasa.

Test e indagini per capire le cause

L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) fa il punto della situazione e annuncia di aver inviato un team di esperti per indagare sull'origine della malattia sconosciuta. "Un agente patogeno respiratorio, come l'influenza o il Covid-19, è oggetto di studio come possibile causa" della 'malattia X' che sta provocando diversi morti nella Repubblica democratica del Congo, spiega l'Oms in una nota. I test sono in corso e si esplorano più ipotesi. Oltre a un patogeno respiratorio, puntualizza l'agenzia Onu, anche "la malaria, il morbillo e altri" microrganismi sono sotto esame.

Fino a quando non ci saranno i risultati dei test di laboratorio eseguiti, la causa non potrà essere chiarita e viene considerata non identificata, spiegano gli esperti. "L'Oms condividerà ulteriori informazioni sul lavoro in corso per identificare la malattia non appena disponibili", assicurano dall'agenzia.

Gli esperti inviati dall'Oms stanno consegnando medicinali essenziali, kit diagnostici e per la raccolta dei campioni, per aiutare ad analizzare e determinare rapidamente la causa della malattia. Il team si concentrerà sul rafforzamento delle misure di risposta, come l'attività di indagine epidemiologica e la raccolta di campioni per i test, la ricerca attiva dei casi, il trattamento e le attività di sensibilizzazione delle persone. Gli esperti lavoreranno anche con i leader della comunità locale per supportare la sorveglianza delle malattie e promuovere misure per prevenire l'infezione e per identificare e segnalare ulteriori casi.

Italia alza livello attenzione in porti e aeroporti

L'Italia ha alzato il livello di attenzione sulla malattia di origine sconosciuta che ha portato ai decessi in Congo. Le Usmaf - gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute, che si occupano del controllo sanitario su passeggeri e merci - a quanto apprende l'Adnkronos Salute, sono state allertate anche se non esistono voli diretti. Non c'è nessun allarme per l'Italia, ma le Usmaf - come accade in tempi di globalizzazione e di mobilità internazionale - hanno ricevuto la comunicazione su quanto sta accadendo in Congo e sugli eventuali sviluppi da parte delle autorità sanitarie internazionali.

Ministero Salute: "Su malattia Congo sorveglianza attiva, no allarme"

Maria Rosaria Campitiello, a capo del Dipartimento della Prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute, spiega in una nota che "la sorveglianza è attiva e monitoriamo costantemente la situazione senza allarmismi, ma con la doverosa attenzione". "Il ministero, in modo responsabile - conferma - si è attivato in via cautelativa richiedendo agli uffici periferici Usmaf di assicurare la dovuta attenzione nelle attività di controllo a cui sono preposti".

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Siria, il ‘grande gioco’ di Erdogan: così la...

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Ma non mancano i rischi per Ankara nella crisi in Medio Oriente

Recep Tayyip Erdogan - Fotogramma

Ankara "ha tutte le ragioni per essere soddisfatta". E "l'offensiva dei ribelli siriani rafforza l'influenza geopolitica della Turchia". Di un alleato degli Usa, membro della Nato, che è stato in passato il principale sostenitore della rivolta armata contro il leader siriano Bashar al-Assad. Passati 13 anni da quella ribellione, esplosa dopo le proteste antigovernative del 2011 soffocate dalla repressione e degenerate in un sanguinoso conflitto, l'escalation in Siria vede Hayat Tahrir al-Sham (Hts) e fazioni armate alleate protagoniste di una rapida avanzata. Sono arrivate alle porte di Homs e oggi a Doha, in Qatar, dovrebbero tenersi colloqui sulla Siria tra Iran, Russia - sostenitori di Assad - e Turchia, mentre ieri nella capitale irachena Baghdad si sono incontrati i ministri degli Esteri di Iraq, Iran e Siria.

Il messaggio di Erdogan ad Assad

"Abbiamo lanciato un appello ad Assad per parlare insieme del futuro della Siria, ma purtroppo non abbiamo avuto risposta positiva a questo invito - afferma il leader turco Recep Tayyip Erdogan in dichiarazioni diffuse dall'agenzia Anadolu - Idlib, Hama, Homs e certamente Damasco. Questa marcia dell'opposizione prosegue. E speriamo continui senza incidenti".

Erdogan parla e "Ankara ha tutte le ragioni per essere soddisfatta - scrive Le Monde - Senza dispiegare un solo ulteriore soldato nel nord della Siria, il governo turco è sul punto di vedere materializzarsi due dei suoi più antichi desideri", allungare l'ombra "oltre le zone controllate dai suoi militari, per lo più vicino al confine, e un ritiro delle forze curde siriane legate al Pkk".

Dal 27 novembre le forze anti-Assad sono entrate ad Aleppo, poi si sono dirette verso a Hama e ora sono vicine a Homs. L'Esercito nazionale siriano (Sna, coalizione di milizie filo-turche) ha preso domenica il controllo di Tell Rifaat, area strategica, da otto anni controllata dalle forze curdo-siriane, mettendo in evidenza - osserva il giornale francese - gli stretti legami di Ankara con l'Sna, da sempre rivale di Hts e anche con quanta efficacia la Turchia sia riuscita a muoversi nelle complesse dinamiche nella regione.

Il ruolo di Usa e Russia

E, secondo il Wall Street Journal, Paesi come Stati Uniti e Russia, potrebbero cercare l'aiuto di Ankara per 'tenere a freno' Abu Mohammed al-Jawlani - a capo di Hts, un jihadista che afferma di aver rotto con l'estremismo - con cui la Turchia ha un vecchio 'rapporto' tramite i suoi servizi d'intelligence, anche se non controlla direttamente il gruppo.

La rapida avanzata dei ribelli siriani, che appare ben pianificata, dà ad Ankara - è il ragionamento del Wsj - più potere per limitare l'influenza russa e iraniana nella regione, ma rischia anche di provocare nuova instabilità alle porte della Turchia, dove durante il primo conflitto in Siria si sono rifugiati più di tre milioni di siriani.

Russia e Iran in difficoltà

Con la Russia 'presa' dalla guerra in Ucraina, che va avanti da oltre mille giorni, e l'Iran 'bloccato' nel 'confronto' con Israele (che, ha detto al Times of Israel un funzionario israeliano, ha tutto l'interesse a che i combattenti in Siria "continuino a farsi la guerra l'uno con l'altro" tra "jihadisti salafiti da un lato" e "Iran e Hezbollah" dall'altro), secondo il Wsj Erdogan è ora in una posizione più solida per fare pressioni sulle milizie curde in Siria, considerate da Ankara "gruppi terroristici", ma che sono state sostenute dagli Usa in funzione anti-Is.

E questa nuova posizione di forza della Turchia potrebbe contribuire a una linea più dura nei negoziati con la Russia e l'Iran sul futuro della Siria. Per Gonul Tol, direttore del programma Turchia al Middle East Institute di Washington citato dal Wsj, è certo che "Erdogan voglia trasformare" quanto sta accadendo in Siria "in un'opportunità".

Ankara spinge su Damasco per una soluzione politica al conflitto. L'offensiva, secondo il Wsj, dà anche alla Turchia - che dispiega forze nell'enclave 'ribelle' nella provincia nordoccidentale di Idlib sulla base dell'accordo per il cessate il fuoco del 2020 - una possibilità di tentare di allentare la pressione sul suo confine meridionale. E nel Paese guidato da Erdogan c'è chi spera che l'avanzata delle forze anti-Assad spinga i rifugiati a tornare in patria. Anche se al momento il rischio è più che i raid aerei siriani e russi su Aleppo e su altri territori in mano all'opposizione armata creino un nuovo esodo, con ondate di rifugiati che potrebbero riversarsi in Turchia. Intanto, secondo il World Food Programme, la recente escalation nel nordovest del Paese arabo ha già fatto più di 280.000 sfollati.

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Notre-Dame, oggi riapertura dopo l’incendio: da Trump...

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La cattedrale di Parigi riapre le porte cinque anni dopo l'incendio del 15 aprile 2019

Notre Dame (Afp)

Si svolgerà oggi sabato 7 dicembre in Francia l'attesa cerimonia di riapertura di Notre-Dame a Parigi. La cattedrale riapre le porte cinque anni dopo l'incendio del 15 aprile 2019: dopo le prime immagini diffuse nei giorni scorsi dall'interno della cattedrale restaurata, oggi e domani sarà la volta della cerimonia ufficiale di riapertura alla presenza di numerosi capi di Stato e di governo. Tra loro, ospiti di Emmanuel Macron, il presidente eletto Donald Trump e il presidente ucraino Volodymr Zelensky. Alla cerimonia anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni.

Cerimonia all'interno

Le celebrazioni inizieranno stasera alle 19. L'Eliseo e la Diocesi di Parigi hanno annunciato che l'intera cerimonia di riapertura di Notre-Dame si svolgerà "all'interno della cattedrale" a causa delle condizioni meteorologiche sfavorevoli. "Le condizioni meteorologiche molto sfavorevoli previste da Météo France (raffiche di vento tra i 65 e gli 80 km/h) per sabato 7 dicembre nella regione dell'Ile-de-France ci hanno costretto a riorganizzare il nostro dispositivo", hanno spiegato in un comunicato stampa congiunto alla vigilia dell'evento.

Un totale di 6mila agenti di polizia e gendarmi saranno mobilitati per garantire la sicurezza dell'evento, in un contesto di "altissimo livello di minaccia terroristica", secondo la Prefettura di Polizia.

I leader alla cerimonia

Macron prenderà la parola davanti a decine di capi di Stato e personalità, tra cui il presidente Mattarella, Trump, la first lady americana Jill Biden, il re belga Philippe, il principe William, la presidente greca Katerina Sakellaropoulou, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, il presidente polacco Andrzej Duda, Milos Vucevic, presidente serbo, Zoran Milanovic, presidente croato, e Roumen Radev, presidente bulgaro.

La prima messa

La prima messa nella cattedrale restaurata avrà luogo domani, domenica mattina, alle 10.30, presieduta da Laurent Ulrich. Vi parteciperanno Macron, oltre ai capi di Stato e di governo stranieri. Secondo la diocesi di Parigi, saranno presenti 170 vescovi e sacerdoti delle 106 parrocchie parigine, oltre a un sacerdote per ognuna delle sette chiese cattoliche di rito orientale, accompagnati da fedeli di ciascuna di queste comunità.

Domani alle 18.30 si terrà anche la prima messa aperta al pubblico dopo il completamento dei lavori di restauro. Si prevede che circa 2.500 persone partecipino a questo evento, per il quale era richiesta la registrazione preventiva. La messa sarà trasmessa da France Télévisions.

Le messe e le cerimonie religiose potranno poi riprendere nell'edificio. Notre-Dame sarà addirittura aperta "fino alle 22" durante la prima settimana, dall'8 al 14 dicembre, secondo quanto dichiarato dal rettore della cattedrale, Olivier Ribadeau Dumas.

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