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Eleonora Daniele e il libro verità contro i tabù sulla malattia mentale

'Ma siamo tutti matti?' è il titolo provocatorio dell'opera per dire basta a "un sistema che è rimasto a guardare". Dieci storie più una, quella del fratello Luigi morto nel 2015. "La sua mano è sulla mia e con lui scrivo queste pagine"

Eleonora Daniele e il libro verità contro i tabù sulla malattia mentale

"Storie di malati mentali, delle loro famiglie e di un sistema che è rimasto a guardare". Eleonora Daniele, giornalista e conduttrice Rai, voce e volto di tante campagne solidali, le mette nel libro 'Ma siamo tutti matti?', edito da Rizzoli. Dieci storie di cronaca raccolte dall'autrice in oltre vent'anni di racconto della società italiana, più l'undicesima. La sua storia, la storia della sua famiglia, quella del fratello Luigi morto una mattina di febbraio a 44 anni in un istituto sanitario di Padova. "Soffriva di autismo, trattato per anni come un matto, senza capire la differenza sostanziale tra malattia mentale e disabilità mentale grave", dichiara Daniele in un'intervista all'Adnkronos Salute. Luigi non ce l'ha fatta, ma "è ancora qui con me e insieme stiamo scrivendo queste pagine", si legge nel capitolo 'La sua mano sulla mia', che apre l'opera.

"E' un libro tosto", dice Daniele. A cominciare dal titolo che "è una chiara provocazione". Siamo tutti matti "intanto perché la parola matto viene usata con troppa leggerezza, in maniera assolutamente sbagliata e discriminatoria. Sulla malattia e la disabilità mentale c'è e persiste un'ignoranza di base e diffusa", riflette l'autrice. E poi siamo tutti matti perché "dopo la legge Basaglia del 1978, in tutti questi anni, il sistema di presa in carico del paziente è stato demandato in toto alle famiglie e questa oggi è diventata un'emergenza sociale". Nell'Italia del post-Covid, nell'era dei social, dell'uso sempre più frequente in ogni piazza d'Italia di sostanze stupefacenti, il disagio latente si amplifica a dismisura ed esplode, analizza Daniele. "E' un'emergenza così evidente, ormai, che se non si fa qualcosa con urgenza si rischia veramente di non riuscire più a salvare nemmeno il salvabile".

E invece "l'idea di salvezza" è la ragione di vita più forte per le famiglie di chi soffre. L'autrice lo spiega quando prova a descrivere la "mancanza costante e continua" che prova per Luigi che non c'è più: "La cosa che mi manca di più è il fatto di non avere avuto il tempo. Perché tu hai un'idea di salvezza, tu familiare vuoi comunque salvare la persona che hai accanto, la vuoi salvare della sofferenza, dal pregiudizio e dallo stigma, dai pensieri cattivi e da tutto il male del mondo, dalle cattiverie delle persone che non capiscono, dall'ignoranza", incalza Daniele. "La vuoi salvare e invece non ti viene permesso farlo. O perché ti manca il tempo o semplicemente perché ti trovi a combattere contro i mulini a vento". Nessuno che riesca ad aiutare davvero chi ami, intorno c'è il vuoto e "tu ti senti perso, solo e abbandonato. Ti senti disperato e vivi in maniera disperata, non dormi la notte". Non ci riesci oppure non puoi, perché "questi malati a volte non ti fanno dormire, a causa della loro malattia passi le notti in bianco. C'è gente che si chiude nelle camere a chiave, per paura o per vergogna. Ma puoi vivere chiuso a chiave per tutta le vita?", domanda l'autrice.

"Di fatto la Basaglia è stata applicata a metà - denuncia - Dovevano essere inserite nel territorio tutta una serie di strutture di presa in carico e di difesa, per gli stessi malati, per i loro familiari e anche per quelli che non li conoscono, che girano per le strade e devono poterlo fare in tranquillità e in sicurezza. Tutto questo non è successo" e Daniele lo sa perché ne ha sperimentato "i danni emotivi", i traumi che feriscono i parenti tanto quanto i "danni effettivi" subiti dai malati. "Sono la più giovane di 4 figli", ricorda. "Due sorelle più grandi, poi Luigi e dopo 6 anni io. Nella mia infanzia ho vissuto la sua adolescenza come una madre, perché mia mamma lavorava e le mie sorelle erano già fuori casa. Da bambina mi sono trovata ad affrontare il momento più difficile di mio fratello, quello in cui non era più bambino e tu non sai più come fare, perché un bimbo più o meno lo gestisci, mentre un ragazzo grande e grosso no".

Dopo un periodo in un ospedale psichiatrico di Padova - un posto che gli occhi di Eleonora bambina guardavano senza capire "cosa c'entrasse Luigi lì, perché dovesse stare in mezzo ai matti", scrive nel libro - il fratello dell'autrice tornò a casa fino a quando i genitori furono costretti a prendere "la decisione più sofferta", quella di trasferirlo in un istituto di Treviso. Fu "un taglio vertiginoso" eppure "non c'era più via di scampo né soluzione, gli attacchi aggressivi erano diventati ormai all'ordine del giorno e mio padre non riusciva più a trattenere l'impeto fisico di un ragazzone di vent'anni che aveva troppe crisi, autolesionistiche e non", continua il testo. "Nemmeno quel luogo c'entrava nulla" con Luigi, però con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni "lui pian piano capì che quella era la sua nuova vita e quel posto la sua nuova casa". Insomma "sembrava tutto filasse liscio, ma avevamo sulla testa una legge tale per cui i disabili ricoverati in Rsa o strutture paraospedaliere dovevano essere ricondotti in residenze appartenenti al nucleo del comune di nascita". Così Luigi tornò "a Padova in un istituto più grande, con più strutture sanitarie per la cura e la logopedia". Di nuovo una speranza, invece fu quello "l'inizio della fine". Il 17 febbraio 2015 Luigi morì.

"In quell'istante provai il dolore più forte della mia vita, urlai senza fermarmi, sprofondata in un burrone dal quale ancora non sono risalita", mette nero su bianco l'autrice. E a voce lo ripete: "Tutto questo ha avuto chiaramente un impatto pesantissimo su di me e oggi la mia vita è dedicata anche a questo", a far sì che le cose possano cambiare. "La presa in carico di mio fratello, e oggi lo dico con grande consapevolezza, è stata traumatica - confida Daniele - per lui e per tutta la famiglia, perché già al tempo non c'erano strutture per i disabili mentali" e "negli anni la situazione è persino peggiorata". Per le persone con disabilità e per quelle con psicosi o che arrivano a commettere atti criminali: "Ci sono madri e padri che si trovano costretti a denunciare i figli e che nonostante tutto ce li hanno in casa. Ci sono situazioni in cui non scattano i codici rossi, donne come Rosa Maria Scorese stalkerizzata dall'assassino della sorella". Intanto "le Rems sono tutte piene, non ci sono posti e i pazienti psichiatrici sono nelle case". Mentre gli istituti che dovrebbero occuparsi delle persone con disabilità mentale "magari le ricoverano, ma raramente le recuperano e la differenza è netta".

"Chiedo ancora una volta: come è stata applicata la legge Basaglia?", insiste l'autrice. "Servono strutture a cui le famiglie si possano appoggiare, perché oggi le strutture sono pochissime e le famiglie restano abbandonate. Questa è la verità, questo è quello che raccontano tutti i familiari e questo è il dramma al quale voglio dare voce. Perché quando tratto certe storie lo faccio non da giornalista, ma da familiare, in questi problemi mi riconosco. Anche quando si parla di pazienti con malattie mentali gravissime o di assassini, che non c'entrano nulla con i disabili mentali" com'era Luigi, "i problemi assistenziali e le difficoltà di relazionarsi con le istituzioni competenti sono gli stessi e si stanno aggravando", avverte Daniele.

"Questo discorso lo faccio perché vorrei essere costruttiva - precisa - dare il mio contributo a un sistema che però va rivoluzionato e ripensato". La prima dedica dell'autrice è "ai nostri figli, affinché possano vivere in un mondo più sano". La seconda è "per Barbara Capovani, la giovane psichiatra che nell'aprile 2023 a Pisa è stata vittima di un femminicidio avvenuto per mano di un paziente psichiatrico. E qui si apre tutta la voragine delle violenze ai medici, dei giovani che certe professioni non le vogliono più nemmeno fare perché vengono aggrediti o comunque sono a rischio, in una situazione di costante pericolo perché chi dovrebbe essere preso in carico cammina per le strade". Daniele vuole "dare voce a queste persone e alle famiglie dei pazienti, che non hanno voce e che si isolano perché di malattie mentali non si può parlare. Voglio sfregiare questo tabù, gettarlo in pasto ai lupi" e lenire tanto dolore. "Nonostante lo abbia messo sotto la brace, il mio rimane rovente", confessa.

"Mio fratello lo vivo tutti i giorni, è una presenza costante nella mia vita", assicura la sorella. "Non posso lasciare la sua mano, perché lui mi sta ancora accompagnando", scrive nel libro. "La sua mano mi stringe e il suo sorriso mi infonde, nonostante tutto, la voglia di lottare". Ecco perché Luigi "non è morto. Mi sta accompagnando per stravolgere le cose, tenendosi in equilibrio tra cielo e terra. Servono coraggio e determinazione per spaccare un macigno che continua a roteare all'infinito schiacciando vite umane e i loro diritti. Servono nuove idee per ripensare la malattia mentale dentro un sistema di vita efficace che diminuisca sofferenza e faccia filtrare luce ove l'oscurità ci ha inghiottiti. Affinché la morte di ogni nostro familiare abbia un senso e la dignità di essere ricordata, io lotto". Il primo grazie è quello di Simone Cristicchi che di 'Ma siamo tutti matti?' firma la prefazione: "Le storie che ci racconti - scrive il cantautore che ha portato gli ospedali psichiatrici sul palco di Sanremo vincendo il festival nel 2007 con il brano 'Ti regalerò una rosa' - serviranno per vincere quel silenzio complice e ridare una dignità a chi è stato travolto, prima dall'uragano del destino e poi dalla cattiveria degli uomini. Saranno storie per debellare il virus più nefasto dei nostri tempi: l'indifferenza. Saranno specchi per guardarsi nell'altro, perché, come diceva qualcuno, 'da vicino nessuno è normale'".

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Cronaca

Gino Cecchettin: “Incontro con Turetta? Ci vorrà...

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"Ho provato disgusto quando hanno paragonato la vita di Giulia a una cifra economica"

Gino Cecchettin

Gino Cecchettin, padre di Giulia, non esclude in futuro un incontro con Filippo Turetta, l'assassino della figlia appena condannato all'ergastolo nel processo di primo grado. "Mi ci vorrà del tempo, ma potrebbe essere una tappa. Nel momento in cui il percorso viene fatto da entrambi, nel modo giusto. Quindi ci deve essere chiaramente un perdono sincero, e un percorso riabilitativo di un certo tipo. Immagino ci voglia del tempo, perché si arrivi a questo, ma io non lo escludo… ecco", dice Cecchettin a Gianluigi Nuzzi nel corso di 'Quarto Grado', in onda stasera su Retequattro.

"Filippo dovrebbe, probabilmente, aiutare a capire il fenomeno che l’ha portato a fare quello che ha fatto. Quello potrebbe essere un contributo... Cosa si scatena nella mente di chi arriva a fare un gesto di questo genere? Perché lui l’ha provato e, quindi, con onestà e sincerità, unito a un professionista che riesca a fare breccia su quello che è stato il suo percorso… Così potrebbe aiutare chi, come lui, è in quella condizione", aggiunge Cecchettin.

Il padre di Giulia esprime "disgusto quando hanno paragonato la vita di Giulia a una cifra economica. Questo è il momento dove ho sentito, forse, più disgusto. Perché, per forza di cose, viene paragonata la vita a una cifra. Ed è quanto di più avvilente un essere umano possa sentire… perché non c’è nessuna cifra che possa riparare l’affetto mancato di una figlia. Quindi, ecco, forse ho iniziato a sentirmi male proprio da quel momento lì. Quando ho sentito Giulia paragonata a delle cifre… come se tutto fosse quantificabile in questa vita".

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Cronaca

“Viva la pace”. Il messaggio di Marco...

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“Viva la pace, non c’è altro. Lo spettacolo di domani è viva la pace”. È questo il messaggio che Marco Vizzardelli, il loggionista che alla prima della Scala dello scorso anno gridò "Viva l'Italia antifascista", vuole urlare dalla metaforica poltrona del teatro meneghino alla vigilia della rappresentazione de "La Forza del destino" di Giuseppe Verdi. Un gesto che "è stato preso benissimo anche dalla Scala stessa" aggiunge. Vizzardelli domani sarà presente alla prima, stavolta non nel Loggione, insieme al presidente del Senato, Ignazio La Russa. "Benissimo, potrà vedersi l'opera" risponde il loggionista. "Confermo - dice all'Adnkronos - che ero e sono ancora oggi antifascista" e che non vorrà ripetersi nel lanciare lo stesso messaggio due volte, perché "se lo facessi sarei un pagliaccio".

Marco Vizzardelli è un appassionato ed esperto di opera e "La forza del destino" è una delle opere più strane di Giuseppe Verdi, ci tiene a sottolineare. Non è nè un'opera immediata, nè una trascinante, ma "molto più complessa, l’unico paragone che posso fare con un'altra opera verdiana è con i Vespri Siciliani". Il paragone è con Guerra e Pace o con una ipotetica rappresentazione musicale di Via col vento: "È come aprire un grande romanzo storico e perdersi tra le sue pagine".

"Ho avuto la fortuna di vedere l’opera durante le prove generali e Leo Muscato (regista) e Riccardo Chailly (direttore d'orchestra) hanno fatto un lavoro che definirei attuale e poetico. Muscato ha colto, in maniera non manichea, il tema della pace e lo ha ritratto in maniera stupenda". Di Chailly "credo sia la sua massima direzione di Verdi. Calibrata, studiata, ma con un cuore enorme dietro". E sul finale "è da pelle d'oca, mi sono commosso".

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Cronaca

SuperEnalotto, numeri combinazione vincente oggi 6 dicembre

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Centrati quattro '5'

Schedine del SuperEnalotto (Fotogramma)

Nessun '6' né '5+1' al concorso del Superenalotto di oggi. Realizzati invece quattro '5' che vincono 32.363,50 euro ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 41,7 milioni di euro.

Con quali punteggi si vince

Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:

- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;

- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;

- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;

- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;

- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.

Il prezzo di una schedina

La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.

La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.

Come controllare se ho vinto

E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.

I numeri della combinazione vincente di oggi

I numeri della combinazione vincente di oggi sono: 21, 48, 60, 61, 67, 71, Numero Jolly: 86. Numero SuperStar: 22.

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