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Covid, ecco come la pandemia ci ha cambiato: meno uscite, più famiglia

Due studi indagano sulla 'nuova normalità', così l'esperienza del virus ha cambiato le abitudini quotidiane delle persone

Lockdown nel 2020 - Afp

Non uscire, o uscire molto meno, è la 'nuova normalità' post Covid. Le cene? Averne fatte più spesso a casa in famiglia, nei lockdown, rispetto al passato ha avuto come vantaggio anche un aumento della qualità del tempo trascorso con i propri cari a tavola. Così l'esperienza della pandemia ha cambiato le abitudini quotidiane delle persone. Con un impatto pervasivo, ma anche duraturo, certifica la scienza. Due studi esplorano questi aspetti, dalla routine a tavola alla vita 'mondana'.

Pre e post Covid, i due studi sulla 'nuova normalità'

Rispetto all'esistenza prima del Covid-19, per esempio, secondo un nuovo studio pubblicato sul 'Journal of the American Planning Association', le persone trascorrono quasi un'ora in meno al giorno facendo attività fuori casa, comportamento che i ricercatori sostengono essere una conseguenza duratura della pandemia. Dal 2019 il calo complessivo del tempo di vita fuori casa è di circa 51 minuti, e si aggiunge anche una riduzione di quasi 12 minuti nel tempo trascorso alla guida della propria auto o sui mezzi pubblici.

L'analisi è basata su un sondaggio condotto su 34mila americani, ed è la prima a considerare e analizzare come è cambiato questo aspetto della vita fuori casa rispetto al tempo fra le mura domestiche dopo la pandemia. Gli autori della Clemson University e dell'Ucla (University of California Los Angeles) hanno documentato una tendenza che risale almeno al 2003, ma il Covid e le sue conseguenze hanno notevolmente aumentato questo spostamento delle persone verso la vita domestica. I ricercatori che firmano lo studio sono urbanisti, e sostengono che la tendenza a uscire meno di casa richieda un ripensamento di molte politiche di pianificazione e trasporto. Per esempio vanno ripensati uffici e negozi, se aumenta il lavoro da remoto e lo shopping da casa. I centri urbani devono un po' reinventarsi per adattarsi alle nuove esigenze. Si dovrebbe cercare, secondo l'autore principale Eric A. Morris, professore di pianificazione urbana e regionale alla Clemson University, di "investire di più nei punti di forza rimanenti", fra cui "opportunità per la ricreazione, l'intrattenimento, la cultura, l'arte e altro ancora. Le città centrali potrebbero spostarsi verso il diventare centri di consumo più che di produzione".

A 'spiare' invece le famiglie a tavola è stata una ricerca pubblicata dall'American Psychological Association. Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Couple and Family Psychology: Research and Practice', ha osservato che le famiglie che mangiavano insieme più spesso durante la pandemia avevano anche interazioni più positive, condividevano notizie e informazioni e adottavano rimedi tecnologici come le videochiamate per restare in contatto pure con i familiari lontani. Secondo l'autrice principale Anne Fishel, Massachusetts General Hospital, nel complesso la ricerca suggerisce che l'aumento della frequenza delle cene in famiglia durante la pandemia potrebbe aver avuto effetti positivi duraturi sulle dinamiche familiari.

Gli esperti hanno esaminato i dati di un sondaggio condotto a maggio 2021 su 517 genitori di diverse etnie e condizioni socioeconomiche negli Stati Uniti. Il loro obiettivo era indagare sui cambiamenti nella frequenza e nella qualità delle cene in famiglia durante la pandemia di Covid. Oltre il 60% degli intervistati ha dichiarato di cenare insieme più spesso rispetto al periodo prima dell'irruzione di Sars-CoV-2 nelle vite di tutti. "Questo studio evidenzia l'importanza di esaminare sia la frequenza che la qualità per comprendere il quadro completo di come i pasti condivisi possano avere un impatto sulle famiglie", dice Fishel.

Proprio per questo motivo ai partecipanti è stato chiesto sia della frequenza delle cene, che della qualità e delle aspettative post-pandemia. In particolare, "il 56% ha affermato di aver parlato di più delle proprie giornate durante la cena, il 60% di aver parlato di più della propria identità di famiglia, il 60% ha raccontato di aver espresso più gratitudine, il 67% di aver riso di più insieme e il 59% di essersi sentito più connesso l'uno con l'altro a tavola", elenca Fishel. Questa associazione positiva è stata evidente in base a livelli di reddito, istruzione, età, genere e razza. La pandemia ha introdotto anche nuovi aspetti nelle cene in famiglia, per esempio i pranzi a distanza (in videochiamata) con i membri della famiglia allargata e più discussioni sugli eventi attuali, continua Fishel. Molte famiglie hanno quindi rafforzato potenzialmente il senso di appartenenza a un nucleo familiare più ampio. La maggior parte dei genitori che ha aumentato l'uso della tecnologia per le cene a distanza in pandemia ha riferito di voler continuare la pratica anche dopo.

I ricercatori hanno anche scoperto che più famiglie hanno preso l'abitudine di portare notizie e informazioni dal mondo esterno nelle loro conversazioni a cena, offrendo potenzialmente ai bambini uno spazio sicuro in cui discutere di ansie e dubbi con i genitori. Allo stesso modo "l'uso continuato della tecnologia da remoto per connettersi con chi non è fisicamente presente può portare a continue opportunità di legame familiare e far sì che i bambini provino un senso di appartenenza a un'unità più grande, che sappiamo essere protettivo per il loro benessere", conclude Fishel.

Quanto al resto delle attività casalinghe, l'altro studio entra nel merito considerando sia le abitudini di lavoro che quelle di svago, dati ricavati dall'American Time Use Survey, fotografia annuale di come gli americani trascorrono il loro tempo, in esecuzione dal 2003. Gli autori hanno esaminato il comportamento degli adulti da 17 anni in su e hanno raggruppato l'uso del tempo in 16 attività in casa dal sonno all'esercizio fisico, oltre a 12 attività fuori casa tra cui eventi artistici e sportivi, shopping, lavoro, appuntamenti religiosi. Separatamente, hanno analizzato i viaggi in auto, a piedi e sui mezzi pubblici. I risultati hanno mostrato che il tempo trascorso su 8 delle 12 attività fuori casa è diminuito dal 2019 al 2021, mentre 11 delle 16 attività domestiche sono aumentate. Il tempo medio per le attività fuori casa è sceso da 334 minuti al giorno nel 2019 a 271 nel 2021, all'incirca da 5,5 ore al giorno fuori casa a 4,5. Lo 'smart working' per gli autori spiega parte di questa tendenza, ma ci sono state grandi diminuzioni anche in altri usi del tempo fuori casa. La quota lontano dalle mura domestiche si è ripresa solo modestamente dopo la pandemia, rimbalzando di soli 11 minuti dal 2021 al 2023 (fino a 281). E la tendenza a uscire meno sembra reggere. Questo 'ritiro in casa' era in corso da almeno 16 anni prima della pandemia. Ma i cali delle attività fuori dal domicilio sono stati molto maggiori dopo la pandemia rispetto ai trend precedenti.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Alluvione in Spagna, i rischi sanitari. Esperti:...

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Da Escherichia coli a salmonella, Bassetti: "Lo abbiamo visto anche con alluvione Emilia Romagna"

Alluvione in Spagna - (Afp)

Mentre il bilancio dei morti continua a salire in Spagna dopo le violente alluvioni che hanno colpito il Paese e in particolare la regione di Valenzia, gli esperti ricordano il rischio di diffusione di infezioni.

"Ogni volta che c'è una alluvione, soprattutto con queste proporzioni, c'è la possibilità molto alta di commistioni delle acque reflue con quelle piovane con il rischio potenziale di infezioni da microrganismi enterici: Escherichia Coli, salmonella, stafilococchi, vibrioni - magari non colerici - ma minori. L'abbiamo visto anche con l'alluvione in Emilia Romagna, dove però era molto caldo, qui siamo in una stagione diversa e le temperature meno estive potrebbero aiutare a limitare la diffusione di questi pericolosi microrganismi". Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova, interviene sui rischi sanitari ed epidemiologici dopo l'alluvione che ha colpito la zona di Valencia in Spagna.

Gli fa eco Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di Malattie infettive e tropicali: "Ci sono rischi sanitari ed epidemici per la popolazione residente legati a questi grandi eventi catastrofici dove le acque chiare si mischiano a quelle scure e potrebbero esplodere gli enterobatteri, ma ci sono rischi anche dall'acqua contaminata quindi non potabile nell'immediato, dalla mancanza di conservazione dei cibi - se non c'è la corrente elettrica - e con gli acquitrini anche delle zanzare che proliferano con una temperature mite e sono comunque vettori di diverse malattie infettive come la febbre Dengue. Meno rischio per i vibrioni del colera perché per diffondersi devono essere comunque presenti e in quella zona non c'è".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Ecco dove risiede la memoria episodica, passo avanti contro...

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I risultati di uno studio del Cnr e della Scuola normale superiore di Pisa in collaborazione con l'università di Amsterdam

Un'immagine relativa al cervello umano (Foto )

Un altro passo avanti contro l'Alzheimer da una ricerca che indaga l'importante ruolo della corteccia entorinale laterale del cervello nella memoria episodica. "Abbiamo dimostrato", attraverso un modello sperimentale, che "la formazione dei ricordi è associata all'aumento del numero di neuroni attivi" in quest'area. Inoltre, "abbiamo potuto verificare che gli stessi neuroni si riattivano durante il recupero del ricordo dell'esperienza specifica, mentre il loro silenziamento inibisce la capacità di richiamare il ricordo stesso", spiegano Francesca Tozzi e Stefano Guglielmo del laboratorio di biologia Bio@sns della Scuola normale superiore di Pisa, evidenziando i risultati della ricerca coordinata dall'Istituto di neuroscienze del Cnr (Cnr-In) della città toscana e in collaborazione con la Vrije Universiteit di Amsterdam.

La ricerca

La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista 'Cell Reports', e indaga il ruolo della corteccia entorinale laterale nella memoria episodica, dimostrando che l'inibizione dei neuroni presenti in questa area del cervello ne compromette le prestazioni, mentre la loro stimolazione facilita significativamente il richiamo di questa tipologia di memoria, che consente di ricordare le esperienze vissute. Comprendere questi meccanismi neurobiologici potrà fornire - spiegano i ricercatori - nuove prospettive nella lotta contro le patologie che coinvolgono il deterioramento cognitivo, come l'Alzheimer.

La memoria episodica

La memoria episodica rappresenta una funzione fondamentale del cervello, dal momento che consente di creare e richiamare ricordi complessi che integrano informazioni su cosa è accaduto, quando e dove. "Questi risultati indicano che la corteccia entorinale laterale gioca un ruolo cruciale nel circuito cerebrale responsabile della memoria della nostra vita, della formazione e nel recupero dei ricordi, o engrammi, legati alle esperienze personali", evidenzia Nicola Origlia del Cnr-In, coordinatore del gruppo di ricerca.

"Il deterioramento della memoria episodica è uno dei primi segnali di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer ed è spesso accompagnato da alterazioni nella funzionalità di questa area cerebrale. Conoscere i processi neurobiologici che sono alla base della formazione e del recupero dei ricordi potrà fornire nuovi elementi utili per contrastare lo sviluppo di queste malattie, impattando positivamente sulla nostra salute", conclude Origlia.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Scoppia il caso Gemmato: Fratelli d’Italia fa...

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Il sottosegretario nel mirino della minoranza per la convenzione dell'Asl Bari con Therapia Srl, il centro medico di cui l'esponente di Fdi possiede il 10%

Marcello Gemmato - Fotogramma

Fratelli d'Italia fa quadrato attorno al sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, finito nel mirino delle opposizioni per il caso della Therapia Srl, centro medico in provincia di Bari di cui l'esponente di Fdi possiede il 10% e che sul sito propone di affidarsi ai suoi servizi "senza dover attendere i lunghi tempi del Servizio sanitario pubblico". La società in questione, che gestisce tre poliambulatori medici e diagnostici, tra l'altro ha stipulato con l'Asl di Bari una convenzione della durata di tre anni "per la concessione di delega alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa". Tale atto, come si legge in un documento scaricabile dal sito dell'Asl, è stato recepito con una deliberazione del direttore generale dell'Azienda sanitaria locale Luigi Fruscio adottata il 24 luglio 2024.

Interpellato dall'Adnkronos, Gemmato rimanda al contenuto del suo post su Facebook dove rispedisce al mittente le accuse di conflitto di interessi.

"Una sinistra bugiarda e rancorosa che non sa più a cosa appigliarsi", attacca il sottosegretario di Fratelli d'Italia, secondo il quale "le polemiche stanno a zero". "Ho il 10% di una società senza averne alcuna responsabilità di gestione (figuriamoci poi dei contenuti del sito internet)", prosegue il parlamentare pugliese, che puntualizza: "Non esiste alcun conflitto di interessi come certifica il Garante della concorrenza; con il governo Meloni e il ministro Schillaci ci stiamo occupando del problema delle liste di attesa creato dalla mala gestione di decenni di sinistra al governo", conclude Gemmato allegando la lettera con il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del marcato.

Opposizioni all'attacco: "Si dimetta"

Le opposizioni però invocano un passo indietro del sottosegretario. Per la segretaria del Pd Elly Schlein, Gemmato "non può rimanere al suo posto" alla luce di un "palese conflitto di interessi": la leader dem chiede alla premier Giorgia Meloni di chiarire sulla nomina del sottosegretario. Sulla stessa lunghezza d'onda anche Avs e Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte che tuona contro il "conflitto d'interessi" di Gemmato, il quale a suo giudizio starebbe "facendo pubblicità, da socio proprietario di una clinica privata" per dire "che da lui le file non ci sono, a differenza della sanità pubblica".

FdI fa quadrato

Il partito di Gemmato però si schiera compatto con il sottosegretario. Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, parla di sinistra "oltre il ridicolo": "Invece di chiedersi perché non vengono scelti dagli italiani ed elaborare una proposta credibile, pensano di risolvere tutto attaccando e delegittimando personalmente qualcuno di centrodestra", scrive in una nota il deputato. Per il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti "la sinistra sceglie un nuovo bersaglio su cui scagliare le proprie frustrazioni e incapacità nella gestione della sanità pubblica". Nei confronti di Gemmato arriva solidarietà anche da parte del presidente dei senatori meloniani Lucio Malan, il quale ricorda come il governo Meloni abbia "stanziato fondi senza precedenti per la sanità, anche per risolvere la grana delle liste d'attesa dovuta a troppi anni di inefficienze e tagli della stessa sinistra che oggi vorrebbe fare la morale".

'Convenzione' con l'Asl di Bari, cosa dice Therapia Srl

Interpellate sulla delibera del direttore generale dell'Asl di Bari, fonti di Therapia Srl precisano che "il termine convenzione si riferisce al protocollo attraverso il quale la Asl, ai sensi del D.M. 2 novembre 2015 recante 'Disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti', art. 20 comma 7, disciplina la modalità con cui questo servizio può essere espletato e autorizza la struttura sanitaria in oggetto alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa".

"Trattandosi di prestazioni particolarmente delicate (prelievo di sangue e trasfusioni)", proseguono le stesse fonti, "le Asl hanno attuato un'attività di vigilanza severa su tutte le strutture sanitarie che effettuano tali servizi. Therapia quindi - si sottolinea - non riceve alcun compenso dalla Asl, non essendo un'azienda accreditata, ma al contrario riconosce ai servizi trasfusionali le tariffe previste dalla vigente normativa".

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