Maternità surrogata, Roccella: “Mai istigato nessuno a denunciare, né medici né altri”
La ministra per la Famiglia al question time: "Penso che se una legge non piace, si fa una battaglia per cambiarla, o si fa disobbedienza civile"
"Non ho mai istigato nessuno a denunciare, né i medici né altri. Del resto, da libertaria, non ho mai denunciato nessuno, mi sono semmai autodenunciata, perché penso che se una legge non piace, si fa una battaglia per cambiarla, o si fa disobbedienza civile assumendosene le conseguenze: non si cerca di eluderla. Interpellata al volo a margine di un evento, ho detto semplicemente un’ovvietà: che i pubblici ufficiali, e i medici come è noto possono essere fra questi, segnalano eventuali violazioni delle leggi". Lo ha chiarito la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, rispondendo al question time a un'interrogazione sulle dichiarazioni relative ad asseriti obblighi per i medici derivanti dalla recente normativa in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero, presentata da Riccardo Magi (Gruppo Misto+Europa).
Quanto alla legge contro la gestazione per altri, Roccella ha ricordato che ''la normativa che non questo governo, né questo Parlamento, hanno introdotto, e da vent’anni punisce penalmente in Italia non soltanto la realizzazione, ma anche la promozione e organizzazione di una pratica che per la Corte Costituzionale 'mina nel profondo le relazioni umane'. E che per la Corte di Cassazione riduce il corpo della donna 'ad incubatrice meccanica, (…) assecondando un'inaccettabile mercificazione del corpo'. Una pratica, cito sempre la Cassazione, che 'offende in modo intollerabile la dignità' delle donne 'anche in assenza di una condizione di bisogno della stessa e a prescindere dal concreto accertamento dell'autonoma e incondizionata formazione del suo processo decisionale'. Di questo divieto, fin qui troppo spesso aggirato, la legge Varchi garantisce semplicemente una maggiore effettività".
Politica
Il potere, gli amori e la Rai: Vespa racconta il suo nuovo...
Il giornalista parla all’Adnkronos di “Hitler e Mussolini”, ma anche di Meloni e Giambruno, Schlein sull'Aventino, Fitto in Europa
“Il potere è sempre stato un grande motivo di attrazione, anche se oggi non è più fatale come un tempo. Non si arriva più al suicidio come Geli, la nipote-lolita di Hitler”. Bruno Vespa commenta con l’Adnkronos il suo nuovo libro, “Hitler e Mussolini” (Rai Libri-Mondadori), che racconta anche gli amori, i sentimenti (e, nel caso del Führer, le perversioni) dei due uomini che hanno sconvolto il Novecento. Nella seconda parte, le interviste ai leader di oggi, da Meloni a Conte, da Calenda a Vannacci.
A 17 anni da “L’amore e il potere”, uscito nel 2007, anno della prima lettera di Veronica Lario a “Repubblica”, in cui chiedeva pubbliche scuse a Berlusconi, i rapporti sentimentali sono ancora in grado di condizionare la politica. “Basti pensare al caso Sangiuliano, che è ricostruito nel libro. Mariarosaria Boccia ha provato a usare per il proprio tornaconto il rapporto con il ministro, che era un bravo ministro ma non è riuscito ad arginarla, pagandone le conseguenze. Il caso più clamoroso di questi anni”.
Margherita Sarfatti, Ida Dalser, Rachele Guidi, nel libro ci sono tutte le donne del Duce. “Come si vede dal rapporto con la sua ultima amante, il potere attrae e inquina: se Claretta Petacci era sinceramente innamorata, intorno a sé aveva una famiglia di profittatori, con il padre che si fece raccomandare e il fratello che rubava a mani basse”. All’epoca, mantenere le apparenze era tutto. “Mussolini, che frequentava solo donne sposate, dormì solo una notte con Claretta, quella prima della fucilazione. Non aveva mai passato una notte fuori casa senza Rachele, che infatti diceva a tutti che lui, tanto, tornava sempre da lei”.
Oggi il mondo è cambiato, se si pensa ai rapporti tra Giorgia e Arianna Meloni e i rispettivi compagni, che sono stati chiusi dalle due leader senza troppo rumore né strascichi. Anzi, in questi giorni Andrea Giambruno si cosparge il capo di cenere per i fuorionda che hanno preceduto la rottura. “Fu una clamorosa caduta di gusto che ha portato alle conseguenze che sappiamo, fa piacere che abbia fatto ammenda”, chiosa Vespa.
Nel libro, la ricostruzione ben documentata delle vite dei due dittatori, accomunati anche dall’infanzia travagliata e dalla fine ingloriosa, si intreccia con i personaggi e le vicende dell’epoca. Come il delitto Matteotti, di cui quest’anno ricorre il centenario. “Ha cambiato la storia d’Italia”, rimarca Vespa. "Eppure anche i libri usciti negli ultimi mesi non riescono a dimostrare che Mussolini fu il mandante. Certo, la frase ‘quest’uomo non dovrebbe più circolare’ oggi gli farebbe comunque avere l’ergastolo per esserne stato l’istigatore. Ma non possiamo dire che lo abbia ordinato, sulla base dei documenti e delle testimonianze, persino degli antifascisti. Fu un omicidio eseguito da dilettanti che usarono un’auto vistosa per pedinarlo, come se oggi ci si appostasse sotto casa con una Ferrari. Tanto che il portiere riuscì a prenderne la targa. Lo hanno rapito e non si sa neanche se avessero un’arma – il figlio Matteo parla di una lima – non avevano idea di come seppellirlo, né di come farlo (scavarono la fossa con un cric)”.
Vespa non crede pienamente alla versione di Mussolini. “Negò di aver chiesto anche solo una spedizione punitiva, che in quegli anni erano diffuse, e mi pare difficile. Credo però che in quel momento fosse talmente forte e potente che quel delitto non gli servisse, anzi lo mise con le spalle al muro e lo trasformò nel dittatore spietato che (ancora?) non voleva essere. Nei giorni seguenti alla morte di Matteotti, l’antifascista Paolo Monelli lo incontrò con la barba sfatta, lo videro dare testate al muro, e negli anni seguenti fu lui (insieme al Viminale) a sostenere economicamente la vedova, che invece cacciò da casa gli amici del leader socialista perché non l’avevano aiutata. Credo che l’ala destra che ha sempre condizionato dall’interno il fascismo abbia avuto un ruolo determinante, ai danni del Duce”.
Quest’anno si riparla di Aventino, “per fortuna per questioni non di vita e di morte, bensì per la presidenza della Rai”, commenta il presentatore di “Porta a Porta”. “L’ho detto anche a Elly Schlein, la scelta di bloccare la nomina non la condivido, anche se ovviamente il Pd segue la sua strategia. Ma se la situazione è bloccata è perché un presidente di garanzia non può esistere, visto che trasformerebbe la maggioranza di governo in minoranza nel cda Rai, cosa alquanto curiosa”. E l’Unione Europea, che con lo European Media Freedom Act chiede al governo italiano di rendere la Rai libera dal condizionamento politico? “Lo spiego nel libro: anche alla Bbc, ancor più in altre tv pubbliche come quelle spagnole e francesi, la maggioranza di governo ha voce in capitolo sui vertici. È sempre stato così. Se l’editore è politico, il manager sarà sempre gradito alla politica. Poi la differenza è tra chi si sdraia e chi cerca di restare dignitosamente in piedi. Ho servito sotto 26 capi azienda, sui 29 che si sono alternati nella guida della Rai. 62 anni, di cui 56 in televisione. Dunque ne ho viste di tutti i colori. Posso dire che se adesso in Rai si facesse quello che si fece per evitare che Berlusconi tornasse al potere nel 2001, con Biagi, Benigni, Luttazzi, Santoro, altro che Telemeloni: ci sarebbe la lotta armata nelle strade”.
Chi è andato via dunque non lo ha fatto per un clima ostile che si è creato negli ultimi due anni? “Non mi pare proprio. Fabio Fazio e Bianca Berlinguer sono andati in tv rivali a guadagnare di più, e ricordo che il programma di Fazio, lo dicono i documenti, costava più di quanto rendesse alla tv pubblica. Lucia Annunziata ha scelto di candidarsi con il Pd alle europee. Martiri in giro non ne vedo. Vedo Ranucci, Damilano, Zanchini, Costamagna, Gomez e altri nomi sicuramente non organici a questa maggioranza”.
Infine, il libro racconta per filo e per segno il processo che ha portato alla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea. “A dimostrazione che Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen fossero perfettamente d’accordo, e che l’ostilità sbandierata serviva solo per evitare che la gamba ‘sinistra’ della maggioranza europea facesse precipitare il tavolo per protesta contro l’appoggio dei Conservatori. Quest’estate si raccontava sui giornali un’Italia isolata a Bruxelles che avrebbe avuto un ruolo di basso livello. Invece Fitto è uno dei vicepresidenti che gestirà alcuni dei dossier più importanti. E alla fine avremo un collegio anche più spostato a destra di quanto avevo previsto. Su migrazione e ambiente, il Ppe vota insieme ai Patrioti di Orban e Le Pen. D’altronde, quando parla Friederich Merz, il probabile prossimo cancelliere tedesco, sembra di sentire Salvini”. (di Giorgio Rutelli)
Politica
Da ‘decano’ del Parlamento a super ministro...
Chiamato a sostituire Raffaele Fitto al ministero degli Affari europei
Da 'decano' parlamentare a super ministro del Pnrr. E' la parabola politica di Tommaso Foti, chiamato a sostituire da oggi Raffaele Fitto alla guida del ministero del Pnrr, della coesione e degli affari europei.
Classe 1960, nato a Piacenza sotto il segno del toro perché ''i pesci li lascio alla... canzone'', come lui stesso scrive nella biografia online. Stakanovista, fumantino, ironico, viene descritto dai suoi colleghi un vero e proprio 'bulldog dell'Aula', che non molla mai la presa. ''Il lavoro è tanto, ma chi mi conosce sa che non mi fermo davanti alle sfide, neppure a quelle impossibili'', rivendica nel proprio curriculum vitae, per poi scherzare: ''Non ho particolari vizi, che non siano quelli propri di tutti gli umani''. Fedelissimo di Giorgia Meloni, lascia il delicato l'incarico di 'guardiano' del gruppo più numeroso alla Camera (117 deputati in tutto).
Chiamato dai suoi amici 'Masino', tifosissimo dell'Inter, Foti muove i suoi primi passi da figlio d'arte, nell'azienda agricola di famiglia, ma la sua vera passione è la politica dove fa una lunga gavetta. Iniziata giovanissimo. Nel 1980, a 20 anni, infatti, diventa consigliere comunale della sua città per l'Msi e viene rieletto in ogni successiva consultazione, fino al 1994. A gennaio dello stesso anno, partecipa alla fondazione di An che rappresenta sempre in Consiglio comunale fino al 2005. Dal 1998 al 2001 è stato pure vicesindaco del Comune e assessore al bilancio e consigliere provinciale e regionale.
Approda in Parlamento, la prima volta, nell'aprile del '96, eletto nella liste del Popolo della libertà, battendo di circa 330 voti il politologo Gianfranco Pasquino. Con cinque legislature alle spalle (1996; 2001; 2006; 2008; 2018) , Foti è uno dei decani dell'emiciclo e tra i fondatori di Fratelli d'Italia (nel 2018 torna a Montecitorio come parlamentare di Fdi appunto). Con la vittoria del centrodestra alle ultime politiche del 2022, Foti viene rieletto alla Camera per la sesta volta, affermandosi nel collegio uninominale di Piacenza e Parma ovest con oltre 92mila voti. Il 9 novembre viene scelto all'unanimità capogruppo del principale partito di maggioranza. In questa legislatura Foti ha 'firmato' il cosiddetto salva-Milano (approvato in prima lettura alla Camera) e la riforma della Corte dei conti (ancora all'esame della commissione Affari costituzionali e Giustizia).
Politica
Sciopero, Salvini attacca Landini: “Prepara suo...
Per il ministro dei Trasporti, il segretario della Cgil "sui tagli sanità mente sapendo di mentire". E annuncia "nuova precettazione in caso di sciopero il 13 dicembre"
"Mi viene il dubbio che Maurizio Landini non tuteli l'interesse di lavoratrici e lavoratori, ma prepari il suo arrivo in Parlamento". Così il ministro dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, torna a parlare del segretario della Cgil a due giorni dallo sciopero generale del 29 novembre e dopo l'annuncio di una nuova mobilitazione per il 13 dicembre.
"Leggevo su qualche giornale che Salvini ce l'ha con Landini. No, la vita è un dono troppo grande per passare il tempo odiando qualcuno. Però quando fai lo sciopero generale perché 'il governo taglia i fondi alla sanità' menti sapendo di mentire... Landini - ha detto il leader della Lega - ha proclamato lo sciopero ancora prima di conoscere la legge di bilancio, lamentando i tagli sulla sanità che non ci sono, perché in sanità ci sono 136 miliardi di euro che è il record storico per il servizio sanitario nazionale, quindi mi sembra che faccia politica". "E' suo diritto di farlo - osserva - come hanno fatto tutti i segretari della Cgil prima di lui che poi sono entrati in politica, lasciando il diritto di garantire agli italiani che vogliono lavorare tranquilli il diritto di farlo".
Salvini ricorda che "negli ultimi 20 anni solo due governi hanno ridotto gli stanziamenti sanitari rispetto all'anno precedente: si parla di due governi a guida Partito democratico e non ci furono scioperi generali. Allora mi viene il dubbio che il signor Landini non tuteli l'interesse di lavoratrici e lavoratori, ma prepari il suo arrivo in Parlamento come parlamentare della sinistra, come hanno fatto tutti i predecessori alla guida della Cgil. E quindi io ritengo mio diritto e mio dovere intervenire per garantire il diritto allo sciopero, che è sacrosanto, ma anche il diritto al lavoro".
Collegandosi con l'assemblea nazionale di Noi Moderati a Roma, sottolinea che "ci sono altri 15 scioperi solo nel mese di dicembre: se non si conterranno riducendo i disagi per i cittadini, a pochi giorni dal Natale, farò quello che ritengo sia mio diritto e dovere fare da ministro dei Trasporti". E riferendosi al nuovo sciopero annunciato per venerdì 13 dicembre ha assicurato che "se non utilizzeranno il buon senso" ricorrerò "al criterio di garantire per il penultimo venerdì prima di Natale una giornata serena"generale .
La replica di Landini
“Il governo, invece di porsi il problema di come rispondere a 500.000 persone che sono andata in piazza e a milioni di persone che hanno scioperato, continua a dire che il problema è quello che è successo a Torino fatto da 100 persone. Si capisce che siamo di fronte a qualcosa che non torna. Perché siamo di fronte a una esplicita volontà di non misurarsi con quella che è la richiesta che è stata avanzata", afferma dal canto suo Landini, a margine dell’assemblea di Europa verde in corso Chianciano terme.
"Io non sto dicendo che noi rappresentavamo tutti, ma da quello che si è visto venerdì 29 noi rappresentiamo una parte importante di questo Paese, quelli che pagano le tasse, quelli che tengono in piedi questo Paese e una delle rivendicazioni che stiamo facendo ad esempio è di andare a prendere i soldi dove sono, perché in questi due anni i profitti sono aumentati in una maniera esagerata e sono calati i salari e la tassazione sta aumentando sul lavoro dipendente e sui pensionati. Quindi io penso che ci sia un tentativo esplicito, lo ripeto, di svolta autoritaria perché quando alle persone che ti chiedono democraticamente di essere ascoltate non rispondi e pensi addirittura di fare un decreto che li arresti se manifestano, ecco io penso che questa è una svolta autoritaria contraria ai principi della nostra costituzione", aggiunge Landini.