Farmers market, sbarca ad Alessandria d’Egitto primo mercato contadino
Troccoli (Campagna Amica) all'Adnkronos: "Il 26 ottobre l'inaugurazione. Esportiamo modello italiano e formiamo addetti alle vendite". Presto apriranno altri farmers market in Egitto, Kenya, Tunisia, Albania e Libano
Ad Alessandria d'Egitto e presto anche a Nairobi, il continente africano apre ai mercati contadini grazie alla World Farmers Markets Coalition con il supporto tecnico della Fao e di Fondazione Campagna Amica, promossa da Coldiretti. E sabato prossimo il 26 ottobre, il mercato contadino, con l'esposizione e la vendita di prodotti locali, apre ad Alessandria d'Egitto. Il progetto finanziato dal ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale è condotto dal Ciheam di Bari e dalla World Farmers Markets Coalition con il supporto tecnico della Fao e di Fondazione Campagna Amica, promossa da Coldiretti, una rete che conta attualmente 1.200 mercati a vendita diretta in tutta Italia, uno fra tutti quello nei pressi del Circo Massimo a Roma.
Il mercato di Alessandria d'Egitto, che nasce nel cuore di questo grande porto del Mediterraneo, è il primo in Egitto e si inserisce in una iniziativa più grande, la Mami – Mediterranean and African Markets Initiative che mira alla creazione di una rete di mercati contadini in Libano, Kenya, Tunisia, Albania, Egitto. Si tratta di una iniziativa "molto importante, un modo concreto per sviluppare l'agricoltura per le popolazioni locali e per aiutare questi paesi a uno sviluppo economico in casa propria" spiega all'Adnkronos Carmelo Troccoli, direttore generale della Fondazione Campagna Amica e direttore generale della Coalizione mondiale dei Farmers Market, a cui aderiscono oltre 70 associazioni di mercati contadini presenti in più di 60 Paesi nel mondo.
Il mercato di Alessandria d'Egitto sarà all'aperto con la partecipazione, per ora, di una trentina di banchi del governatorato. Al centro produzioni locali dall'ortofrutta al formaggio, miele, uova, a chilometro zero destinate alla vendita dei cittadini di Alessandria e dintorni. L'apertura del mercato, sabato prossimo rappresenta quindi un evento al quale parteciperà oltre allo stesso Troccoli, tra gli altri, l'ambasciatore d'Italia presso la Repubblica araba d'Egitto Michele Quaroni, che ha seguito il progetto, e in attesa di conferme altre personaggi istituzionali.
"I vari paesi sono stati suddivisi e su ognuno di essi si sta lavorando in maniera differenziata, portando avanti sia azioni di formazione teorica per i futuri manager su normative, regole di gestione e sicurezza alimentare, sia tecniche di vendita e funzionamento dei farmers markets" afferma inoltre il direttore Troccoli. Nei vari paesi sono state individuate oltre 20 figure che hanno seguito i corsi di formazione in Italia, sia presso la sede del Ciheam di Bari a Tricase che on line, con un aggiornamento settimanale sulla piattaforma dell’accademia della World Farmers Markets Coalition, e oltre 200 agricoltori, in special modo tra Kenya, Egitto e Libano che sono i primi paesi dove nasceranno i primi mercati contadini.
In Egitto, insieme alla Camera di commercio di Alessandria e con un gemellaggio siglato in occasione della seconda assemblea generale della Wfmc, con i mercati di Campagna Amica di Napoli, viene dunque aperto il primo mercato in autunno e altri ne seguiranno. Sempre in Africa, a breve, verrà aperto in Kenya a Nairobi, un secondo farmers market.
Il progetto è ampio, in Libano è nata la prima associazione nazionale dei mercati contadini mentre in Albania si lavorerà alla formazione di manager che potranno gestire alcuni mercati creati in diverse città; in Tunisia si sta lavorando per la costruzione di una proposta normativa da presentare al parlamento per trasformare un sistema di mercati contadini sporadici e limitati alla partecipazione di altri eventi ad un sistema che permetta agli agricoltori di poter svolgere l’attività di vendita associata settimanalmente ricucendo il legame tra campagna e città.
Economia
Sostenibilità, Ansuini (Bankitalia): “La buona...
Così la direttrice della Comunicazione-Tutela clientela e educazione finanziaria Banca d'Italia, intervenendo a 'I giovani e la sostenibilità. Talenti da valorizzare'
"E' un'indagine che tocca aspetti molti rilevanti, dalla quale emerge un quadro di luci e ombre, eterogeneo. Andando a vedere le buone notizie, se andiamo al di là delle etichette, sostenibilità e 'Agenda 2030', c'è che i giovani condividono nella sostanza le priorità che questo dibattito attribuisce ad alcuni temi: lavoro e qualità della vita, salute, ambiente, disuguaglianze, povertà". Lo ha detto Paola Ansuini, direttrice della Comunicazione-Tutela clientela e educazione finanziaria Banca d'Italia, intervenendo a 'I giovani e la sostenibilità. Talenti da valorizzare', evento di apertura della 'Social Sustainability Week' in corso al Palazzo dell'Informazione del Gruppo Adnkronos a Roma, commentando i contenuti della ricerca di Eikon Strategic Consulting Italia dal titolo ‘Giovani e sostenibilità sociale’.
Ansuini ha citato una indagine condotta da Bankitalia nel 2023 su un campione rappresentativo di 5.000 giovani, sulla cultura finanziaria e digitale dei giovani. "Da questa indagine emergono dei dati che riguardano altre dimensioni - ha sottolineato Ansuini - con il contrasto al cambiamento climatico per il 52% degli intervistati, il contrasto alla disoccupazione per il 53% e alla povertà per il 33%, per un miglior sistema di inclusione e formazione per il 30%". "Sono indicazioni molto forti secondo i nostri economisti e provengono sia dal mondo maschile che femminile, c'è pari consapevolezza", ha sottolineato Ansuini.
E sulla cultura finanziaria ha sottolineato che "ci sono moltissime iniziative: la cultura finanziaria attuata con iniziative e offerte concrete produce una più ottimistica visione del futuro, specie tra i giovani, che cosi riescono a fare scelte più ottimistiche per se stessi e rappresentare una risorsa per il futuro". Secondo Ansuini, sul ruolo delle istituzioni è necessario "fare iniziative sulla conoscenza: questo aspetto si è perduto, va fatto un investimento su questo aspetto che è prezioso, molto utile anche se poco 'sexy'".
Economia
Sostenibilità, Cenci: “Una Social Sustainability Week...
La Senior Partner Eikon Strategic Consulting Italia e presidente Reworld è intervenuta all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’
"Dalla Social Sustainability Week ci aspettiamo soprattutto tanti paradossi". Così Cristina Cenci, Senior Partner Eikon Strategic Consulting Italia e presidente Reworld intervenendo all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma
"Il primo - spiega - da un lato la sostenibilità sociale riguarda ognuno di noi, dall’altro è socialmente invisibile. A due livelli almeno: quando si dice sostenibilità ognuno di noi vede 'verde' (ambiente, natura, ecc...) ma non possiamo dimenticare che esiste una sostenibilità sociale. Se riusciamo a superare il 'verde', c'è un'altra associazione spontanea: la parola 'aiuto', cioè la sua declinazione come responsabilità di prendersi cura di chi ha più bisogno, una declinazione assistenzialista che è una componete ma non è l'unica e ci distoglie dal pensare la sostenibilità sociale come leva strategica di trasformazione".
"Secondo paradosso: se si mette una 'S' davanti ad una serie di parole, questa ne trasforma il significato (comunicare-scomunicare, correre-scorrere, ecc...). La sostenibilità sociale nei suoi obiettivi rischia spesso di trasformarsi nel suo contrario: ci diamo un obiettivo e purtroppo ne deriva un altro; un fattore 'S' che da un lato trasforma, dall’altro inverte", continua.
"Terzo paradosso: mi collego all’Agenda 2030 e alla nuova direttiva Ue che porterà migliaia di aziende a confrontarsi con la dichiarazione non finanziaria cioè con il racconto della loro azione sostenibile. Rischiamo che questa rendicontazione miri a standardizzare ciò che non può essere standardizzato: il sociale, la qualità soggettiva, l'adattamento, la trasformazione, il dinamismo. Altrimenti lo sterilizziamo. Allo stesso tempo lo dobbiamo misurare per poterci dare degli obiettivi".
L'ultimo paradosso riguarda la Diversity&Inclusion. "Siamo a rischio perché per come si sta strutturando rischiamo che questa Diversity assuma le forme di un neo razzismo, identificando delle caratteristiche specifiche di una persona e trasformandole nella caratteristica unica di questa persona che poi includiamo nella nostra presunta normalità. Di tutto questo vogliamo parlare e i giovani sono uno specchio importante di questi paradossi", conclude.
Economia
Alluvioni e cambiamento climatico, cosa serve per ridurre...
Un documento presentato dagli esperti della Fondazione Return
Un documento di indirizzo che elenca le priorità di ricerca e d’azione per rendere gli eventi meteo estremi meno distruttivi e letali. A presentarlo gli esperti della Fondazione Return, partenariato Pnrr nato per affrontare i rischi naturali e antropici, in occasione del Dissemination Workshop di Return, ospitato a Bologna dal 27 al 29 novembre.
Il documento sottolinea come i cambiamenti climatici che portano a piogge più improvvise e intense, insieme alle trasformazioni del territorio degli ultimi decenni, stanno amplificando la frequenza e la gravità di questi fenomeni, rischiando di mettere in difficoltà anche i sistemi di allerta più evoluti. “A rendere queste alluvioni così devastanti contribuiscono anche rischi multipli che non necessariamente vanno ricondotti al solo clima che cambia - spiega Alberto Montanari, professore di Costruzioni Idrauliche all’Università di Bologna, fra i coordinatori scientifici di Return - Per questo è necessario lavorare all’adeguamento delle infrastrutture e a una più attenta manutenzione dei corsi d’acqua”.
Secondo gli studiosi, per salvare vite umane e limitare i danni serve un’azione immediata che preveda il ricorso a infrastrutture e interventi su tutti i piani tecnici e sociali coinvolti dal rischio climatico. È necessario introdurre prassi, condivise e supportate anche dai cittadini, e normative che prevedano la verifica periodica delle condizioni di sicurezza del territorio e delle infrastrutture, tenendo sempre conto dei rapidi cambiamenti del clima. Con questi obiettivi in mente, il progetto Return sta sviluppando scenari climatici utilizzando modelli avanzati e ad alta risoluzione spaziale per identificare le aree più vulnerabili. L’obiettivo è mappare la pericolosità e la vulnerabilità dei territori urbani ed extraurbani, utilizzando anche tecnologie innovative come i 'gemelli digitali'. Inoltre, vengono promosse campagne educative per sensibilizzare cittadini e istituzioni sui rischi climatici e sulle migliori pratiche per la gestione del territorio.
“Solo attraverso una collaborazione fortemente interdisciplinare come quella di Return e una stretta sinergia tra ricerca, istituzioni e comunità possiamo affrontare sfide così complesse”, conferma Andrea Prota, docente di Tecnica delle Costruzioni all’Università Federico II di Napoli e presidente della Fondazione Return.
Return è uno dei 14 Parternariati Estesi nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Si occupa di studiare i rischi naturali e antropici, quelli legati all’acqua come le alluvioni, siccità ed eventi costieri ma anche frane, terremoti, eruzioni vulcaniche e contaminazioni ambientali. Coordinato dall’Università Federico II di Napoli, il progetto coinvolge le principali università e centri di ricerca pubblici e privati italiani. Tra i protagonisti c’è anche l'Università di Bologna, che guida lo Spoke DS: Science underpinning Climate services for risk mitigation and adaptation, pensato per definire metodi innovativi per migliorare le previsioni climatiche, idrometeorologiche e meteomarine alla scala locale.