Rai, Vigilanza martedì ma su voto presidente ancora in alto mare
Partita intricata, nomina Agnes legata a doppio filo con la guida del Tg3
Resta intricato il puzzle della Rai. L'unica certezza è la convocazione per martedì prossimo, alle 11.30, dell'Ufficio di presidenza della Vigilanza con all'ordine del giorno la "programmazione dei lavori", primo passo verso il voto sul nuovo Cda già in settimana, mercoledì o giovedì al massimo. Per il via libera alla presidente designata Simona Agnes, vicina a Forza Italia (il partito azzurro non intende mollare la presa e continua a cercare sponde per allargare il consenso sul suo nome), è necessaria la maggioranza qualificata in commissione, 28 voti.
Al momento nel pallottoliere della maggioranza si contano 26 sì per la Agnes e l'opposizione (non solo Pd, Avs e Iv ma anche M5S), spiegano fonti parlamentari del centrosinistra, sarebbe ancora compatta sulla linea dell'Aventino, orientata a uscire dall'aula per far mancare il quorum. Ma sono attivi diversi contatti tra i partiti, intensificati dopo l'addio di Mario Orfeo al Tg3 per assumere la direzione di 'La Repubblica'. Una poltrona, storicamente assegnata alle opposizioni, che fa gola ai Cinque stelle come ai Dem.
Non a caso il totonomi è già scatenato: chi scommette che la guida del Tg3 vada nelle mani dei 5S vede tra i papabili per il dopo Orfeo, Senio Bonini, attuale vicedirettore al Tg1, e Bruno Luverà, vicedirettore agli Approfondimenti, mentre sarebbero in discesa le quotazioni di Giuseppe Carboni, ex direttore del tg della rete ammiraglia e attualmente alla guida di Rai Parlamento. Qualora dovesse spuntarla invece il Pd, si fanno i nomi di Carlo Fontana, Ilaria Capitani e Andrea Vianello. Altro nome che rimbalza è quello di Simona Sala, che potrebbe mettere d'accordo dem e grillini: già al timone del Tg3, Sala -prima donna ad aver guidato Rai Radio 1 dopo oltre 90 anni di storia- non sarebbe tuttavia disponibile ad entrare in partita.
Rimangono, dunque, apertissimi e sempre più complicati i giochi sulla Agnes, visto che i Cinque stelle ribadiscono il loro 'veto'. Oggi, ospite di Un Giorno da Pecora, il capogruppo al Senato dei pentastellati ed ex ministro Stefano Patuanelli è stato categorico sul punto: ''No, noi in Vigilanza Rai non voteremo, non staremo li, non parteciperemo al voto".
Un 'no' secco, almeno in apparenza, perché nei palazzi romani c'è chi è pronto a scommettere, soprattutto nelle file dem, che potrebbe venire meno alla seconda votazione se Giuseppe Conte riuscisse a ottenere per sé la casella del Tg3. Numeri alla mano, infatti, solo grazie al 'soccorso' di M5S la candidata di Fi potrebbe farcela, a meno che alla fine non si arrivi a un'intesa su una figura gradita pure al Pd di Elly Schlein. "Se Conte la tira per le lunge, alla fine potrebbe approfittarne il Pd", dice un big del centrodestra che sta seguendo da vicino il dossier.
Di certo, i tempi di nomina del nuovo direttore del telegiornale della terze rete della tv pubblica saranno dettati dagli equilibri politici interni alla Rai e dipenderanno dal rebus Agnes che per ora resta irrisolto, ovvero dall'andamento delle trattative sulla presidenza dell'azienda di viale Mazzini. In attesa che si sblocchi lo stallo, il Tg3 potrebbe avere una guida ad interim del vicedirettore Pierluca Terzulli.
Politica
Bologna, Meloni contro il sindaco Lepore: “Ha una...
La presidente del Consiglio: "Se io sono una picchiatrice fascista non mi chieda di collaborare"
"Diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una faccia in privato". La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si esprime così sul sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che ha accusato il governo e in particolare il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi per i disordini avvenuti sabato nella città felsinea dove gli antagonisti hanno cercato di entrare a contatto con una manifestazione della Rete dei Patrioti e di CasaPound. Meloni ha stigmatizzato gli scontri provocati dagli antagonisti e ha espresso solidarietà alle forze dell'ordine.
"Consentite anche a me di esprimere la mia totale solidarietà agli uomini e alle Forze dell'ordine che ieri a Bologna hanno affrontato i soliti violenti, tra lanci di petardi e sassi, rischiando la loro incolumità. Perché noi sappiamo benissimo da che parte stare. E guardate ho letto una nota stampa del sindaco di Bologna che diceva, udite-udite, 'il governo ha mandato le camicie nere a Bologna': questa è da sempre la carta della disperazione della sinistra", dice la premier intervenendo in videocollegamento alla manifestazione promossa a Bologna dal centrodestra a sostegno della candidata governatrice per l'Emilia Romagna Elena Ugolini.
"Loro, quando non hanno nulla da rivendicare del loro lavoro, quando non hanno una visione, un progetto da raccontare, allora si giocano la carta dell'avversario impresentabile. Però voglio dire che non so a quali camicie nere si riferisca il sindaco di Bologna perché le uniche camicie che ho visto io sono quelle blu dei poliziotti aggrediti dai centri sociali e dagli antagonisti amici della sinistra", aggiunge.
"E voglio dire un'altra cosa in riferimento al sindaco, con sincerità - va avanti la premier - una cosa che vale per tutti i politici di ogni ordine e grado. E di ogni colore. Voglio dirlo ai cittadini: diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una faccia in privato. Perché io diffido di chi in privato mi chiede cortesemente collaborazione e invece a favore di telecamera mi accusa di essere una picchiatrice fascista. Perché se io fossi la fascista che il sindaco Lepore dice, allora lui, se crede in quello che sta dicendo, non dovrebbe chiedermi collaborazione, perché non dovrebbe voler collaborare con me. Un po' di coerenza, sindaco, un po' di coerenza - dice Meloni rivolta a Lepore - oppure è solo campagna elettorale. Il pericolo fascista, si sa, arriva sempre, scatta e più o meno insieme alla par condicio. Arriva sempre insieme alle elezioni. Fortunatamente dopo decenni i cittadini che non sono stupidi hanno capito questo gioco e non funziona più. E a noi interessa altro e ci interessa il futuro dell'Emilia Romagna, non ci interessa il gioco di chi vorrebbe trascinarci nello scontro ideologico, perché non è il nostro scontro".
Piantedosi
"Sono stupefatto dalle dichiarazioni del sindaco Lepore al quale, come doveroso, il governo ha sempre assicurato ogni forma di convinta e leale collaborazione, da ultimo in occasione della recente alluvione della città e delle connesse polemiche che ne sono conseguite. Viene messa in discussione la correttezza dell’operato della prefettura e delle forze di polizia nella complessa e sempre delicata attività di gestione dell’ordine pubblico", dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
"C’è qualche irresponsabilità nell’accreditare la tesi non veritiera della presunta contrarietà allo svolgimento di una manifestazione facendo riferimento a documenti ufficiali che, al contrario, testimoniano che nessun divieto era stato richiesto, ma era stato solo dato mandato alla questura di negoziare tempi e percorsi della manifestazione, come del resto sempre avviene - aggiunge - Ancor più grave insinuare presunte regie o interventi 'da Roma'". "Confido che il termine della campagna elettorale per le imminenti elezioni regionali riporti alla ragione ed all’impegno istituzionale nell’esclusivo interesse dei cittadini", conclude.
Cosa ha detto Lepore
"I fatti sono andati così. Alla riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza noi ci siamo detti contrari allo svolgimento della manifestazione in quella piazza per rischi per l'incolumità delle persone", del resto a Bologna "le manifestazione dell'ultradestra non si sono mai svolte in centro", dice il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, a Tagadà su la7. "Io in quella sede, ho chiesto di evitare" che la manifestazione si svolgesse in centro "e questo ero condiviso da tutti, ma la gestione è stata diversa. Cosa è successo? Evidentemente è intervenuto qualcosa a livello nazionale, forse dal Viminale. Tutto il governo, Meloni e Salvini in testa, hanno passato le ultime 24 ore a fare ramanzine alla città. Ma qui il tema su come si è gestito l'ordine pubblico".
"Chi ha deciso di fare la manifestazione in centro a Bologna? L'hanno deciso i Patrioti e Casapound. Hanno deciso di venire a Bologna, sono venuti dentro la nostra città, hanno fatto questa manifestazione e se ne sono andati. Credo ci sia qualcosa d'importante su cui riflettere", aggiunge.
Politica
Campania, De Luca vota ‘no’ alla sfiducia e...
Il governatore in aula esibisce il braccio teso tra le risate
Vota contro la mozione di sfiducia a suo carico al Consiglio Regionale, scimmiottando il saluto romano con il braccio teso rivolto ai consiglieri all'opposizione. Così ha espresso la sua posizione il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, nel corso della votazione nominale al Consiglio Regionale, in merito alla sfiducia nei suoi confronti presentata dai consiglieri regionali del centrodestra. De Luca, chiamato a esprimersi, ha detto un secco "No" alla sfiducia, con il braccio teso, provocando una risata in aula. La mozione di sfiducia è stata respinta.
Il voto
Il Consiglio presieduto da Gennaro Oliviero ha respinto con 35 voti contrari (e 15 voti favorevoli) la Mozione. Il consigliere Gennaro Cinque (Moderati e Riformisti), che, inizialmente, aveva firmato la mozione, ha ritirato la propria firma "perché ritengo che, in relazione ai suoi contenuti e ai suoi tempi, è stata sottoposta tardivamente al voto del Consiglio ed intanto è stata politicamente superata dalla approvazione, anche con i voti favorevoli dei consiglieri del Pd, salvo un astenuto, della proposta di legge sul cosiddetto 'terzo mandato' del Presidente della Giunta regionale" ed ha votato contro la Mozione. I consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno votato contro.
"La nostra mozione di sfiducia è un atto non formale ma necessario alla luce della questione del terzo mandato al quale il Pd nazionale ha espresso contrarietà mentre quello regionale si è schierato a favore con ciò dimostrando che al Pd il futuro della Campania non interessa e vuole farne solo terreno per una resa dei conti interna", ha detto il capogruppo di FdI Cosimo Amente.
"A prescindere dai numeri è evidentemente una mozione strumentale del centrodestra, che prova a sfruttare per basse finalità politiche anche dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd. La segretaria nazionale Elly Schlein ha più volte ribadito che, qualunque sia la scelta per il futuro, si parte dall'ottimo lavoro che abbiamo fatto insieme in Regione Campania", ha detto il consigliere regionale del Pd, Massimiliano Manfredi.
"Il confronto è il sale della democrazia - ha aggunto - ma il centrodestra dovrebbe trovare ben altri argomenti per articolare la sua proposta politica, invece di piegarsi a basse strumentalizzazioni. E' un modo di agire che non ci appartiene tanto che, anche in questi giorni, rispettiamo il difficile dibattito che c'è nel campo del centrodestra e nel quale non ci permettiamo di entrare".
Politica
Autonomia: domani la battaglia delle regioni a Palazzo...
In campo 20 giuristi, giudice relatore il palermitano Pitruzzella
I giudici della Corte costituzionale affronteranno domani il destino della legge Calderoli sull'Autonomia differenziata. La Corte si riunirà in udienza pubblica per ascoltare i giuristi delle regioni ricorrenti a guida centro-sinistra (Campania, Toscana, Puglia e Sardegna) sulle questioni di costituzionalità riguardanti la legge numero 86 del 2024 (Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione) e decidere domattina, durante un break in Camera di consiglio, sull'ammissibilità degli interventi ad opponendum in alcuni dei giudizi delle regioni a guida centro-destra (Piemonte, Veneto e Lombardia), che saranno presentati in apertura dei lavori alle 9.30.
La 'maratona' sull'Autonomia, giudice relatore il palermitano Giovanni Pitruzzella (nominato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 6 novembre 2023), durerà quindi per l'intera giornata e il deposito della decisione della Corte, secondo quanto si apprende, è atteso intorno a metà dicembre, comunque non oltre il 21 dicembre, giorno di scadenza del mandato del presidente della Corte Augusto Barbera e dei giudici Franco Modugno e Giulio Prosperetti.
Le questioni sottoposte all’esame dei giudici costituzionali dalle 4 regioni sono collegate all’interpretazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione con riguardo all’attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Alcune attengono alla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) sia per quanto riguarda la fonte e il procedimento di determinazione, sia per quanto riguarda l’individuazione delle materie o ambiti di materie per i quali tale determinazione sia necessaria, o meno, per il trasferimento delle funzioni. Altre questioni riguardano, principalmente sotto il profilo del principio della leale collaborazione, il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e regione per l’attribuzione delle materie e delle relative funzioni. Altre ancora coinvolgono le modalità di finanziamento delle funzioni trasferite.
A Palazzo della Consulta sarà presente un folto stuolo di venti giuristi: Per la Puglia, Rossana Lanza e Massimo Luciani; per la regione Toscana, Andrea Pertici; per la regione autonoma Sardegna, Mattia Pani, Giovanni Parisi, Omar Chessa, Andrea Deffenu, Antonio Saitta; per la Campania Francesco Marone e Alverina Bove; Per il Veneto Giacomo Quarneti, Andrea Giovanardi e Mario Bertolissi; per la Lombardia, Leonardo Salvemini; e per il Piemonte Giulietta Magliona, Maria Laura Piovano e Marcello Cecchetti. Interverranno per il presidente del Consiglio gli avvocati di Stato Gianna Galluzzo, Sergio Fiorentino, Giancarlo Caselli. I primi atti di promovimento ad essere discussi dalle parti saranno della Puglia. Seguiranno poi in ordine gli atti di Toscana, Sardegna e Campania. (di Roberta Lanzara)